Pagina delle palme, palme delle mani e della flora
Al palmare degli pseudo potenti, preferirei i palmares, quelli completi con tutte le sconfitte, che a vincere, almeno una volta, almeno grazie allo stregone – o era lo stellone, strillone? – sono bravi molti, se non tutti.
Palma o palmo della mano? Chi sono io per dirimere un’ambiguità storica che ci trasciniamo dal tempo degli antichi Romani? Meno male che la Storia l’abbiamo già cancellata.
Fenomenologia dei fenomeni, astrali, certo, i migliori – ma fenomeno e migliore possono essere considerati equipollenti? – vorrei che il Professor Eco, anche dalla sua dimora empirea attuale, ci facesse dono di tante (Dante) bustine, quelle di Minerva capitolina, per interpretare, fino a dove si può con il raziocinio oltre con l’immaginazione, tutti questi fenomeni narcisi: un po’ troppi, un po’ debordanti rispetto ai risultati concreti, rispetto alla prova del 9 della realtà.
Camminando palmo a palmo nel tuo territorio, finirai prima o poi nell’imbatterti in piste meno battute, meno frequentate; troverai un ferreo cancello completamente cannibalizzato dalla ruggine e sorgerà spontaneo il desiderio di oltrepassarlo, nulla attrae più degli enigmi, soprattutto quando i muretti di antiche case diroccate, sono già crollati, picconati senza pietà dall’incuria umana e dal potentissimo manto di Kronos.
All’improvviso, scorgo dentro un meriggio surreale, Battiato che proprio durante la materna controra sicula, deambula alla ricerca dell’ombra della luce, stagliandosi tra due palme nel suo giardino della pre esistenza, o forse nella dimora onirica di Milo etnea. Con un solo balzo in diagonale, ha raggiunto l’Uno al di sopra del bene e del male, mentre io avvinghiato al pavimento, brancolo a fatica, a fatica tento un’insana, fallace individuazione delle ombre che mi circondano.
Servirebbe come pane e datteri tra le palme, un esegeta professionale, capace di spiegare le barzellette raccontate da Ciccio l’Etneo, soprattutto quella del cammello che entra in un bar, si mette di profilo e cade; ma solo il pensiero di quel mistico siculo buontempone e barzellettiere scatena la risata sana e gustosa. I grandi, quelli veri, coniugano profondità leggerezza ironia semplicità: la semplicità è vicina al divino, rammentava il filosofo Manlio Sgalambro.
Con palme speranzose, corriamo a brevettare le invenzioni, le più belle, le più sorprendenti: la fila per accedere alla sospirata carta burocratica è quasi infinita, perché le invenzioni vere – si sa – hanno mille padri (e le madri?), in compenso disastri e nefandezze ,meschini, restano abbandonati davanti agli orfanotrofi e ai conventi.
La fotografia aiuterebbe come prova testimoniale?
Lo sai che lei è proprio un dagherrotipo? Piano con le parole, dagherrotipo ci sarà lei e tutta la sua stirpe.
Osservate con attenzione i panorami, durante le albe di gennaio: le montagne azzurre color di lontananza appaiono così vicine che si ha l’illusione di poterle carezzare con i palmi; a mezzogiorno, nonne a spasso con nipoti sui tricicli, regalano sprazzi, pennellate residuali di umanità.
Se qualcuno resterà, tra eterno ritorno dell’atomo e avanzate di novelle armate virali, inginocchiato o meno, con palme impolverate o verniciate di bianco – polvere terrestre – rivolgerà un doveroso, categorico ringraziamento, al Cielo:
più su, oltre, forse non si potrà.