Ritirarsi a pensare nel deserto californiano di Joshua Tree.
Per cinque anni. Come un piano sovietico, quinquennale. Per essere precisi.
Come un lungometraggio, di Wim Wenders.
Come la fenomenologia dello Spirito, del Supremo.
In silenzio assoluto, totale: per fare in modo che la temporalità vinca sulla spazialità, perché la musica trovi casa e trionfi sulle parole.
Rarefatte, vuote, inutili. Come pensava, forse, lo stesso Lucio Battisti.
Scoprire, infine, se sia vero o meno poco importa, che la sceneggiatura di Wenders fu ultimata solo grazie all’intervento salvifico e alla guida saggia e ispirata – Paris (Paris, Texas) è una città molto diversa da come appare nelle immagini – di … Kit Carson.
Lasciarsi andare (dove?), senza corporeità, senza vincoli dimensionali: vagare con la soggettività nella bolla in cui domina l’Arte, quella pura, senza necessità di complicate spiegazioni, senza l’inganno delle fragili parole.
Anima e musica fuse insieme, una sola realtà, inscindibile.
Nella musica, volare; o illudersi di riuscirci. Sulle note mai imparate, librarsi nell’aere, liberi dalla forza soggiogante della gravità, notare esseri viventi e asperità terrestri, a testa in giù. Finché esistono, finché mi va, finché dura (lex!) gioco io.
Scoprire all’improvviso una differenza semplice ma sostanziale, scoprirla grazie ad Aldo Moro: quella tra sintesi e banalizzazione. La prima elimina il superfluo, ma la seconda distrugge il necessario e quello – aggiungo per un eccesso di puntiglio – non si recupera più, è perduto: per sempre.
Alla Giustizia servirebbe pietas cristiana, forse umanità; la stessa che sorreggeva e ispirava l’anarchico Fabrizio De André, come scrive con convinzione l’avvocato penalista Raffaele Caruso.
La Verità, quella storica, richiede soprattutto assunzione di responsabilità, non solo divagazioni colte, divertimento intellettuale, intrattenimento di alto livello.
Come sostiene il filosofo Luca Antonio Coppo, nella Gazzetta filosofica on line, vorrei, sempre più spesso in ultima analisi, diventare, essere Musica:
non per imparare meglio qualcosa, non per sperimentare qualcosa, ma per vivere, tutto;
con sentimento.