100 giorni

Pagina della grande sete.

Di verità, giustizia, equanimità, magari – se ne avanza – pace.

La grande sete del Mondo, anche di pioggia, perché senza una terra sana, irrorata da sana acqua piovana, la vita rischia di trasformarsi nel suo contrario; peggio, nella negazione – non annegamento, o forse sì – nell’inesistenza della vita, in ogni sua forma articolazione variante.

Cara Ursula, se più di 100 giorni senza gocce di pioggia su di te, ti sembrano pochi: tre mesi e oltre di siccità, aridità ambientale agricola, aridità spirituale umana intellettuale.

Cento giorni di te e di me, 100 giorni d’esilio all’Elba o altra isola a tua scelta – opta, magari fallisci, ma opta! – 100 giorni di bellissime sconfitte, meglio di un’unica grande vittoria crudele, senza arte senza parte senza poesia.

Cento giorni a scavare gallerie, vie di fuga, insieme a Faria, l’abate o insieme ad un sakem (Tatanka Yotanka) per scrutare gli orizzonti e i cieli, per intonare a Manitù inni votivi e propiziare la precipitazione, quella più urgente. Cento giorni d’assenza e poi? Bocciatura secca – secca, per forza di cose – o ennesimo inutile sfarzoso congresso a Vienna, per decretare secretare con Pulcinella l’impotenza, l’ignavia, la sciocchezza generale?

Può morire un fiume, si chiedeva Augusto Daolio in tempi già sospetti? Mentre apriamo il dibattito e giriamo la prima instant fiction fluviale, il grande padre Po ci saluta: mesta uscita di scena, senza passerella finale, senza concedere acclamati bis, purtroppo.

Sono più lunghi e duri da sopportare 100 anni di solitudine, oppure 100 giorni nella pazza massa, in questo delirante Mondo Dopo? Sotto i cipressi confortati dal pianto finale dei nembi, forse si respira aria nuova e fresca.

La sfida dei Cento nomi, o meglio dei 100 sinonimi perché – meno è meglio, scalpellare via il superfluo è diventata necessità vitale – ma se lo sai dire in modo ogni volta diverso armonioso financo bello, invii lampi d’intelligenza al Creato; 100 canti, 100 opere d’arte, 100 libri o almeno uno, una copertina l’avrai vista nella vita, un particolare un dettaglio una parola avrà scosso se non la tua coscienza, l’immaginazione, l’immaginario, l’istinto.

Com’era semplice la quotidianità con due sole, semplici verità, quelle di Agatha Christie, mentre oggi annaspiamo tra 100 verità, al minuto secondo e non sappiamo distinguere loglio da agosto.

Oggi i Rokes intonerebbero uno dei loro storici inni però all’opposto: è la siccità che se ne va e ritorna la pioggia; ma che colpa abbiamo noi, non sarà più cantabile per generazioni, ché di colpe e vergogne ne abbiamo cumulate troppe, non basteranno i 100 giorni di Caterina senza più casco d’oro a dissipare responsabilità ed effetti perniciosi.

Povere pernici, del deserto: anch’esse, nel loro micro universo, piangono lacrime di rabbia.

Trips&Tricks (occhio a Kundalini)

Pagina del Viaggio Immaginario, Pagina dell’evasione, Pagina delle Esplorazioni interiori (o nelle interiora, aruspice e cerusico di Te stesso?).

Viaggi nell’inconscio inconsapevoli di attraversare mondi spesso più insidiosi e brutali di quello esterno. La reclusione è chic, se puoi permetterti lussi e privilegi divagatori. Divagazioni sul tema, dal tema, nel teorema. Evasioni innocenti, non troppo, un po’ filibustiere, Fratelli della Costa e della Corsa.

Divagare, vagare, negare e annegare contro e dentro ogni bisbetica, banale evidenza. Brancolare tra bracieri spenti, spigoli improvvisi in agguato nelle tenebre. La ragione assopita genera mostri o i veri adorabili mostri della Laguna Nera si sono dati alla macchia per evitare di condividere con noi un finale inglorioso e indecoroso?

L’orologio della piazza ha battuto la sua ora (in assenza di campane e sacrestano, ci accontentiamo), un orologio fermo da un’eternità, ma, fortuna sua, nostra ennesima somma vergogna, due volte al giorno indovina quella giusta. Indovini da baraccone Barnum? Magari. Indovini indottrinati indottrinano masse ignare per conto dei Neo Leviatani e non si tratta di un gruppo rock post moderno.

Due volte al giorno non puoi bagnarti nello stesso fiume, ma sprecare il doppio dell’acqua in docce inadatte a mondare anime lorde, al netto dell’assenza di cervelletti verdi fritti alla fermata del treno; ma se il fiume non scorre più, arido come la nostra giustizia, arido più della nostra petrosa solidarietà (se sei povero e/o ultimo, ti tirano le pietre, aguzze) posso almeno deambulare nel suo stesso letto?

Balie per i Popoli, balie per le menti, balie e balle asciutte, per Tutti! Latte artificiale artificioso per noi eterni poppanti di Verità Equità Realtà. Confusi e infelici nei nostri girelli con cupola in plexiglass, connessi h24 a catene virtuali, più pesanti degli antichi piombi della Serenissima.

Oh, come vorrei evadere, da Sant’Elena, da Spielberg, dal Castello d’If (per correre a perdifiato e perdigiorno e perdisogni in If di Kipling), evadere da me stesso, liberando anche l’abate Faria(s).

Ancora oggi mi chiedo se fosse un mozzo poliglotta giunto dal Sud America, spacciatosi per immarcabile centravanti, o un astuto porporato capace di insinuarsi alla corte degli imperatori, con occultato nel breviario il suo losco catalogo, per Madamine annoiate e agiati Madamini.

Il Razzo di Melies per raggiungere e accecare la Luna, renderla un Polifemo satellitare, nell’occhio del Ciclope e per correttezza istituzionale anche in quello del Ciclone (grossa bicicletta mono ruota?); pareti del cervello con troppe finestre ormai murate, calce viva per le anime morte; libiamo, in alto i calici, brindiamo, spumeggianti più che mai, perché non siamo mai stati meglio di così, anche se dopo, andrà comunque tutto bene. Garantito al limone!

L’ultimo imperatore – del mattone e della monnezza – si è trasferito, satollo di karma placcati oro e zen di platinorum, sul suo satellite artificiale, a bordo del suo shuttle privato; progettato in esclusiva per lui e per la sua corte dei miracoli dai suoi scienziati personali, nei suoi laboratori, personali anche quelli (come cantava il Molleggiato: possiedi… personalità!). Satellite artificiale, vero paradiso fiscale.

Pagina del Buon Viaggio immaginario a quei pochi miliardi (non miliardari) di proletari rimasti, con o senza prole.

Un’oncia di peyote non si rifiuta a nessuno: Buon volo Pindarico senza rete, non svegliate Kundalini che poi s’incazza!

Attenti al ritorno, è sempre quello il momento più insidioso!

A meno che la vostra traiettoria di ammaraggio non sia stata precedentemente calcolata da Katherine Johnson o non vi abbia fornito uno strappo cosmico Valentina Tereskova.