Pagina dei lavoretti domestici, do U know bricolage?
Hai voglia Piero, a metterti carponi, o disteso; hai voglia ad avvitare tutte le viti del mondo, se la vite principale è spanata, dipanata, appannata: impanata? Dopo il pasto, digestivo effervescente.
Sbrogliare la matassa del brico o del bruco che evolve in farfalla non è semplice: dipanare la matassa, il broglio anche e soprattutto elettorale – ci facciamo buggerare da una vita e anche più – il brogliaccio: la commedia agra della razza umana in fondo resta la stessa, perché ci siamo incaponiti – incagliati? – a seguire, inseguire sempre il canovaccio unico (canovacci e strofinacci, molto utili in ambiente domestico), il mono canovaccio: non possiamo dunque pretendere grandi sorprese, grandi novità, sensazionali risvolti ai pantaloni, ai volumi cartacei, alla trama della commedia dell’arte del caro vecchio liso Mondo.
Indolenza, pigrizia: pigro, magari come Ivan Graziani nel 1978, carezzare Monnalisa, trafugarla – donna (tra)fugata, sempre baciata – nasconderla in una lignea cassetta per le patate, trasportarla in un vecchio solaio o un antico fienile e ammirarla senza posa, per giorni, per mesi, per rivelare, carpire, metabolizzare il segreto di quelle pennellate, di quel sorriso; anche un po’ beffardo, tipico della donna superiore che ha capito tutto e conosce le tue vergogne, i tuoi difetti: i più intimi, i più scandalosi.
Cielo (D’Alcamo)! Mio marito! Nasconditi nel covone, presto:
«Tu me no lasci vivere né sera né maitino.
Donna mi so’ di pèrperi, d’auro massamotino.
Se tanto aver donàssemi quanto ha lo Saladino,
e per ajunta quant’ha lo soldano,
toc[c]are me non pòteri a la mano».
Lena, perché sei Tu (Madda)Lena, prostituta honesta che facevi impazzire gli uomini con la tua avvenenza senza pari, senza mai incrociare autentiche rivali: anche Merisi da Caravaggio perse il lume, della ragione, ma non dell’Arte – e creò la camera oscura – e Ti innalzò a modella eterna della eterna celestiale vergine; uno scambio di divini doni, il vostro.
Cercare paradisi terrestri – non solo fiscali – negli atolli, mai satolli, tropicali, scoprire svegliati di soprassalto o da un assalto di sopra, la natura profonda e vulcanica di quelle isole: lava, cenere, lapilli, tsunami e il cha cha dell’Apocalisse è servito, magari insieme ad un raffinato cabaret di frutta, anch’essa tropicale, e fantasiosi cocktail al rhum, rigorosamente al rhum. Anni ruggenti, dei Tropici.
Fare i fessi – la giara fessa, di Mastro Luigi, Pirandello – farsi credere fessi, per meglio rendere fessi gli altri: un altro trucchetto antico come la professione più antica, la prostituzione – quella intellettuale, a partire da certi graffiti sulle pareti delle caverne – che però, inspiegabilmente, funziona sempre e miete ad ogni stagione migliaia di tontoloni.
Riparare con mastice portentoso la giara, raccogliere i sassolini lavici neri che come aliena neve scendono dal cielo, scrigni naturali dei codici segreti, esistenziali, del nostro Universo;
i meno sciocchi, o solo i più cari agli dei, lo capiranno, li accoglieranno nel loro palmo disteso, li conserveranno in quelle antiche anfore:
per (ri)generare il Mondo Nuovo, da quello Prima.