Voyager (Aldebaran)

Pagina dei Venti, non del Venti – Paolo Rossi, ragazzo immortale – la Rosa dei.

Il vento scompiglia, agita, favorisce o inibisce i voli, pindarici pitagorici, dei prototipi o proto tipi. Senza offesa, senza discriminazioni: astenersi piloti automatici, attenersi alle istruzioni, umane.

Il vento dispone di ali e moto, propri, ma può spezzare quelli altrui, spezzare e anche spazzare, via, definitivamente.

Nel fatidico anno – a proposito, esistono anni incolori, senza accadimenti? – 1989 (Mondo Prima, MD) una sonda terrestre di esplorazione cosmica, denominata Voyager, appurò misurò comunicò alla base posta su Gea Madre che i venti di Nettuno raggiungevano i 2100 km orari; roba da far impallidire di scorno la più potente bora triestina o il più selvatico tornado americano. Improbabili, su Nettuno, anche perché le guglie del suo tridente regale sono acuminate, assai, gli aperitivi gli apericena gli afterhours all’aperto.

Nel 1989, cadde uno – uno solo dei troppi – muro della vergogna e dell’idiozia umane: forse, con tutte le molle le pinze sterilizzate le precauzioni del caso (mai per caso), qualche refolo nettuniano giunto fino a noi senza menzogne, senza infingimenti, aiutò quelle mani assetate di libertà e di vita, coadiuvò l’opera demolitrice e per una volta meritoria, di quei picconi della rivolta, amata rivolta; avremmo dovuto imparare la lezione: non voltare mai più le spalle alle iniquità.

Siamo renitenti, eterni ripetenti, alla leva calcistica della classe 1970 e soprattutto alle lezioni di Maestra Storia.

Sarà capitato anche a voi di avere un rumorino nella testa, per poi all’improvviso accorgervi che si tratta del meraviglioso frastuono che produce il Valhalla, non solo quando cadono certi sedicenti dei – poverini – ma quando crollano miseramente i tetri castelli, i miserrimi teatrini di inveterate menzogne: anche i miracoli e le magie sono tollerabili semel in anno, come la follia, come l’inverarsi dei sogni, l’eccesso non crea dipendenza, solo letalità.

Nelle migliori taverne dell’Universo, degli universi unicorni alternativi, esplorando senza tregua senza conflitti ogni multiverso, anche quelli senza pluri identità, sarà lecito, auspicabile indossare tutte le maschere, le proprie, quelle altrui, per capire come ci si sente: pesanti e soffocati di sicuro, ma, optando, tutto l’anno sarà Carnevale.

Caro Nettuno, gigante cosmico, algido pianeta blu, chissà quali sono le tue impressioni – anche fotografiche, letterarie – quando le Pleiadi incontrano Selene (e viceversa); altro che Singapore (con tutto l’onorevole, oneroso rispetto), vorrei un destino da apolide consapevole su Aldebaran e dintorni;

in fondo, partendo dalla Luna, dovrei percorrere appena 440 anni luce:

sono un discreto camminatore, nello zaino inserirò il manuale per marciatori astrali.

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