Quella sottile differenza, quella sottile linea di confine – mentale, quella impercettibile accezione, sfumatura lessicale, significato.
Approvare, come da etimologia latina: ammettere per buono, abile, riconoscere idoneo a; difficile ipotizzare equivoci.
Autorizzare, come sopra, nel senso della ricerca pervicace dell’origine etimologica: dal francese autoriser, a sua volta giunto dal vituperato medioevo – gallico – auctorizare, concedere facoltà di fare qualcosa, giustificare a compiere una certa azione.
Eppure, oceani lagune d’incomunicabilità, spazi incolmabili di egotismo e faziosità ideologica ci impediscono – in perfetto connubio con preoccupanti ondate sempre più vigorose di analfabestismo funzionale e di ritorno e di riporto – di dialogare e soprattutto comprendere, non solo la complessa realtà del Mondo, la Natura, ma dei dialoghi, delle parole tra di noi, sedicenti umani; non citiamo poi il linguaggio scritto.
Una persona a me ignota, virtualmente mi ha caldamente consigliato con tono sprezzante di consultare il vocabolario più spesso; accolgo volentieri questa sferzata, anche se la stessa persona non sa che non trascorre giorno senza che io chieda il prezioso ausilio del volumone vero cartaceo con all’interno i significati di tutte le parole o quasi; anche se, proprio questo mio salace saladino salatino, cioè – pardon – salace critico, non percepisce la chiara enorme differenza di significato tra approvato e autorizzato.
Non sembrerebbe impresa ardua la comprensione, eppure. Forse i participi passati possono risultare spiazzanti nel Mondo Dopo, basato su frullati di eterno un po’ ripetitivo stucchevole presente; mentre almeno in questo campo, mi vanto di essere competente e assai efferato: quello dei passati, nel senso di antichi, datati, arcaici.
Ché la vexata quaestio riguarda ormai il mono argomento, non avrai in questi anni altro pensiero al di fuori di esso: il virus pandemico; non credo ai bugiardini scritti dagli stessi fabbricanti del siero magico perché, è cosa nota e giusta, come da loro nome tecnico, i bugiardini mentono per definizione (anche nell’unico caso in cui affermano il vero); mentono quando ammettono pubblicamente che il miracoloso risultato dei loro sforzi compressi in pochi mesi, è stato bollato dalle autorità competenti – auspicabilmente dovrebbero esserlo e magari essere indipendenti dai giudicati – come autorizzato con procedura d’urgenza (carico da 11!) e non approvato; non approvato.
Ammissione a denti stretti, lontana da quella rubrica dell’Enigmistica – la Settimana – intitolata risate a denti stretti, perché in questo caso specifico, in questo ambito che coinvolge la salute di tutti i Popoli del Pianeta, da quasi 2 anni, mi sembra ci sia poco da ridere.
Per tacere dei mutamenti climatici che stanno accelerando la crisi ambientale: catastrofi sempre più frequenti – alluvioni e tempeste fiammeggianti, almeno alle immagini della tv crederete – carestie, al punto che dopo mezzo secolo di sonnolenza, perfino dentro il palazzo di cristallo dell’onu, qualcuno si è ridestato dalla lunghissima pennichella, per lanciare un monito, prevedibile e tardivo: l’Umanità rischia l’estinzione. Nel frattempo, per par condicio, bruciano all’unisono il Canada e la Siberia, verso la quale nessun dipendente potrà più essere destinato per punizione dal titolare dell’azienda, a smerciare ghiaccioli.
Non finirà il Mondo, meglio essere di una chiarezza spietata o crudele onestà: il Mondo semplicemente troverà nuovi equilibri, nuovi cicli armonici, una volta eliminato in modo definitivo il parassita chiamato Uomo.
Quasi rimpiango il tempo dolce delle televendite del duo Wanna Marchi/Mago Do Nascimiento: una coppia di imbonitori, di imbroglioni, però onestamente veracemente palesemente riconoscibili; se poi qualche furbacchione ha voluto farsi truffare, volpino lui.
Dovremmo ispirarci all’omelia di don Massimo, relativa al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per sfamare una folla inaspettata di affamati, di Parole e companatico; il vero miracolo non è stato solo la moltiplicazione, ma la cura e la raccolta dei frammenti di cibo caduti nell’erba, da conservare per nutrire gli affamati il giorno dopo, la preoccupazione e il riguardo per gli avanzi e per gli ultimi degli ultimi; come farebbero Gioacchino e Anna perché in ogni nonno arde una scintilla divina, perché il vero amore è prima di tutto rispetto, respectus, dal verbo latino – aridanghete! – respicere, guardare indietro, curarsi di quelli che arrancano annaspano non tengono il passo.
Oggi viviamo immersi nel flusso costante e inarrestabile delle menzogne e delle insidie; come non fidarsi dei grandi professionisti dell’informazione che accusano quella sporca dozzina di professoroni o ricercatori – certo già radiati da ogni albo, come ha scritto un sedicente scrittore prezzemolone – rei di fabbricare i due terzi delle mozzarelle di bufale sui sieri magici, con lo scopo di lucro/profitto, mentre siamo consapevoli che le multinazionali sono associazioni di dame damigelle damine, di carità?
Come non fidarsi, altro esempio frequente ma casuale, di quel generalone che con tono affettuoso e paterno rassicura tutti noi?
– Viviamo in un paese libero, ma a settembre pretenderò sulla mia scrivania l’elenco completo di quanti non sono d’accordo (cit.).
Senza discutere.