Darsi contegno

Pagina di una petizione: quando istituiremo una giornata mondiale dedicata alle giornate mondiali di qualcosa?

Ne abbiamo riservata una perfino agli asteroidi, compreso quello (politicamente corretto) che – forse – causò l’estinzione dell’avanzatissima civiltà dei Dinosauri.

Ci trastulliamo con queste miriadi di giornate – trastullarsi? baloccarsi in mezzo ai trulli? – per distrarre noi stessi (armi di distrazione di massa, sempre attuali) dalle questioni più serie più urgenti più cogenti; anche più bollenti, perché come sostiene qualche pseudo scienziato sarà anche vero che non esistono mutamenti climatici di natura antropica, però la febbre del Pianeta s’impenna e non accenna a contenersi, diminuire, darsi un contegno; convegno no, ne abbiamo visti a centinaia in questi biechi anni e sono sempre inutili raduni di incartapecoriti dirigenti, totalmente inadatti alla bisogna dell’ecologia e dei Popoli.

Caro Aldo, apri le porte, spalanca – spelonca? – i portoni della percezione: ne abbiamo bisogno, magari quelli delle coscienze e delle menti che al momento paiono chiusi a doppia mandata. Almeno spalanca le finestre, crea un mulinello, un ricambio d’ossigeno che favorisca le sinapsi.

I mari risalgono i letti dei fiumi per decine di chilometri e qualcuno esulta: l’acqua per la pasta è già salata, non solo, è anche già in ebollizione. I confini non naturali, geopolitici, uniscono o dividono? La risposta del saggio Maestro Magris è disarmante nella semplicità: di certo, separano. La matrice resta unica, ma l’uomo con arroganza e delirio di onnipotenza pretende di parcellizzare ciò che nasce comune, condiviso, universale.

Che belli i fiumi verdi, come l’Isonzo, davvero fiume più verde d’Europa, senza ipocrisie markettare: anche i fiumi uniscono, attraversano, collegano e si prestano a essere scavalcati da ponti, per connettere, ancora e sempre più.

Un tempo la tv non era un’arma di distrazione delle masse, né un sinistro medium concepito per indottrinare, ipnotizzare; era abitata, era costruita in modo umano e delicato, da persone e artisti che conservavano volti umani, capaci di regalare sogni emozioni sorrisi: capaci di irradiare ossigeno azzurro, aria di casa, aria di libertà. Sammy, dove sei?

Possiamo preoccuparci dello stato di stress delle obsolete, vecchie industrie occidentali, non pronte, sorprese, non attrezzate al necessario, non più procrastinabile processo di decarbonizzazione del Pianeta; dello stress della Terra, alla fine, pare importi poco a lorsignori, sempre gli stessi. Chissà se i politici e i manager leggono – sanno leggere, vero? – imparerebbero molto anche solo sfogliando l’ultimo report dell’Ipcc (il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, ente al di sopra di ogni sospetto di conflitti d’interessi): una transizione equa ed efficace, si può fare e si deve perseguire, perché abbiamo già oggi tutti gli strumenti per realizzarla. Senza ulteriori scuse e/o pretesti per favorire le multinazionali fossilizzate.

Mentre perfino la Grecia, culla di tutti i saperi e di tutte le arti, tradisce il ritorno ad una economia ecologica (del resto, l’UE aveva provveduto anni fa a rimettere in riga la Terra degli Dei), gli occhi speranzosi di chi vorrebbe salvarla questa cara antica Terra, cercano Venezia – la magica esoterica metafisica Serenissima – che a settembre ospiterà l’incontro tra i movimenti internazionali per la decrescita (non pauperismo, a scanso di equivoci), in nome della sostenibilità e della salute; perché ormai troppo spesso – come scritto dal professor Paolo Cacciari nel saggio Ombre Verdi – il capitalismo green è un imbroglio:

l’ennesimo, né bello, né buono.

Jungle of Stone

Cedo alla dura legge – ma legge? – del marketing:

infarcire il testo, scritto o parlato per me pari (non) son, di inglesorum, giusto per restare in disparte, occultato, occulto, mimetizzato, travisato – nel volto e nelle mie esternazioni – e osservare, decifrare, interpretare l’effetto che fa.

O il suo contrario.

Jungle of Stone, Heart of Stone, Age of Stone, età evo del vetusto mondo litico: ho calato subito il tris, resto in mutande o foglia di fico, anche se temo che non basterà a coprire le vergogne della sedicente civiltà umana occidentale.

La giungla di pietra; benvenuti nella giungla urlavano i Guns n Roses qualche annetto fa o anche più: non solo in fuga da NY, molto presto gli esodi programmati, subito alternati a nuove clausure globali – seguendo l’agenda del nuovo regime politicamente scorretto – diventeranno la quotidianità.

Quotidianità mesta dal cuore di pietra, narrata cantata celebrata da quei rapper, un tempo ribelli anti conformisti atei, improvvisamente caduti sulla via della pandemia – hanno visto la luce – improvvidaMente ri convertiti alle vie del Signore (a Sua solenne insaputa); lieti di averla scampata, per celebrare la loro incrollabile fede, dichiarano odio eterno e guerra senza quartiere a tutti coloro che magari pensano in altro modo o semplicemente coltivano ostinatamente l’arte del dubbio e del dialogo; forse questi fu rapper hanno confuso equivocato scambiato Dio con il lucido lucente apotropaico cornetto vermiglio partenopeo, parte napoletano.

Insomma, qualcuno asserisce di essere entrato in contatto con l’Altissimo, grazie al covid: Grazia, Graziella la bicicletta e grazie ar… covid che hai visto l’Altissimo, aggiungerei se fossi ancora cittadino romano; nel mio piccolo, senza ausilio virale, solo dopo serata molto eolica e nipponica, con bicicletta da corsa su è giù per la Pedemontana ho avuto un’autentica visione: mi è apparsa la Madonna, dietro un castello, dentro un’edicola, votiva – votiva l’edicola, non l’urna elettorale, giusto per chiarezza e precisione.

Si resta di sasso, talvolta, per le grandi scoperte della scienza; per la prima volta, ritrovato su un’isola dell’Indonesia – dove sarà mai? – il Dna completo di una donna vissuta in un gruppo umano arcaico litico, risalente a 7.300 anni fa: un’inezia per l’Universo, un lasso enorme – attenti a non farsi accalappiare – per noi bipedi miserelli; rinvenuto il codice genetico, ora tenteremo di interpretarlo, magari chiedendo lumi in una seduta spiritica ad Alan Turing.

Persiste la vaga sensazione che resuscitare resti un enigma insolubile, non liofilizzabile; le conferme sono tante: pare che la decrittazione sia riuscita solo una volta, Frankenstin a parte.

Gli scazzoni – pesci di acqua dolce, senza doppi sensi – sono scomparsi dai nostri fiumi; erano sentinelle e ambasciatori di corsi fluviali sani e puri; del resto, la nuova frontiera dell’ambientalismo governativo prevede trivelle verdi, prevede a Capri fonti di energia completamente rinnovabili e ecologiche, ma a partire – forse – dal 2036 (fuga dai Faraglioni, o Faraglioni in fuga dalla nostra stupidità): prima, disco verde, ma alle vecchie pratiche distruttive, con lasciapassare allo sversamento dei veleni di ogni tipo in mare. Altri paesi, nella scia esemplare di Danimarca e Costarica, certo meno moderni sviluppati avanzati di noi, hanno formato una lega – non quella che vorrebbe costringere a pagare chi sbaglia, dimenticando selettivamente i 49 milioni che deve allo stato, ma la Boga (Beyond Oil and Gas) – per uscire definitivamente dall’economia fossile e dalle sue logiche perverse; poverini.

Sarebbe bello aggregarsi al triumvirato della Cultura: Angelo Floramo, Alessandro Venier, Mauro Daltin;

in viaggio su Molly, adorabile scalcinato furgone reduce dagli anni ’80 del 1900, con il fiume a bordo, seguendo tragitti fluviali, dalla sorgente alla foce; discutendo amabilmente sul genere dei fiumi – femmina o masculo? – scoprendo la vera carta d’identità oro geografica e le storie affascinanti delle Persone che vivono attorno a quei percorsi (Tagliamento e Isonzo); apprezzare la Metafora del Ponte, ovvero la necessità di sviluppare nella propria esistenza la peculiarità di sapersi distruggere e ricostruire, proprio come certi fantastici passaggi sopraelevati, utili a congiungere rive che si fronteggiano senza contatto;

capire, infine, di essere ontologicamente pre socratici, socratici, pre moderni:

in buona sostanza, convintamente paleolitici.