Specchio ontologico

Pagina dello Specchio.

Riflessi riflessioni flessioni, fisiche mentali spirituali.

La Luce illumina ma crea ampie zone d’ombra, per ripararsi riparare ritrovare ritrovarsi.

Annegare dentro lo specchio, avviluppati dalla pianta del Narciso, attenzione massima al pitagorico specchio: brucia, come le fiamme di un qualche inferno, privato.

Specchio ontologico, immagini ombre echi del presente immanente, appena dietro di noi; ci segue ovunque, incollato alle nostre calcagna, molto più della nostra ombra; rivela smaschera denuncia tutto e solo le verità, anche le più riposte obnubilate imbarazzanti poco edificanti, per niente al mondo edibili, di noi. Eppure, siamo noi.

Oltre le sbarre, frammenti identitari; oltre l’immagine confusa, un altro me, non altro da me; la condanna, la benedizione, il destino dello stesso sangue. Carne e sangue, dentro. Ossa calcinate, sbriciolate dal Sole.

Il Pianeta ex azzurro – al bando ideologie politiche, bandi di concorso solo per veri Pangeanauti, adoratori puri di Pachamama – è ancora bello nonostante sia avariato; chissà cosa ci attende con le avarianti.

Cara estinta Ellade, ‘Pallida Atena’, siete sicure che le vostre cosmologie e filosofie, feconde di sapienza insuperata, ma basate sul contrasto tra logos e Natura siano ancora valide? Il buon saggio Philippe sostiene, non senza nuove illuminanti ragioni, che per fondare una catartica sana società globale, dovremmo partire da un assioma universale: animali di ogni genere e specie, minerali, acque, piante, fenomeni atmosferici costituiscono un meraviglioso collettivo, la band del Creato, nella quale tutti sono importanti, tutti detengono pari dignità e inalienabili diritti.

Se i sociologi hanno urgente necessità impellenza imperativo categorico di andare a lezione da Darwin, prìncipi feudatari borgomastri alchimisti e sacerdoti di rito wannesco – nel senso della Marchi, Wanna – da chi dovrebbero essere costretti a studiare per una vita sabbatica, considerando che da 14 mesi ci tengono prigionieri, in ostaggio i nostri cuori polmoni anime?

Quartiere di periferia, molti anni fa oggi; uno di quelli scomparsi alla vista ai radar alle app dei politicanti, pseudo scienziati, sedicenti dottoroni: invisibile il quartiere, invisibili le persone residenti; l’essenziale è sempre invisibile agli occhi dell’uomo mediocre.

I bambini di quei giorni non sono mai andati via, li troverai ancora e sempre per sempre, in giardino a scuola in parrocchia:

selvaggi e liberi, fedeli alla stessa parte del cuore.

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