Le storie (dalla notte e le altre)

Pagina delle storie, quelle che sgorgano di notte.

Dentro un antro buio con rudimentali rupestri graffiti, con l’impetuoso affiorare dei flutti di parole di un fiume sentimentale carsico, tra i fumi del tabacco e degli alcolici dentro una stamberga berlinese del primo 900.

Sgorgano irrefrenabili, istintivo primordiale bisogno umano di raccontarsi, di raccontare. Come sostiene Corto Maltese marinaio nonché gentiluomo di fortuna e lungo corso – anche lungo i corsi si narrano amabilmente molte storie – affinché esistano storie non servono personaggi, né trame, davvero necessaria è solo la memoria. Storie senza memoria sono come vasi vuoti – magari preziosi Ming, ma vuoti (horror vacui) – una società senza memoria diventa in fretta una bomba a orologeria, pronta a deflagrare: annientando tutti e tutto, senza remore, senza pietà.

Le storie nascono sulle e dalle gambe degli uomini, prima ancora che nelle teste e nei cuori; nascono con gambe in cammino e occhi bene aperti sui sentieri del Mondo, sulle vite degli altri da noi.

Dalle crepe su muri diroccati spiare senza vergogna la storia, le storie, come si trattasse di uno schermo di qualche antico cinematografo d’essai; di solito i fantasmi sono attori fantastici.

Da una finestra spalancata su un’ottobrata anomala quanto insana, le voci dai cantieri, le voci dalle case, le voci dagli e degli alberi, entità vegetali superiori, coacervo di poteri arcani e meravigliosi. Hai notato anche tu – vero? – che quest’anno l’autunno è torrido come quello degli anni 70, eppure appare e si mostra sottotono?

Quando parti alla scoperta di nuove storie, presto ti accorgi che si amplia la tua personale percezione degli orizzonti che già esistono ma spaventano per l’immane vastità, si illuminano le tue aree di tenebra, si sviluppano le risorse dell’anima e delle mani per fronteggiare gli ostacoli e gli imprevisti, si moltiplicano all’ennesima potenza gli incontri con altri storionauti, pronti a collaborare alla scrittura delle storie, pronti a ampliare la comunità solida e solidale.

Nutrimenti comuni, infiniti punti di vista e anche di svista;

miliardi di storie intramontabili.

Pedalare dentro

Pedalando nella magnificenza dell’Universo

ammantato di brume e silenzio autunnali

solo l’eco lieve delle mie catene, delle mie pedalate

Voltarsi, cercare inseguitori immaginari inesistenti

forse solo l’ombra, il fardello della mia identità

Impossibile staccarla, impossibile andare in fuga.

META(meteo)CRONISMO?

Pagina dell’Impero delle Tenebre, collocato nel mezzo del cammino (camino) del Cielo.

Eppure, puré, la Luce c’è, sempre: magari Nera, ma c’è.

Pagina delle serate domestiche da Incubo, da cancellare, anche no: certo, se apparissero Bem tre dita, Dylan Thomas Dog e Edgar per gli amici Allanpoe, forse gli stessi incubi, cubi di Kubrik con arance meccaniche, risulterebbero più divertenti, interessanti, perfino auspicabili.

Ragazzo, che aspetti? Incominciano ora non i Fumetti in TV ma gli incubi, al tuo stesso desco, disco, ring o per l’Estate – se mai tornerà – disco volante freesbee vespertino, tra folate di fatale Ponentino.

Non lamentarti non fuggire non inseguire, respira a pieni polmoni, metabolizza lezioni nel Peripato incantato (sii gentile con le Peripatetiche) in presenza dal vivo a vivo, una vera delizia una rarità ancestrale un immane privilegio.

Tutto è andato – bene, no? – morire è solo un passaggio roseo… , un esodo Esiodo coatto;

codesto modesto Mondo Dopo, anzi questa Post Umanità, è diventata migliore, si è evoluta su sé stessa, ha imparato (un po’ troppo a memoria), certaMente non sprecherà la nuova fiammante ultima grande Opportunità: infatti difatti anfratti, continua a ignorare la Tragedia ambientale e a seguire ipnotizzata circuita irretita gli ordini le direttive gli spot imposti dai Letali Pifferai del Piffero, anzi del pil.

Come insegna Krishna, se vuoi vivere in serenità, impara a vedere con gli stessi Occhi gioia e dolore, successo e fallimento;

sulle vette tibetane sferzate dal gelo, Anime rarefatte trasmigrano più facilmente.

In fondo, quanto pesa un’Anima, anche in pena, senza peana celebrativo? Mia Signora: 21 grammi al netto, senza più tare. Mio Devoto, l’Essere, quello resta anche senza Kundera un fardello insostenibile.

Sostiene Sylvain che non si profanano i Sogni (e gli Incubi) con le chiacchiere; soprattutto, aggiunge il paria scribacchino olografico, quelle inesistenti ammorbanti asfissianti, via a-social virtuali, mai virtuosi, vetero modernisti.

La Vita e la Natura sono perfette sincroniche senza morali false moraleggianti, esiste e accade tutto ciò che sempliceMente deve.

Stalagmiti di misteri appaiono ogni giorno dal suolo a lastricare di trabocchetti il nostro sentiero, il nostro incerto incespicante imbarazzante incedere.

Quanto è bello l’Autunno rosso porpora, con i falò apotropaici e la sporogenesi di Lune d’argento, quanto è bello chiamare con l’ocarina Il Pirata cosmico, Capitano dell’Arcadia:

la sua Bandiera è ora e sempre il nostro vessillo di Libertà.