Di fiamme, semi, decolonizzazione

Datemi un martello, ma senza dirlo a Gandhi.

Cosa ne vorrei fare? Picchiare in testa qualcuno? No, giammai. Nemmeno si trattasse di astuti amministratori delegati di multinazionali fossili, quelli che indossano maschere di cartapesta verniciate – anche male e grossolanamente – di verde; per confonderci, per mimetizzarsi.

Se volessi percuotere con quel martello le pareti metalliche di infrastrutture gas/petrolifere, per risvegliare con quel klangore, non solo i padroni dell’energia, ma anche i popoli occidentali ancora ipnotizzati, di colpo – espressione quanto mai calzante – diventerei un criminale (un terrorista, nella novella vulgata giurisprudenziale); eppure i governi di quasi tutti i paesi del pianeta continuano a concedere permessi – a condizioni sempre più convenienti sul piano economico e sempre meno rigide su quello delle tutele ambientali – alle compagnie targate Big Oil: in questo caso, nessun crimine, solo diritto alla libera intrapresa. Eppure, anche certi economisti premi Nobel, oggi ammettono che il mercato neoliberista globale non è stato solo un fallimento, ma una disgrazia – questa sì epocale – per il Mondo.

La casa comune brucia sempre di più e il grido più forte non solo di dolore, ma di rabbia si alza dall’Africa: ignorare le ragioni del continente madre, il più grande, non sarebbe solo grottesco, ma stupido. All’ennesima potenza e non potremmo certo chiedere ausilio al draghetto Grisù, pompiere provetto.

Andreas Malm attivista ambientale svedese e docente universitario di ecologia umana, nel suo provocatorio saggio Come far saltare un oleodotto (pubblicato in Italia dai tipi di Ponte alle Grazie) sostiene che le azioni di protesta non violente ormai non servono più nemmeno alla visibilità della causa ambientalista, anzi, superare i limiti di quella strategia è diventato non solo inevitabile, ma auspicabile. I cambiamenti climatici causati dall’inquinamento di origine antropica sono sempre più accelerati e devastanti: possiamo ancora ignorare migliaia di vittime, specie animali ed ecosistemi annientati, siccità, incendi, milioni di persone costrette a migrare? Quindi, carissimi Paolo e Roberto, voi vorreste convincermi che criminale è chi danneggia una pompa di benzina o fora un oleodotto?

Quel concertino a colpi di martello servirebbe a comunicare un messaggio, moderna bolla sulla pubblica piazza; sedicenti signori, la pacchia è finita, firmato in calce da: Rita Pavone (virtuosa dell’attrezzo ante litteram) Thor e anche Vulcano.

Anche Rupa Marya e Raj Patel, entrambi professori, ricorrono alla metafora fiammeggiante, partendo dal punto di vista che non considera più i nostro corpi entità separate dal mondo naturale e dalle forze sociali: tutte queste componenti sono costitutive dello stesso grande organismo. I nostri corpi mortali sono deboli e infiammati, quindi molto più esposti alle malattie – le nuove patologie virali pandemiche non sono casuali – perché abbiamo indebolito il pianeta, anzi lo abbiamo letteralmente messo a ferro e fuoco. Ne parlano in modo ampio e circostanziato nel loro saggio a 4 mani, Infiammazione. Medicina, conflitto e disuguaglianza (Feltrinelli): un libro di argomento medico, politico, sociale, economico? Una sapiente analisi che non trascura alcuna di queste materie, anche perché sarebbe folle credere di comprendere la realtà scomponendola in camere stagne, in alambicchi sterilizzati non comunicanti. Ci sorprenderemo nello scoprire che le popolazioni indigene hanno ‘teorizzato’ l’esposoma, ovvero da sempre sono coscienti che l’insieme delle influenze ambientali e sociali cui siamo sottoposti dalla nascita alla morte, influenza in modo determinante la nostra salute. Il covid dunque sarebbe il risultato fatale della volontà umana di dominazione su ogni forma di vita sul pianeta. Non supereremo questa e le altre crisi se non ci convinceremo della necessità della medicina profonda (deep medicine); primo passo, un radicale mutamento di pensiero: non più, mai più, economia rapace di sfruttamento in nome del massimo profitto, ma economia della cura, della rigenerazione, dell’accoglienza. Lo sapevano bene i nostri nonni e bisnonni: i semi si conservano e si condividono, le radici si innaffiano e si proteggono, in modo comune e inclusivo: non perché lo stabiliscono eventuali leggi umane, ma perché il cuore sa che questo è giusto.

Se davvero volessimo salvare il pianeta e noi stessi, dovremmo – seguendo l’esempio di 8 milioni di organizzazioni contadine, non per caso all’avanguardia e già in marcia su questo percorso virtuoso – accettare come primo gesto di buona volontà che i malati siamo noi, nella nostra forma mentis e che la medicina è una soltanto:

abolire il capitalismo neoliberista e decolonizzare la Vita.

Alla ricerca del buon senno perduto

Pagina degli Astolfi, discendenti d’Astolfo e di tutti i relativi Ippogrifi.

Pagina della Congregazione degli Astolfi ché gli Orlandi furiosi si sono moltiplicati in modo esponenziale – sempre stato problematico il mio rapporto con gli esponenziali, soprattutto se alti papaveri gallonati – e quindi per recuperare i senni fuoriusciti senza permesso, sono ormai necessarie pattuglie specializzate.

Qualcuno vaneggia di colonizzare il nostro amato satellite Selene, ma la parte oscura già pullula di senni, sarebbe sciocco e ridondante, invasivo e imperialista, impiantare colture artificiali e soprattutto reattori nucleari.

Senni ogm e/o radioattivi? Anche no, grazie. Sono malconci già così.

La dittatura sarà solo immaginaria – speriamo, non nella dittatura, ma finalMente nell’Immaginazione al potere, potere della e alla Immaginazione – e Big Pharma un delirio complottista, ma chiedete a quei Popoli presso i quali non sono disponibili vaccini, né farmaci ‘banali’ (banali presso gli opulenti sfruttatori occidentali); chiedete a quei Popoli nei quali la tubercolosi sembrava arginata o sconfitta e invece torna a annientare vite umane, ‘grazie’ alle filantropiche multinazionali che vendono i farmaci e i test diagnostici a prezzi siderali e pretendono di farlo solo attraverso accordi bilaterali, per ottenere profitti ancora più cospicui. Profitti ottenuti letteralmente sulla pelle delle Persone povere e bisognose.

Qualcuno avrebbe addirittura voluto assegnare a questi ‘eroi’ un Nobel. Non basterebbero tutte le aule giudiziarie del Globo, se fossimo spietati come loro, se avessimo un’idea malata della Giustizia, intesa solo come forma di vendetta, invece di momento formativo per tutta la collettività umana; fermo restando una doverosa, equa espiazione per chi si macchia di crimini contro la razza, umana o contro la Casa Comune.

Per recuperare un po’ di senno globale, Tutte e Tutti dovremmo nuovamente camminare all’interno del circolo Uroboros – circolo inclusivo arabo pitagorico – il divino Serpente primordiale (Jim Morrison docet?) che si mangia eternamente la coda, ma non si fagocita né digerisce, dando ritmo al ciclo della nascita e della morte senza soluzione di continuità, con un moto circolare ascendente che consente di viaggiare tra le dimensioni, per avvicinare sempre più l’Uno originale.

I capi tribù continentali vagano nel loro recinto all’affannosa ricerca del senno, non trovandolo, né il senno né il bandolo né la matassa – quella sì, la ingarbugliano pro domo loro – invocano ausilio dalla scienza; quando infine, la risultanza con poca esultanza, mostra al volgo un chiaro conflitto tra pretese evidenze scientifiche e realtà, sorge un ennesimo inconfessabile dubbio: a chi credere, alla scienza o alla realtà? A cascata: la scienza e la realtà non avrebbero potuto consultarsi in anticipo? Se non in presenza, almeno in video conferenza, tanto ormai; il dubbio finale: la scienza interpellata dai capi tribù, ufficiale finché volete, è la scienza vera? Al senno di poi, la pulizia delle fosse dei fossati e l’ardua sentenza.

Chi non ha testa abbia buoni galoppini, chi comanda – cosa? – abbia buoni servi, se sciocchi, meglio.

Come da vignetta umoristica, piena di buon senno: la principale causa di morte nel Mondo, resta la Morte; urge campagna di sensibilizzazione, pubblicità progresso #StopMorte.

Tornerebbero alla memoria episodi cruciali dell’epopea del ciclo arturianoArthur Zico? Magari – quando alcuni fedeli cavalieri della Tavola Rotonda (di legno, come canta Gianluca Gill discepolo di Battiato, mica dell’ikea) si lamentarono presso il fabbro di corte: fabbro, le tua corazze non ci proteggono abbastanza; impossibile; ti diciamo che è così, sono state trapassate dai sassolini, lanciati contro di noi con le fionde dai figli dei Cavalieri Neri; ma le mie corazze hanno evitato che i colpi fossero letali; mai udito prima che fossero letali i colpi dei sassolini; la colpa è di quei cavalieri che credendosi immortali grazie ai riti magici di Merlino dall’alto della torre, non indossano mai le corazze da me abilmente forgiate; fabbro, questo tuo discorso è privo di logica di buon senso di senno assennato; oh bella, tronchiamo qui questa disputa polemica, sarete nobili cavalieri di Re Artù, ma siete forse voi dei fabbri miei pari?

Grazie, Prode Artista Matteo Brandi, per il senno propedeutico all’ispirazione.

Se il sonno della Ragione ha generato mostri, non oso immaginare: il sonno del buon senno.

Luna mattutina, giornata sbattutina, Luna mattiniera, navigazione avventuriera.

Orsù, ciancio alle bande, la clessidra corre rapida:

il sen è poco, oppur ci manca, recuperiamolo tosto, prima di dover issare definitivamente

Bandiera Bianca.

Gazze ladre e arance meccaniche

Pagina dedicata alle simpatiche Gazze, quelle ladre: con grazia, con destrezza.

Potrebbe essere una loro caratteristica biologica, naturale, oppure frutto della consueta, famigerata disinformazione di regime; diffamazione a mezzo stampa – stampa dimezzata infingarda collusa – su larga scala.

Il Merlo indiano parla, o canta, visto che si chiama Mina, parla e canta anche senza essere sottoposto a terzo grado e luci abbaglianti – di terzo tipo – sugli occhietti vispi; ma non è un informatore un traditore un pusillanime. Gracula Religiosa dell’Himalaya, se telefonando potessi chiedere un Tuo intervento magico, Ti chiamerei: sacumdì sacumdà, né gioia né dolore, né noia né stupore, né argento né carbone, pace equità giustizia, agli Uomini, solo grazie alla loro buona tenace volontà. Ciao, poveri diavoli.

Registriamo con allertato allarmato allucinato stupore l’invasione di Vespe aggressive con pungiglioni sfoderati e Gazze ladre – non gli Uccelli, di Hitchcock o meno – di diritti democrazia buon senso, senno perduto; un solo Ippogrifo in servizio permanente affettivo non basterebbe per andare di nuovo in missione sulla parte nascosta di Selene, a recuperare miliardi di senni, in esilio satellitare.

La Gazza ladra di Gioacchino, Rossini – grande musicista, sontuoso gourmet – è un’opera semiseria, un po’ come questo Mondo Dopo, nel quale sopravviviamo in bilico tra farsa e tragedia.

Pirati, Fratelli della Costa, schiuma sana dei Sargassi, avete mai considerato l’heavy metal dell’età medievale? Colonna forse non erculea, alla fine del Mondo conosciuto, là dove esisteva Atlantide, ma colonna sonora d’ispirazione ribelle, contro ogni sopruso, mentre il vascello personale issa sul pennone Bandera Negra: Satania dall’album del 2000 e mai più 2000, Finisterra, di Mago di Oz, gruppo iberico, autore di musiche e liriche quanto mai adatte, propizie, propedeutiche.

Ah Benvenuti nella nuova era, in un mondo senza dolore,
senza amore né immaginazione,
dove la pioggia sazia una foresta che non puoi vedere
se non navighi in rete

Sorella Luna
Ha smesso di pettinarsi
Beh non riusciva a trovare, no
Il riflesso nel suo specchio, il mare Guarda fin dove la ragione
può vedere che il sole è tramontato
Cavalcando una nuvola di carbone e gas mortali
Andarono in cerca di un fiore bene

Fratello Sole
Stanco dell’illuminazione
Alimentato da
un disco rigido e un terminale

Oh-oh, in Satania sei I
tuoi pensieri programmati
Oh-oh, premi il pulsante
Naviga nel mio mondo, wishes.com

Costruisciti un paradiso, un amante virtuale
Invia i tuoi orgasmi via e-mail
Disegna un tenero bacio o un gesto d’amore
Apri un file e salvalo Acquista un programma
speciale per piangere
Dove in lacrime
Puoi scegliere la varietà

Oh-oh, in Satania sei
i tuoi pensieri programmati
Oh-oh, premi il pulsante
Naviga nel mio mondo, wishes.com

La voce del tuo maestro Sono
legato al tuo cuore
Ti concedo un futuro
In cambio della tua libertà Oh-oh,

in Satania sei
i tuoi pensieri sono programmati
Oh-oh, premi il pulsante
Naviga nel mio mondo, desideri.com

Oh-oh, in Satania sei
I tuoi pensieri sono programmati
Oh-oh, premi il pulsante
Naviga nel mio mondo, desideri, desideri, desideri.com


Ladri di vite e di domani, di speranze e orizzonti, si riuniranno per l’ennesima volta a Bruxelles, il gran convengo delle testoline di Gazza, e per gli umani liberi saranno decisioni amare come cavoletti; mangeranno sbaferanno si ingozzeranno a quattro palmenti e per la 1000° volta partoriranno la svolta epocale, sempre la stessa: riduzione delle emissioni dei gas serra del 55%, rispetto ai livelli del 1990!

Anche Elio ha deciso di ritirarsi su un’isola deserta, o forse una nuvola cosmica di carbone e gas letale, alla ricerca di quei fiori che non trova più, non riesce più a illuminare sulla Terra.

Fiori e magari opere – di bene – in memoria dei cinque milioni di martiri ogni anno, vittime della crisi ambientale di origine antropica, mentre oscuri araldi e banditori diffondono in modo capillare, martellante il virus, il morbo più temibile: quello della paura che obnubila raziocinio, compassione, empatia.

Quando le grida soppiantano i ragionamenti, i fuochi nella notte sono quelli delle orrende pire, i roghi degli eretici che bruciano con la mordacchia alla bocca, perché le loro parole terrorizzano il potere, anche in mezzo alle fiamme.

Abbandoniamoci ad un sabba dionisiaco esoterico, il sabba degli uomini liberi che ancora sognano, sulle note suonate da arpe e viole elfiche, bipedi che non vogliono farsi marchiare, non vogliono consegnarsi rassegnarsi alla schiavitù, del pensiero e delle emozioni imposte da una machina, una qualunque; giogo, lasciapassare, somministrazioni di sostanze sperimentali: sono violenze, prevaricazioni incostituzionali crimini contro l’Umanità, l’esercito di Ippocrate si opporrà alle schiere mercenarie della casa di carta farmaceutica globale.

Cedi, figliolo, lasciati iniettare il siero della felicità sintetica virtuale, ti concederemo (con cedere) un futuro, in cambio di poco: la tua libertà. Cedi e non sarai più costretto a stare qui incatenato, con lo spalancapupille, davanti a uno schermo che riflette – almeno esso, riflette – h24 immagini di decessi terribili, da pandemie, le più varje.

Hai optato per il cocktail giusto, bravo caro Alex, vedrai da oggi come starai bene, grazie alla rieducativa ‘cura Ludovico’: a proposito, lo sapevi che il grande regista Stanley Kubrik aveva scelto proprio l’ouverture della rossiniana Gazza ladra quale perfetta atmosfera ritmica per la sua Arancia meccanica?