Grafite grafomani grafologi di Pace

Pagina Bianca, ancora: per accogliere segni disegni graffi.

Di matite, penne d’oca – anche pelle epidermide umana, quando le emozioni volano – intinte negli antichi calamai calami solai talami ipotalami, penne bic senza poesia, tasti meccanici dal rumoroso, vigoroso, ipnotico ticchettio.

Immaginate una classe delle Elementari, in presenza – che rivoluzione, che azzardo, imprese impavide – che annoveri tra gli scolari Sergio Leone e Ennio Morricone; è già accaduto, nel Mondo Prima, oggi farebbero fatica a incontrarsi, con gli svincolanti sfuggenti banchi a rotelle; magari potrebbero scontrarsi a un incrocio o ad una rotonda, non so se sul mare; sarebbe il ‘casus poieseos’ che originerebbe nuovi capolavori: Duello all’ombra del semaforo, Per qualche chilometro in più, Il bello il brutto il cattivo… autogrill.

Colonna sonora con ouverture di suoni raccolti sulle strade, stridor di freni – emotivi, mentali, persino etici – carburatori stonati, ronzii impercettibili di veicoli futuristici e api, a rischio estinzione.

A proposito, memorie dal grande Popolo dei Lakota: quando anche l’ultima ape sarà scomparsa sulla Terra, gli umanoidi non assisteranno allo scempio, cancellati dalla Natura per avviare la palingenesi il palinsesto, per rimettere ad arco acuto, opportunamente in sesto, le meccaniche celesti universali.

I Pellerossa e i Carioca che liberarono l’Italia: perché non rammentarli? Furono a migliaia, uomini e anche qualche donna: coraggiosi, guerrieri per la Libertà, propria e delle genti oppresse, pronti a immolarsi per la causa; forse perché avevano amaramente e dolorosamente imparato a proprie spese cosa significassero persecuzione, segregazione, sfruttamento; consapevoli, nonostante pompose cerimonie celebrative, che sarebbero presto tornati cittadini di seconda classe, sub umani, paria della Storia.

Si distinsero non per folklore, ma per umanità e generosità: nonostante fosse proibito da rigidi, inumani codici bellici belluini, condivisero il loro cibo, i loro pensieri, la loro cultura, attraverso canti e balli, in tempo di guerra.

L’homo è davvero humanus, sul serio annovera tra le proprie peculiarità genetiche l’humanitas?

Tra una ronfatina – sonatina?- e l’altra, sui banchi di scuola in navigazione o nelle salette della moviola per riavvolgere antichi nastri narrativi, ci fu chi compose capolavori dentro la propria camera oscura mentale e chi sempliceMente russò, senza sogni.

Che peccato.

Barattoli vuoti sospinti dal vento, carillon giù di corda, presse meccaniche, fruscio di banconote (note da banco o cattedra) – ma non avevamo eliminato il contante? il cantante o il pianista, no: galateo dei saloon – chi ha rivoluzionato gli spartiti, in prima battuta, primogenitura?

Morricone o i Pink Floyd? La risposta è sepolta, insieme ad arcaici vascelli cosmici, sul lato oscuro di Selene.

Vorrei anch’io poter cantare e danzare dentro il Cerchio delle Sette Virtù Lakota: preghiera, rispetto, compassione, onestà, generosità, umiltà, saggezza.

Magari insieme a tutti i Popoli di Buona Volontà del Mondo, insieme al grande artista Lakota: Tawoihamble Kpago, Colui che traccia i suoi sogni.

Anche Lui è un guerriero, un pittore guerriero che racconta attraverso immagini il passato, il presente, il potenziale futuro della Sua Gens, perché nessuno perda l’orientamento nelle sconfinate praterie della Terra:

le Sue uniche armi sono Matite colorate.

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