‘Brokken’ Wings, eppure volare

Incontri, immagini, momenti fatali, quelli che causano un tuffo al cuore e fanno sgorgare il desiderio – non rudi voglie preistoriche – di tuffarsi nel cuore degli eventi, nelle anime, nelle vite della Storia.

Caldeggiare una mozione, caldeggiare le caldarroste, al solito angolo tra piazza San Lorenzo in Lucina e via del Corso, caldeggiare l’Evoluzione, auspicando non resti nell’aere il solito sentore di aria fritta.

Temo che la volontà o la scelta autonoma di diventare viaggiatori – prima di puntare alla Patagonia – passi per un apprendistato da bibliofili, o, in alternativa, da aspiranti raccontatori, narratori di biografie di uomini straordinari. Vite poco incasellabili, uomini e donne molto alternativi.

Volare sulle note di opere e giorni, opere durante i giorni, giorni necessari a comporre un’opera completa; melomani, incalliti, trombe di Eustachio allenate al melò con o senza dramma, sul pentagramma di sicuro: la Cavalleria è rusticana, anche se non siamo Pagliacci? Orsù, la commedia umana è quasi finita, speriamo di averla interpretata spesso con quella rimarchevole fiamma della regina Eloana nel guardo.

La vita ci interroga dalle culle in poi, dopo una vita spesa tra continue interrogazioni – non necessariamente parlamentari – continui esami quotidiani, sarebbe bello, almeno una volta, invertire i ruoli: interrogare la Vita.

Mi piacciono i fusti, certo: soprattutto quelli che contengono con forza sicura e inaudita capienza certe sublimi birre belghe, scovate negli anni, nei decenni, dai miei Amici del King’s: bere una birra ogni tanto è un inebriante piacere, sia dunque birra del Re.

Ritrovarsi – più semplice e naturale, perdersi, tra il Kentucky e la Carnia – in certi fetidi bar, fuori da ogni tempo, con un’atmosfera mefitica, una sapiente miscela di stagnante residuo di secolare nicotina di pessima qualità e disinfettante di equivalente bassa qualità, con tavolini di formica verde, dalle superfici graffiate, ogni graffio una stagione: Anziani seduti lì da un’eternità, disputano saggiamente accalorati tornei di briscola e tresette; anche senza essere un ammazza sette o un rodomonte spacca timpani con le sue fandonie, percepisco la grandezza di quegli Uomini, dalle ali in apparenza spezzate, eppure maestri di volo. Non solo pindarico.

Da un paesino affacciato sul Mar del Giappone – come vi ero arrivato, chissà – udire il fischio lancinante di un mercantile invisibile: inganno della mente, allucinazione uditiva, richiamo, avvertimento? Vorrei chiedere lumi al Maestro Kitaro Nishida, nato nel 1870, un secolo esatto prima di me, molto più avanti di me – almeno un millennio – per sapienza, filosofia, intelligenza: “Il suono del nulla, ragazzo mio; dovrai apprendere le leggi dell’Universo, annullando il falso idolo di identità individuale, imparando a mediare il significato tra vocaboli fonetici e vocaboli visuali; la sintesi nel superamento dell’apparente realtà, ti condurrà all’Uno supremo, al Tutto”.

Caro Hans, non so se lettura e scrittura abbiano il potere di educare, addirittura salvare, redimere, riscattare vite, come accaduto a Wagamese, nativo canadese, cresciuto libero e selvaggio dalle parti del Lago Ontario e diventato scrittore per scelta:

di certo, come in altri lidi e a diverse latitudini, anche l’olandese viaggiante Jan Brokken confermerebbe, possono aiutare a immaginare di ‘librarsi’, oltre i confini, oltre le prigioni, dentro e sopra le Nuvole.

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