Rivelazioni (apocalissi), rilevazioni

Pagina delle menti, allo stato bradipo.

Lasciando, abbandonando una comunità – grande, piccola, media che sia – senza regole, senza limiti, allo stato brado, rischiamo di ottenere effetti perversi, lontani dallo stato brado dei puledri selvaggi, nelle vaste praterie di un qualche pianeta.

Focalizzarsi, chissà poi il perché e financo il per come, su Lepanto, battaglia navale antica di una certa rilevanza storica, e anche di una certa risonanza: misteri della psiche, sempre la stessa dell’incipit.

Mannaggia alla miseria, perdonerete l’impeto e l’assalto; la miseria, come la disdetta, ci vede benissimo, è davvero scientifica, colpisce sempre con estrema precisione i soliti poveracci. Del resto, è anche colpa loro, sono sempre in troppi. Afghanistan, terra petrosa, terra del cuore, martoriata e martire, sii, se mai potrai, santa e salda nella resistenza, ad ogni nuova tragedia.

Il canto libero di Elisa è sempre più verde – Elisa Toffoli – e il suo ritorno musicale al Futuro è un giusto, auspicabile ritorno alla Natura; la Musica può e deve essere sostenibile, nonché veicolo per una vita equa, giusta ed ecologica: l’idea della Cantautrice sembra ancora oggi un’utopia o una provocazione, eppure la follia spesso è solo il sinonimo della visione di realtà alternative, in attesa di realizzazione concreta; biglietto agevolato per concerti con migliaia di spettatori che pedalando, consentono di realizzare spettacoli dal vivo, a impatto ambientale zero. Come direbbero le nostre amate Nonne: gambe in spalla e via andare, anzi, pedalare. Chi comincia?

Le congiunzioni astrali sembrano favorevoli: a breve nella volta cosmica il raro allineamento di 5 pianeti – piano pentaplanetario? – visibili a occhio nudo, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, ma vivo e aperto: avevo frainteso o iper inteso la notizia, scambiando visibili con vivibili; ormai da anni, dentro l’armadio, oltre agli scheletri e ai fantasmi, conservo una valigia pronta, con una sola giacca pesante, anzi pensante, e poche rimembranze, quelle più leggere: pronto a salpare. Purtroppo, anche stavolta si tratta di una fugace – lei sì, fortunata – illusione. Mercurio, però, con l’immeritata fama di egocentrico presenzialista, uscirà finalmente dall’ombra della luce solare e sarà ammirabile in tutto il suo notevole splendore.

Pare che, nonostante tutte le avversità storiche, Mama Africa conservi il primato di continente più fiducioso e ottimista nei confronti del futuro, ma solo per chi riesce – attrezzi e bagagli – a trasferirsi verso altri lidi; non saprei se interpretarlo come segnale positivo; certo, chi è pronto con la sacca da viaggio in mano o sulle spalle si conferma un inguaribile ottimista, o, in alternativa, un coraggioso esploratore dell’universo delle possibilità.

Citando indegnamente, parafrasando un Maestro che non meriterebbe sfregi – Borges – i libri sono estensioni degli uomini sui generis (sui generis le estensioni, non gli uomini, famigerati alieni): non sono strumenti materiali, quali una pala, un coltello o un’arma, ma sono prolungamenti della memoria e dell’immaginazione, sono estensioni delle anime che si materializzano e consentono a chi cede alla loro fascinazione, di librarsi e volare, negli spazi immensi, infiniti.

Il 24 giugno non è il 24 maggio, parrebbe, distratti da afa e zanzare, razionamenti idrici e incipienti crisi alimentari, una data come un’altra, una data anonima: ecco, oggi, ma nel 1910, nacque (fu fondata) l’Anonima lombarda che detta così sembra un’associazione criminale dedita ai sequestri, invece era la fabbrica delle automobili Alfa (nessuna notizia di Omega). In seguito, conquistata nel cuore da Romeo, divenne una vera industria moderna – Alfa Romeo, elementare Watson – capace negli anni di produrre vetture leggendarie, per coloro che amano il genere; anche una carrozzeria ribattezzata disco volante. A proposito, chissà mai chi inventò la fortunata espressione: forse un alcolista anonimo (anche lui), forse uno scrittore fallito, bisognoso di inventarsi un espediente letterario da dime novel per sbarcare il lunario o sbarcare sulla Luna, forse un inguaribile sognatore.

Apocalisse, ormai sappiamo che il tuo nome significa rivelazione e in te possiamo trovare l’accurata descrizione di uno sbarco di Ufo, ma nelle ere pre cristiane: saranno stati anche degli extraterrestri, quei visitatori, ma pare fossero buone forchette, sempre affamati e pronti a rimpinzarsi a quattro palmenti (avevano forse quattro bocche ciascuno?): tanto è vero che nei millenni è rimasta celebre l’espressione magnare a Ufo.

Ingozzarsi come l’anonima – mica poi tanto – sequestri multinazionale o sovranazionale che da decenni ha sequestrato le nostre vite, le vite dei Popoli del Mondo: hanno capito – essi – che organizzandosi su larga scala, controllando risorse energetiche, risorse alimentari, risorse economico finanziarie industriali, risorse medico farmacologiche, avrebbero tenuto in pugno chiunque, molto più e molto meglio di governi autoritari, dittatoriali; senza nemmeno più necessità di rapire qualcuno. Anche perché come si sa, dopo tre giorni, l’ospite diventa troppo simile agli avanzi di un pasto ittico.

Un tempo trapassato, fummo i Criceti sulla Ruota, ma nell’ambito dell’ultima serata sanremese, da vivere in gruppo, divisi in squadre in competizione surreale e ironica per riuscire a indovinare i vincitori della kermesse canora; per evitare però di restare su certe ruote di solito ingranaggi dentro le gabbie della società globale estrattiva che soffoca l’umanità – nell’accezione più articolata e ampia – dovremmo dedicarci quanto prima, prima che anche il troppo tardi sia scaduto, agli Orti:

delle culture, delle colture.

Rivelazioni, rilevazioni, carotaggi malevoli che promettono scenari prossimi venturi da vaso di Pandora, aperto da Cassandra.

Meglio e con una certa sollecitudine, la nuova società degli Orti, prima che qualcuno ci obblighi – e non si tratta di una grottesca esagerazione – a risolvere la questione climatica oscurando “quell’accidente di Sole“.

Di fiamme, semi, decolonizzazione

Datemi un martello, ma senza dirlo a Gandhi.

Cosa ne vorrei fare? Picchiare in testa qualcuno? No, giammai. Nemmeno si trattasse di astuti amministratori delegati di multinazionali fossili, quelli che indossano maschere di cartapesta verniciate – anche male e grossolanamente – di verde; per confonderci, per mimetizzarsi.

Se volessi percuotere con quel martello le pareti metalliche di infrastrutture gas/petrolifere, per risvegliare con quel klangore, non solo i padroni dell’energia, ma anche i popoli occidentali ancora ipnotizzati, di colpo – espressione quanto mai calzante – diventerei un criminale (un terrorista, nella novella vulgata giurisprudenziale); eppure i governi di quasi tutti i paesi del pianeta continuano a concedere permessi – a condizioni sempre più convenienti sul piano economico e sempre meno rigide su quello delle tutele ambientali – alle compagnie targate Big Oil: in questo caso, nessun crimine, solo diritto alla libera intrapresa. Eppure, anche certi economisti premi Nobel, oggi ammettono che il mercato neoliberista globale non è stato solo un fallimento, ma una disgrazia – questa sì epocale – per il Mondo.

La casa comune brucia sempre di più e il grido più forte non solo di dolore, ma di rabbia si alza dall’Africa: ignorare le ragioni del continente madre, il più grande, non sarebbe solo grottesco, ma stupido. All’ennesima potenza e non potremmo certo chiedere ausilio al draghetto Grisù, pompiere provetto.

Andreas Malm attivista ambientale svedese e docente universitario di ecologia umana, nel suo provocatorio saggio Come far saltare un oleodotto (pubblicato in Italia dai tipi di Ponte alle Grazie) sostiene che le azioni di protesta non violente ormai non servono più nemmeno alla visibilità della causa ambientalista, anzi, superare i limiti di quella strategia è diventato non solo inevitabile, ma auspicabile. I cambiamenti climatici causati dall’inquinamento di origine antropica sono sempre più accelerati e devastanti: possiamo ancora ignorare migliaia di vittime, specie animali ed ecosistemi annientati, siccità, incendi, milioni di persone costrette a migrare? Quindi, carissimi Paolo e Roberto, voi vorreste convincermi che criminale è chi danneggia una pompa di benzina o fora un oleodotto?

Quel concertino a colpi di martello servirebbe a comunicare un messaggio, moderna bolla sulla pubblica piazza; sedicenti signori, la pacchia è finita, firmato in calce da: Rita Pavone (virtuosa dell’attrezzo ante litteram) Thor e anche Vulcano.

Anche Rupa Marya e Raj Patel, entrambi professori, ricorrono alla metafora fiammeggiante, partendo dal punto di vista che non considera più i nostro corpi entità separate dal mondo naturale e dalle forze sociali: tutte queste componenti sono costitutive dello stesso grande organismo. I nostri corpi mortali sono deboli e infiammati, quindi molto più esposti alle malattie – le nuove patologie virali pandemiche non sono casuali – perché abbiamo indebolito il pianeta, anzi lo abbiamo letteralmente messo a ferro e fuoco. Ne parlano in modo ampio e circostanziato nel loro saggio a 4 mani, Infiammazione. Medicina, conflitto e disuguaglianza (Feltrinelli): un libro di argomento medico, politico, sociale, economico? Una sapiente analisi che non trascura alcuna di queste materie, anche perché sarebbe folle credere di comprendere la realtà scomponendola in camere stagne, in alambicchi sterilizzati non comunicanti. Ci sorprenderemo nello scoprire che le popolazioni indigene hanno ‘teorizzato’ l’esposoma, ovvero da sempre sono coscienti che l’insieme delle influenze ambientali e sociali cui siamo sottoposti dalla nascita alla morte, influenza in modo determinante la nostra salute. Il covid dunque sarebbe il risultato fatale della volontà umana di dominazione su ogni forma di vita sul pianeta. Non supereremo questa e le altre crisi se non ci convinceremo della necessità della medicina profonda (deep medicine); primo passo, un radicale mutamento di pensiero: non più, mai più, economia rapace di sfruttamento in nome del massimo profitto, ma economia della cura, della rigenerazione, dell’accoglienza. Lo sapevano bene i nostri nonni e bisnonni: i semi si conservano e si condividono, le radici si innaffiano e si proteggono, in modo comune e inclusivo: non perché lo stabiliscono eventuali leggi umane, ma perché il cuore sa che questo è giusto.

Se davvero volessimo salvare il pianeta e noi stessi, dovremmo – seguendo l’esempio di 8 milioni di organizzazioni contadine, non per caso all’avanguardia e già in marcia su questo percorso virtuoso – accettare come primo gesto di buona volontà che i malati siamo noi, nella nostra forma mentis e che la medicina è una soltanto:

abolire il capitalismo neoliberista e decolonizzare la Vita.

Visioni

Pagina delle Visioni, anche da Pejote, anche dei simpatici Visoni, ma vivi.

Orsi polari che si affacciano alle finestre degli avamposti più settentrionali esistenti sul Pianeta, quelli abbandonati dai bipedi; attorno a quelle che di fatto sono ormai le loro case, possiamo notare vegetazione curata e senza scarti o rifiuti, e, soprattutto – dettaglio non ininfluente – la totale, preoccupante assenza di ghiaccio e neve.

Il nostro paese è figlio, chissà quanto legittimo, di un passato non sempre adamantino, con il quale non ha mai fatto un vero redde rationem morale collettivo; forse così si spiegano oscure presenze nei palazzi rinomati e sceneggiate istituzionali anacronistiche, umilianti per le casse dello stato e soprattutto per l’intelligenza dei cittadini, rituali retaggio ingombrante di epoche e regimi che dovremmo rinchiudere negli archivi polverosi, sigillandoli una volta per tutte. Invece.

Dai buchi neri della patria, a quelli rotanti nello spazio che da un po’ di tempo inviano segnali luminosi alla Terra – cinefili, questi buchi neri, hanno certo visto anche loro Incontri ravvicinati del terzo tipo – potremmo trarre energia con un’efficienza pari al 150%, superiore a ogni fonte mai nemmeno immaginata; al momento, la piccola non trascurabile difficoltà, pare sia costituita – come segnalano puntualmente astrofisici e astronomi – dalla mancanza di tecnologia adeguata all’uopo e alla bisogna, ma gli scienziati restano fiduciosi: prima o poi, gli umani saranno in grado di rendere energeticamente fruttuosi, cedendo a poetiche visioni, la luce delle stelle e il buio delle galassie.

Visioni dal passato della Via Lattea: una notizia buona e una cattiva, per noi terrestri e anche per gli extraterrestri: pare che in effetti nella galassia siano esistite altre civiltà. Potremmo affermare che la nostra, molto più recente e in fondo giovane, sia quasi una civiltà adolescente. Fino a qui, restiamo nell’ambito delle note confortanti, quello che invece potrebbe e dovrebbe un po’ allarmarci, riguarda l’epilogo delle popolazioni aliene: pare siano estinte da molto tempo e le cause sarebbero da attribuire a olocausti nucleari e/o mutamenti climatici incontrollabili Una sorta di monito, non presidenziale, molto di più: del genere, civiltà avvisata, mezza salvata (se i padiglioni auricolari e soprattutto le menti, sono aperti e ricettivi).

Permangono come sempre i dubbi: vaghiamo su un Pianeta che dista 25.000 anni luce dal centro del Tutto, ma le galassie si stanno allontanando o avvicinando? In particolare: l’Universo prima o poi terminerà il proprio viaggio? Se è partito, dove arriverà?

Visioni, giunte fino a noi dalle prime forme di scrittura: anche se qualcuno resta scettico, Mama Africa si rivela ancora e sempre una fonte ricca di siti archeologici meravigliosi per gli studiosi – antropologi e non solo – desiderosi di capire sempre più e sempre meglio quando e come sia nata una tecnologia portentosa, quella del linguaggio scritto; i reperti più recenti pare confermino: i nostri avi, poco tempo dopo essersi collocati in posizione eretta, avvertirono la necessità di descrivere il mondo nel quale si trovarono a vivere e lottare per la sussistenza: l’ispirazione per i primi tentavi di grafia simbolica e semiotica – via via resi più semplici per un utilizzo più rapido e funzionale – pare sia sgorgata dai sogni, perché dai primordi ebbero l’intuizione che, oltre la caccia per la mera sopravvivenza, esistesse qualcosa di più prezioso e indefinibile, altro rispetto alla concreta quotidianità.

Visoni oniriche per interpretare la realtà, o viceversa.

Visioni, spartizioni, in senso lato: esiste qualcosa di più prezioso intimo perfetto della condivisione di pensieri, fiato, umori? Nemmeno la congiunzione carnale carnascialesca, allegra può raggiungere quelle vette di passione e compartecipazione – anche solo per brevi istanti – al destino, alla vita di qualcuno, altro da noi.

Il bacio, a ciascuno il suo: quello di Hayez, quello di Klimt, quello di Giuda; quello degli angeli caduti, oppure quello affidato al vento, da Neruda.

Il flusso pseudo informativo ininterrotto – tacitando visioni, illusioni, prospettive chimeriche – ha il potere di rendere ogni argomento banale, sovrapponibile, intercambiabile a qualsiasi altro; se ogni tema viene poi presentato in termini spettacolari, con toni celebrativi e trionfalistici, enfatici, parossistici, l’effetto marmellata scaduta, nauseabonda, diventa inevitabile; ad esempio, ho davvero compiuto enorme fatica per distinguere, per orientarmi, in queste settimane, tra notizie su pandemia, Quirinalia – minima moralia? – , pettegolezzi delle fantastiche costumiste dal sedicente festival delle canzonette;

a proposito, davvero credete che alcuni poverelli di spirito, propagandati quali artisti, siano maledetti, dannati e scandalosi, in senso etimologico? Dopo quel capellone barbuto di Gesù, pura illusione o ipocrisia: ai suoi tempi – che tempi – rinnegava la proprietà privata e le ricchezze, predicava la solidarietà tra gli esseri umani – e la praticava sul serio – spalancava il regno dei cieli agli ultimi della Terra, abbracciava lebbrosi e prostitute.

Infatti, lo hanno inchiodato: non solo alle sue visioni.