dal libro di Bila Copellini

Anime nomadi

Pagina dell’Altrove, pagina della Primavera che intanto tarda ad arrivare.

Ci si dibatte sempre, ci si agita, si anela continuamente un altrove, perché la situazione presente scontenta, lo status quo è la stasi (rammenta qualcosa anche a voi?), l’immobilità, la morte civile e anche laica. Per chi crede, a tutti e a tutto.

Pagina di coloro che sono sempre in cammino, di quelli che, magari, sbagliano le mete – momentanee – ma non falliscono mai la direzione.

Venti, Rosa dei Venti: hanno bisogno di una direzione chiara – le correnti d’aria e gli umani – incontrovertibile; un luogo forse minuscolo o un incontro, meglio con persone ‘piccole’, umili, semplici. In America Latina, in Asia o comunque al Sud. Sempre al Sud.

Sì, viaggiare; perché la vita è un viaggio interminabile, anche rimanendo nella stessa stanza, anche volando, solo con la fantasia, perché gli occhi possano abbracciare tutto il Mondo. C’è chi naviga in lungo e in largo per i 7 mari, senza muoversi mai dallo stesso porto, eppure quell’approdo, insignificante, possiede tutte le caratteristiche più belle dei più nodali scali del Pianeta.

Dio è morto, anche noi non ci sentiamo troppo bene, l’importante è che chi di dovere, sappia comprendere e non censuri; Radio Vaticana a volte vede oltre, quello che i benpensanti non vedono, non vogliono vedere, non ammettono, nemmeno e soprattutto se si tratta di evidenze: universali.

Dio non esiste e provate a trovare voi un idraulico disponibile durante la fine della settimana: solo una delle situazioni è vera al 100%, scegliete voi quella giusta, poi, eventualmente, discutetene con il vicino, quello identico a Woody Allen.

Viaggiare d’estate in costiera romagnola e credere di essere in California (esiste differenza?), incontrare molte persone, le più varie, rimanere colpiti e fermarsi a parlare con un giovane e barbuto nomade di Novellara, terra di contadini, poeti, artisti. Scoprire piano piano, parola dopo parola, passo di seguito al passo, le comuni passioni per il disegno e per gli alberi, possenti e protettivi. Intuire dopo ogni movenza, accurata e sicura, un’estensione vocale particolare e prodigiosa, da autentico mattatore delle scene e dei palchi; padrone dei palchi, senza mai essere padrone delle vite altrui: una benedizione del Cielo.

Quel 13 giugno 1963, Riccione assomigliava davvero tanto a Las Vegas – senza essere California! – i giovani inseguivano, come fanno i ragazzi di tutto il globo, l’ennesimo altrove (che mai deve essere raggiunto, altrimenti è un imbroglio) e nella balera sulla spiaggia nasceva inconsapevolmente una leggenda: del resto, tra la Via Emilia e il West, queste cose sono rare, non certo impossibili. La sottile differenza tra Emilia e Romagna stabilitela voi, se ne siete capaci e non temete confronti.

Le risposte, le soluzioni possono essere semplici, mai facili; rispecchiano la realtà: insieme infinito di complessità. In fondo, è quello che inseguiamo sempre: infinite possibilità per riuscire a essere persone finite, anzi, risolte; ma con la data di scadenza.

Anime nomadi sempre, anime vagabonde mai: non saprebbero dove andare. Un nomade erra, per definizione: non pretende dimora stabile, sbaglia spesso, indovina – sempre – la direzione.

Come Augusto, Beppe, Bila, Dante, Danilo e i circa 30 nomadi musicisti.

Importante, fondamentale: percorrere continuamente sentieri e strade, stringere nuove mani, restare con curiosità in cammino; anche senza palco, anche senza porto:

anche da fermo, per sfiorare qualcosa che c’è, senza raggiungerla mai.

100 giorni

Pagina della grande sete.

Di verità, giustizia, equanimità, magari – se ne avanza – pace.

La grande sete del Mondo, anche di pioggia, perché senza una terra sana, irrorata da sana acqua piovana, la vita rischia di trasformarsi nel suo contrario; peggio, nella negazione – non annegamento, o forse sì – nell’inesistenza della vita, in ogni sua forma articolazione variante.

Cara Ursula, se più di 100 giorni senza gocce di pioggia su di te, ti sembrano pochi: tre mesi e oltre di siccità, aridità ambientale agricola, aridità spirituale umana intellettuale.

Cento giorni di te e di me, 100 giorni d’esilio all’Elba o altra isola a tua scelta – opta, magari fallisci, ma opta! – 100 giorni di bellissime sconfitte, meglio di un’unica grande vittoria crudele, senza arte senza parte senza poesia.

Cento giorni a scavare gallerie, vie di fuga, insieme a Faria, l’abate o insieme ad un sakem (Tatanka Yotanka) per scrutare gli orizzonti e i cieli, per intonare a Manitù inni votivi e propiziare la precipitazione, quella più urgente. Cento giorni d’assenza e poi? Bocciatura secca – secca, per forza di cose – o ennesimo inutile sfarzoso congresso a Vienna, per decretare secretare con Pulcinella l’impotenza, l’ignavia, la sciocchezza generale?

Può morire un fiume, si chiedeva Augusto Daolio in tempi già sospetti? Mentre apriamo il dibattito e giriamo la prima instant fiction fluviale, il grande padre Po ci saluta: mesta uscita di scena, senza passerella finale, senza concedere acclamati bis, purtroppo.

Sono più lunghi e duri da sopportare 100 anni di solitudine, oppure 100 giorni nella pazza massa, in questo delirante Mondo Dopo? Sotto i cipressi confortati dal pianto finale dei nembi, forse si respira aria nuova e fresca.

La sfida dei Cento nomi, o meglio dei 100 sinonimi perché – meno è meglio, scalpellare via il superfluo è diventata necessità vitale – ma se lo sai dire in modo ogni volta diverso armonioso financo bello, invii lampi d’intelligenza al Creato; 100 canti, 100 opere d’arte, 100 libri o almeno uno, una copertina l’avrai vista nella vita, un particolare un dettaglio una parola avrà scosso se non la tua coscienza, l’immaginazione, l’immaginario, l’istinto.

Com’era semplice la quotidianità con due sole, semplici verità, quelle di Agatha Christie, mentre oggi annaspiamo tra 100 verità, al minuto secondo e non sappiamo distinguere loglio da agosto.

Oggi i Rokes intonerebbero uno dei loro storici inni però all’opposto: è la siccità che se ne va e ritorna la pioggia; ma che colpa abbiamo noi, non sarà più cantabile per generazioni, ché di colpe e vergogne ne abbiamo cumulate troppe, non basteranno i 100 giorni di Caterina senza più casco d’oro a dissipare responsabilità ed effetti perniciosi.

Povere pernici, del deserto: anch’esse, nel loro micro universo, piangono lacrime di rabbia.

Anima Sinfonica

Sognando Fernando, sognando Pessoa.

Se le alte aspettative individuali travalicano la realtà, come Mammuth storici travalicavano i passi alpini, abbandoniamoci al concerto degli strumenti di cuore e anima, anima e core,

Come dicevamo a Roma nell’antichità: all’anima de li mejo animacci tua, senza anima senza cuore, dove andrai?

Un buon cuore potrebbe tornare sempre buono, soprattutto se dimostra nei fatti, con i fatti di essere anche solido e robusto.

Animare la realtà, la vera anima della festa. Il presente rimasto alle spalle in retroguardia non retrograda, per coprirci le spalle e scaldare l’anima quando i tempi, non solo meteo, saranno bui gelidi tempestosi. Come nei giorni opachi di questo mondo attuale.

Guardare dentro l’anima, sperando di non trovare l’abisso che scruta rovista ribalta, dentro di noi.

Caro Lucignolo, talvolta nella vita per restare in piedi non basta essere teste, di legno, è necessario essere sostenuti da un endoscheletro, un’anima, de fero; come certi pugni in guanti di velluto che sarebbe stato opportuno sferrare al momento opportuno, sulle facce di bronzo di certi figuri oggi assisi su poltrone luride.

Nell’Antichità, non sappiamo più nemmeno se la parola in questione in sé – almeno Lei – per sé abbia senso compiuto in formazione o da compiersi sotto forma di profezia, cercavamo le Anime, tentando di sintonizzarle tramite improbabili manopole, tentavamo di visualizzarle su arcaici curvovisori in vetro spesso e solo nei rari momenti di inaudita fortuna, Esse comparivano sempre avvolte in una misteriosa nebbia grigia, tempestata di puntiformi luminescenze.

La maschera è follia, ma se la Follia è un dono degli Dei, possiamo considerarla patologia o dono divino? Sotto la maschera il vuoto, con classe però, sotto la maschera l’anima, sotto la maschera l’inganno manifesto – manifesto dell’inganno per generazioni e popoli colpiti da narcolessia – pseudo paladini della Verità, un po’ dentro un po’ esterni alla rigida cerchia impermeabile del castello dell’imperatore, abiurano per accedere all’insana distribuzione delle briciole spazzate con disprezzo e noncuranza dal desco imbandito, briciole infette.

Se la natura divina di persone e cose rende superiori a ogni realtà terrestre mondana quotidiana – superiore persino alla saggezza umana come spiega la filologa e grecista Professoressa Veronique Boudon Millot – la Follia, di qualunque tipo essa sia (amorosa, poetica, creativa) è oltre l’immaginabile e l’inimmaginabile, in stato grado collocazione celeste rispetto alle questioni del Globo, un universo apparentabile all’Iperuranio delle Idee, quelle vere quelle geniali quelle lucenti e perfette.

Augusto, divino augusto Artista, padre spirituale, davvero nobile di fatto e non di presunto sangue, avremmo dovuto trovarlo progettarlo edificarlo quel riparo per noi, troppo tardi ormai per tutto:

speriamo che almeno le Anime siano riuscite a coalizzarsi, organizzarsi, emigrare.

Forse non sono un palombaro dell’Anima come Fernando, forse non ho ancora individuato gli strumenti musicali – soprattutto scordati e dissonanti – sul fondo, di certo non conosco la mia interiorità e non la riconosco come un melodioso concerto.

Di concerto, per certo, certificato, comincerei a preoccuparmi se votassi per i sedicenti vincenti:

sarebbe il segno inequivocabile che lo scrivente o i candidati o tutti assieme meschinaMente hanno commesso degli errori, pacchiani lapalissiani;

qualora dovessi verificare una lugubre sciagurata sintonia tra le mie opzioni elettorali e i risultati finali, significherebbe solo una avvenuta mutazione transgenica, della mia Anima.

Se fossi il sogno di un sognatore, vorrei essere per lui, un bell’incubo, per rendergli interessante il viaggio onirico, per stimolare in modo adeguato la sua, di anima.

La mia anima reclama, esige quiete: Realtà, se proprio devi, ribussa, domani.