Ningen no hoshi minna no chikyu (Pianeta di ogni cosa, stella dell’umanita’)

Pagina della Chitarra gitana, flamenco lacrime nostalgia (Nostalghia).

GaB l’Artista in un patio segreto nei giardini dell’Alhambra, fa vibrare corde e Anime: Tobe, Grendizer! Yuke, Yuke, Duke Fleed! Daichito umito Aozorato…

Malinconia romantica, romanticismo malinconico, rimembranze del futuro mai vissuto, fonico di sala, sala senza luci suono pubblico, senza personaggi in cerca di autori, attori che vogliano assumerli, assumersi (con Sumeri nella asfittica buca del suggeritore: invenzioni scrittura numeri!) i loro panni, anche sporchi, comprese le umane responsabilità di interpretarli;

interpellarli? Scusate, possiamo? No, dovete: categoricamente, senza appello, interpello, cappello – tutti finiti nei quadri di René – pièce non più rinviabile, anche perché, si sa, le rappresentazioni al buio sono pièces ‘e core.

Ogni interprete, anche quello con meno talento, uno scarrafone fuggito dalla mente di Herr K, comunque bello a mamma soia, segale e Babbo Frumento. Armento? Armenti, greggi al pascolo, mandrie migranti, transumanza per tutti, uomini e bestie e uominibestia; eterno dilemma: tratturi e trattori (tra attori, delle belle, cotte e crude) sono sinonimi almeno alla lontana? Transumanza e transustanziazione? Idrocarburi e carboidrati? Alimentazione 4.0, pasta integra integerrima integrale ricavata dalle montagne di plastica sotto cui abbiamo soffocato il Pianeta Azzurro; risolti tutti i problemi, con un colpo solo di teatro di kung fu della strega che è in noi.

E mo’? Moplen!!!

Notti di Luna Rossa gigante mai calante muy caliente, nella fattoria addormentata, in mezzo alle fronde di un magnifico Acero, un Ragazzo, stelo d’erba fra le labbra, canta canzoni struggenti, inni alla Natura, alla Madre Terra, alla Bellezza, alla Pace, all’Amore; un giovane guerriero, guerriero per la pace, pacifico guerriero.

Nonostante questa piccola, misera Umanità, Drago d’Oro fiammeggiante vola, proteggila, fai risplendere in eterno la Stella della Giustizia.

Oltre Godot

Il Tempo non si è fermato.

Ha solo deciso di procedere con un ritmo nuovo, in nuovi modi non definibili, al momento indecodificabili.

Immobile in piedi davanti alla fermata del bus, quella vicina all’ingresso dell’ospedale civile, moderno antico teatro sanitario di resistenza, di tragedie, di umane miserie ma anche di resurrezioni e monstruose imprese..

Un manifesto sulla parete sinistra della cabina di attesa del mezzo pubblico, annuncia un imminente spettacolo teatrale. The Deep Blue Sea, un titolo che – come sempre a posteriori – pare una illuminante profezia.

Il volto della protagonista, Luisa Ranieri, appare nel mondo dopo con una luce e un’espressione vagamente enigmatiche, come sapesse una verità che non si può raccontare, come fosse sacra custode di una narrazione indicibile, nemmeno sulle tavole lignee di un teatro senza più spettatori.

Uno spettacolo che già era stato rimandato per piccola indisposizione della protagonista, rappresentazione poi definitivamente annullata causa pandemia, per assenza di umanità.

Fermo alla fermata osservo, in attesa di uno spettacolo che non arriverà mai in scena, non più; circondato, fagocitato dall’ambiente circostante, dal desertico silente grigiore delle arterie d’asfalto.

Oltre ogni immaginazione, oltre ogni Godot. Superato. Anche l’autobus oggi non passa.

Il mondo prima si è congedato così, senza l’ultima battuta, senza mattatori né mattatrici, spurio dell’ultimo applauso o illusoria ovazione.

Il Futuro? Una terra straniera, senza nemmeno il conforto di un’ipotesi.