Cosimo, a cavallo

Pagina degli eterni ritorni.

Nella città del Giglio e di Durante degli Alighieri, dopo anni.

Perbacco! Realizzare all’improvviso, all’impronta e financo all’impiedi (la posizione eretta, verticale, favorisce o ostacola l’attività cerebrale? Una teoria si regge sui presupposti?): il tempo è una dimensione anomala, soprattutto se noi sedicenti umani attribuiamo allo stesso – o stessa? – caratteristiche non sue o imprecise. Il tempo è un gigantesco, immane – infinito? – brodo primordiale nel quale tutto galleggia, prima o poi lungo le varie rotte concentriche esistono le possibilità di imbattersi, intrupparsi in cose, persone, eventi che galleggiavano sulla superficie, lontano da noi.

Perbacco, scontrarsi con Bacco adolescente – Bacchino? Di certo, non Bacone – dalle parti degli Uffizi; il Bacco di Michelangelo Merisi da Caravaggio – caro viaggio, ti adoro – per realizzare che quell’immagine, quel giovinetto, quel ritratto era rimasto custodito a nostra insaputa nella memoria visiva e nell’anima e da quei luoghi, di sicuro misteriosi, spesso inaccessibili, se non attraverso arcane procedure, aveva continuato in modo incessante a solleticare fantasia, immaginazione, rapimento estatico per la Bellezza: nasce così, origina da lì la fatale ossessione per il genio Caravaggio?

Fare il perdigiorno presso Piazza della Signoria e notare – impresa poco ardua, in verità – un cavaliere in groppa al proprio formidabile destriero: cavaliere con destrezza. Cosimo, iccome tu stai, bischero d’un bischero. Fo’ la mia parte per mia contrada e mia patria, perché spero che li miei concittadini mi proclamino un giorno padre della patria e tu, maremma impenitente, bada bene: padre e patria de li tempi miei. Ridestato da un colpo di zoccolo o dal fastidioso trillo del cellulare di un turista penso al mio fortuito, fortunato incontro: il Cosimo de’ Medici, nonno di quel Lorenzo che fu magnifico, davvero e anche sul serio. Entrambi furono magnifici, entrambi capirono la strategica importanza nel tessere fitte trame di relazioni per poter realizzare progetti, entrambi fecero ampio utilizzo di risorse bancarie per incentivare cultura, arte, magnificenza: anche in questo caso, non nella concezione deviata e utilitaristica – se non in minima, trascurabile parte – che ne abbiamo noi moderni, noi evoluti, noi bipedi:

quelli che hanno appaltato il proprio futuro – non esiste il futuro senza il presente, non esiste il presente senza memoria dei presenti andati; il futuro, come diceva la Saggia nella sperduta foresta montana dei Sogni, è di chi se lo piglia – a droni e applicazioni, ma hanno deturpato, desertificato il proprio patrimonio delle parole a non più di 100 superstiti.

Un altro colpo di zoccolo, la capa gira: stavolta è il fiero, imponente quadrupede a parlarmi direttaMente, Oh grullo, rammenta la umana commedia, mica un ghiribizzo di mente geniale tanto quanto bislacca, ma un compendio dello scibile umano, dalla poesia alla retorica, dalla filosofia alla matematica all’astronomia alle più raffinate questioni teologiche, oh grullo, e voi?

Peccato, perbacco. Stordito, ammutolisco. Allibisco, nell’etimo originale, di allividire, restare livido:

causa scorno, vergogna, palese inferiorità.

Chiedo venia all’Arno, biondo schiumoso come birra, non da luppoli e fermenti passionali ma inquinamento antropico; un fiume non deve, non può, morire, ma un bipede sì.

In più, in peggio, quale rappresentante dell’involuto Mondo Dopo: indegno di posare le proprie membra – come fosse il Gange – più indegno di sciacquare i panni (e l’inadeguata glossa) nelle sacre acque.

Forse non è proprio legale sai

Pagina delle Catapulte.

Assediare Città, tutte, bombardarle con ghiotti proiettili di miele di acacia castagno millefiori; assediarle senza tregua, prenderle per la gola grazie al lavoro di Api indomite.

Gola, sette vizietti capitali per sette spose, la taverna dei sette peccati, sette e non più di sette, anzi 6 in regime di copriMangiaFuoco; vigileremo sulla vostra depravazione licenziosità – avete la licenza, vero? – sulle vostre devianze dalla retta via ché anche nel mezzo del camino – Cam-caminì, cam-caminì, spazzacamin, Allegro e felice pensieri non ho (magari!) – era smarrita.

Mia cara diletta devota, l’uomo non è molecole immobili immutabili immarcescibili, sei più bella vestita di limiti, mi incoraggi ad annullare i miei lividi: voglio trovare la mia identità alternativa, il mio avatar, il mio avo primigenio, la scossa più forte che ho con le tre dita di Bem, mostro molto umano anche troppo, infilate nella presa giusta.

Toponomastica sterco del demonio, assessori urbanistici ante litteram poco urbani nemici del popolo: nella Vienna del 1770 la congiura dell’Imperatrice per stanare giovani e parsimoniosi, i primi destinati a offrirsi volontari per il ruolo poco ambito di carne da cannone, i secondi per ‘donare’ generosamente fondi alle casse dell’impero; casse da morto e forzieri imperiali ringraziano, le generazioni cancellate dalla storia con un tratto di penna d’oca, un colpo di pennello per verniciare nomi alle vie e numeri forse civici, certo poco civili, per niente empatici, temo di no.

E’ più reale Nessie o Fungie, Delfino uno e/o trino, finalmente fuggito nei mari aperti alla ricerca della Libertà perduta? Al marketing turistico, alle iconiche cicloniche clonate affiche pseudo artistiche, ai pescatori/agricoltori trasformati in pallide comparse del parco giochi in servizio attivo permanente – anche i parrucchieri delle divine degradate a tuttologhe on line ringraziano – la risibile ridicola rimaneggiata sentenza, appellabile o inappellabile, comunque inutile.

Sconvolgente apprendere dai reportage che in Irlanda esistano persistano ‘insistiscano’ meravigliose coste meridionali, verdi come da manuale abecedario sussidiario e abaco in omaggio, per contarle una ad una: caro Delfino, nuota veloce imprevedibile pazzo, hai donato 37 anni di vita agli Umani e ai loro tristi affari commerciali, hai diritto all’anonimato alla gioia alla Rivoluzione dei Mammiferi subacquei.

Hey nobile Julius, che Tu discenda dalle stelle, dagli stalli di un’accademia artistica, da nobili origini, passando da Ascanio il celestino sfuggito alla Combriccola, dal bosco greco Hylé o da Ilio (Troia, senza volgarità) – per restare in tema di assedi – la sai l’ultima? Non barzelletta, non bagatella in crociera su battello a vapore, non amenità, ma autentica svolta fantasiosa: la Letteratura Disegnata, il Disegno Popolare, l’Arte di HP e del resto della Banda Onirica, hanno fatto breccia nel bastione degli Uffizi, la Turris Eburnea degli intellettuali, sacerdoti e adoratori di urne funerarie, fuori contesto fuori di testa fuori balcone senza visione, è stata abbattuta:

Graphic Novel is back, Graphic Novel rules.

Forse non è proprio legale sai, forse è un mesto mestolo mefistotelico (altro che iconico, Totemico!) happy end – Neverending, Reverendo Never – da mulini bianchi calcinati dal Sole dopo la fuga di Sancho in sella a Fungie, forse saremo costretti ad ammettere che ha vinto il mercato, hanno perso le Città, ingannate da quel biondo miele.

La Terra rinata vedrà, scriverà cronache epifaniche, annales vergini.

In Campana di Bronzo con le opere di Achille Campanile: il male può annidarsi nel miele; le sicurezze – ordine e sicurezza! – hanno ventre flaccido, sono demoni ululanti con forconi di Belzebù, pronti a insinuarsi sinuosi sibilanti tra di noi;

ai primi brividi abbrivi breviari ‘da freddo’, sfigmomanometro aneroide sempre a portata di manicotto, per scongiurare la pressione bassa non in atmosfera, ma nelle Anime.

Alla riscossa, a-cefali, i Fiumi di china inchiostro colori hanno tracimato tra cime valli pianure, anche voi potete stare finalmente a galla, senza fare essere diventare:

Morti (tra parentesi: AUGURI).