Festa dell’oblio (no festival memoria corta)

Pagina dell’Alzheimer, ogni anno una festa per questa patologia neurodegenerativa.

Non in senso stretto, festa intesa come celebrazione per sensibilizzare, per evitare che la società – come spesso avviene per le realtà e addirittura per le persone poco gradite – dimentichi e cancelli la malattia della dimenticanza.

Qualcuno, colto preparato sensibile – ha scritto che l’uomo più che un animale sociale è un animal obliviscens, un animale che oblia: una vita di sacrifici fatiche studi per apprendere e poi magari in pochi mesi, un colpo di spugna e dentro di noi tutto torna, in modo crudele imprevisto inaccettabile, tabula rasa. Un palinsesto su cui niente e nessuno potrà più vergare segno o parola.

Talvolta eliminare rimembranze è una necessità, una forma di salvezza attraverso il sale dell’oblio: sale che disinfetta le ferite e oblio per distruggere quanto ci ha fatto male, fino a spingerci quasi alla pazzia o al suicidio. Ma il sale non solo cauterizza, può servire – delenda Carthago – anche a rendere sterile un terreno sul quale sono rimaste solo macerie.

Percorrere una strada che non esiste, eppure vera concreta di asfalto grigio topo, come scrivevamo alle elementari negli anni 70. Una strada nella quale mai ci eravamo imbattuti in precedenza o un portentoso parto della nostra immaginazione? Le vie della mente sono infinite e non hanno bisogno di asfalto e cemento.

Qualcuno sostiene – non Pereira – che la malattia della dimenticanza causi ai volti l’espressione da Lion’s face: magari. C’è chi cerca gli occhi della Tigre, ma se li incontra, prega che sia impagliata e trema lo stesso come foglia travolta dal vento degli eventi. Sarebbe bello anche perdendo l’hard disk della materia grigia, conservare un secondo stomaco – a Napoli lo ribattezzerebbero, come il caffé, stomaco sospeso – quello sociale; come le formiche, una sacca di cibo di riserva da mettere a disposizione di chi sta male e per vari motivi non riesce a procacciarselo. Emulare il grande popolo delle formiche: mettere a disposizione della comunità, del bene comune, i propri talenti e le proprie competenze, come i giovani della parrocchia veneziana di Santa Maria dell’Orto che dopo tanto impegno, passione, studio, lavoro recuperano l’archivio storico della chiesa e la pergamena preziosa con l’atto di morte di Jacopo Robusti (o Comin, errore, scherzo di memoria?), forse più noto come Tintoretto pintor.

Perdersi tra i sentieri della vita, per averne cercate e vissute troppe (vite); smarrire la memoria per avere sognato troppo, senza mai tradirne e/o abbandonarne uno (sogni); perdere la bisaccia onirica, senza perdere se stessi.

Immergersi nel fiume dell’oblio per emergere uomini nuovi; poi essere solo nuovi uomini e cercare disperatamente il fiume gemello, quello del buon ricordo, ove risalire la corrente come leggendari salmoni o annegare, lasciando però al pianeta dopo (futuro?), almeno un frammento positivo, una scheggia degna di rimembranza: rimembranza azzurra, dove immerse le belle membra colei che a ognuno pare Donna.

Per quando l’Umanità sarà finalmente maggiorenne, adulta, saggia – come una filosofa presocratica che sapeva quanto la scrittura fosse uno strumento diabolico e meraviglioso – potremmo erigere una Fletcher Memorial Home, quella immaginata da Roger Waters: ove rinchiudere tutti i mali del mondo, senza connessione con l’universo o con i metaversi, applicando finalmente la soluzione finale, senza soluzione di continuità, e in questo caso, solo in questo, conferire pieni poteri all’Oblio. Se vuoi uscire dal labirinto, spalanca le porte della percezione e segui il suono della chitarra di David Gilmour.

A patto che la festa dell’oblio non diventi il festival della memoria corta:

nel paese che cancella minuto dopo minuto quanto avviene, regno incantato della replica delle repliche.

Darsi contegno

Pagina di una petizione: quando istituiremo una giornata mondiale dedicata alle giornate mondiali di qualcosa?

Ne abbiamo riservata una perfino agli asteroidi, compreso quello (politicamente corretto) che – forse – causò l’estinzione dell’avanzatissima civiltà dei Dinosauri.

Ci trastulliamo con queste miriadi di giornate – trastullarsi? baloccarsi in mezzo ai trulli? – per distrarre noi stessi (armi di distrazione di massa, sempre attuali) dalle questioni più serie più urgenti più cogenti; anche più bollenti, perché come sostiene qualche pseudo scienziato sarà anche vero che non esistono mutamenti climatici di natura antropica, però la febbre del Pianeta s’impenna e non accenna a contenersi, diminuire, darsi un contegno; convegno no, ne abbiamo visti a centinaia in questi biechi anni e sono sempre inutili raduni di incartapecoriti dirigenti, totalmente inadatti alla bisogna dell’ecologia e dei Popoli.

Caro Aldo, apri le porte, spalanca – spelonca? – i portoni della percezione: ne abbiamo bisogno, magari quelli delle coscienze e delle menti che al momento paiono chiusi a doppia mandata. Almeno spalanca le finestre, crea un mulinello, un ricambio d’ossigeno che favorisca le sinapsi.

I mari risalgono i letti dei fiumi per decine di chilometri e qualcuno esulta: l’acqua per la pasta è già salata, non solo, è anche già in ebollizione. I confini non naturali, geopolitici, uniscono o dividono? La risposta del saggio Maestro Magris è disarmante nella semplicità: di certo, separano. La matrice resta unica, ma l’uomo con arroganza e delirio di onnipotenza pretende di parcellizzare ciò che nasce comune, condiviso, universale.

Che belli i fiumi verdi, come l’Isonzo, davvero fiume più verde d’Europa, senza ipocrisie markettare: anche i fiumi uniscono, attraversano, collegano e si prestano a essere scavalcati da ponti, per connettere, ancora e sempre più.

Un tempo la tv non era un’arma di distrazione delle masse, né un sinistro medium concepito per indottrinare, ipnotizzare; era abitata, era costruita in modo umano e delicato, da persone e artisti che conservavano volti umani, capaci di regalare sogni emozioni sorrisi: capaci di irradiare ossigeno azzurro, aria di casa, aria di libertà. Sammy, dove sei?

Possiamo preoccuparci dello stato di stress delle obsolete, vecchie industrie occidentali, non pronte, sorprese, non attrezzate al necessario, non più procrastinabile processo di decarbonizzazione del Pianeta; dello stress della Terra, alla fine, pare importi poco a lorsignori, sempre gli stessi. Chissà se i politici e i manager leggono – sanno leggere, vero? – imparerebbero molto anche solo sfogliando l’ultimo report dell’Ipcc (il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, ente al di sopra di ogni sospetto di conflitti d’interessi): una transizione equa ed efficace, si può fare e si deve perseguire, perché abbiamo già oggi tutti gli strumenti per realizzarla. Senza ulteriori scuse e/o pretesti per favorire le multinazionali fossilizzate.

Mentre perfino la Grecia, culla di tutti i saperi e di tutte le arti, tradisce il ritorno ad una economia ecologica (del resto, l’UE aveva provveduto anni fa a rimettere in riga la Terra degli Dei), gli occhi speranzosi di chi vorrebbe salvarla questa cara antica Terra, cercano Venezia – la magica esoterica metafisica Serenissima – che a settembre ospiterà l’incontro tra i movimenti internazionali per la decrescita (non pauperismo, a scanso di equivoci), in nome della sostenibilità e della salute; perché ormai troppo spesso – come scritto dal professor Paolo Cacciari nel saggio Ombre Verdi – il capitalismo green è un imbroglio:

l’ennesimo, né bello, né buono.

Manna mannaia mannaggia

Pagina della Manna, per qualcuno.

Lo sapevate – io no, reo confesso d’ignoranza crassa – che la manna esiste? Si tratta della meravigliosa linfa estratta dalla corteccia di alcuni Alberi – Frassini – sapienziali (Essi), incisi in punti e modi sapienti; se proprio potessi optare, mi fionderei sulla variante – della manna non di altri prodotti – denominata cannolo, variante sicula, auspicabilmente.

La manna pura, eletta – forse per questo le si attribuisce origine celeste – è un vero miracoloso, potente rimedio naturale, quindi non rivelatelo ai tecnocrati del siero portentoso.

Manna, divina o meno che tu sia, tu mi appari una badia: meglio un badile, anzi una affilata mannaia.

Evviva l’emergenza sanitaria, nello stato di emergenza tutto si può fare, tutto diventa lecito, soprattutto imporre dall’alto, proprio come una spietata mannaia che piomba dal cielo – Mazinga Z, dove sei? – decisioni autoritarie, obblighi incostituzionali, restrizione dei diritti.

Cara, ho perso l’aereo e/o il treno, anche perché non mi ci fanno più salire a bordo, in compenso mi si sono ristretti, non solo i 7000 caffé che bevo per distendere i nervi, ma i diritti, quelli fondamentali, quelli costitutivi costituzionali; secoli di massacri di uomini civili, di battaglie sociali scaricati buttati nella turca, anzi nell’inceneritore e/o nel reattore nucleare, tornati improvvidamente all’improvviso di moda, argomenti trendy, cinguettii topic del giorno; con buona pace – eterna – di passerotti, usignoli, allodole.

Siamo passati dalla repubblica delle banane, a quelle dei ‘cingolati già caloni‘; ti svegli un mattino in questo meraviglioso Mondo Dopo, paradiso perduto per qualcuno, di opportunità inusitate per altri (i soliti): tutto un rinascere, un rifiorire, un risorgere di trivelle verdi, centrali post atomiche, ma sono sempre quelle perché anche nell’universo della fissione il vintage tira, inceneritori ma chiamateli termovalorizzatori, perché valorizzano la monnezza, soprattutto se la trasformano in lucro incessante, per i padroni del vapore.

Ambiente? Salute – salutatemi la Salute, caramente – ? Diritti inalienabili (cribbio, rivolgetevi agli Alieni, tanto ormai Marte è a un tiro di remo da Tiro)? Se si sgretolano, la colpa è di chi dice no; c’è sempre qualcuno che dice no a tutto: no vax – in effetti la morte della sanità pubblica e la resa a quella privata e alle assicurazioni è senza ombra, del dubbio, opera di questa potentissima setta – , no tav, no mose (a proposito, i suoi padrini hanno ammesso che Venezia farà la fine di Atlantide), no bridge solo poker.

L’Autunno porterà in dote, in dono vini novelli e castagne, senza pane purtroppo, invece del tepore dell’ottobrata capitolina mitologica, le incandescenze dei roghi per gli eretici, per i disfattisti, per gli eterni dubbiosi anti Dogma salvifico: questo è il tuo unico rimedio miracoloso, non avrai altro siero all’infuori di me; per tacere delle varje inoculazioni, da qui all’eternità; in fondo, è un attimo.

Caro Stephen, genio fragile, una supernova a pochi milioni di anni luce dalla Terra minaccia sfracelli: come ha commentato un astronomo buontempone, immaginiamo fosse stata supervecchia; esisterà il bonus rottamazione per i fenomeni astronomici, cosmo agonici?

Dovremmo scendere – da dove? – in piazza, occupare, affollare come pazza folla le piazze, le agorà del Globo, per dire al piccolo vertice della piramide di denaro: ci state rubando i giorni, chi depreda giorni alle Persone è il peggiore criminale esistente, perché in nome del totem denaro/potere sottrae il dono/tesoro più inestimabile: la Vita stessa.

Come accadde in Albione nell’arcaico, forse mai esistito, anno del Signore (o di qualche signore) 1752, ma questa è un’altra storia e hanno preferito trasformarla, derubricarla, catalogarla alla voce Leggende, invenzioni narrative.

Se 11 giorni sottratti, Vi appaiono – così è, se Vi appare – pochi.

Walt, più volte ti era stato segnalato che non solo le parole, anche i simboli sono importanti e possono ferire, soprattutto quando sono molto meno innocenti di come e in quale contesto appaiano e siano diffusi. Basta marachelle.

Il Mondo Dopo sta andando verso dove non si sa, ma a velocità inusitata: come nella vignetta di Mastro Massimo Bucchi, una pallina bianca ex azzurra che salta nell’enorme roulette dell’Universo e resta con il fiato sospeso (la pallina, non l’Universo), in attesa di capire sapere rassegnarsi alla casella finale di destinazione che le toccherà per sorte, per caso, per accidente:

speriamo che il Gran Croupier non sia il solito gran para flu. Gambler, di nome e di fatto.

Un giochino da bambini, fischiettando un motivetto orecchiabile e inquietante, come M mostro di Dusseldorf; manna mannaia, mannaggia a voi, c’aggia fà… M. mai come in questi tempi appare molto umano e compassionevole assai, comparato a certi draghi del Mondo Dopo, che mai più tornerà alle quote di prima.

Addio scommesse, addio Monti, manzoniani e non.

p.s. Mannaggia, ultima ratio, ultima oncia di Manna: affidarsi al Lupo, ovviamente: mannaro.

DI ALBERI FRUTTI ARTISTI LUPI

Siamo il paese che inventò la tutela costituzionale del paesaggio, il paese che si vanta – a vanvera e a sproposito, spesso e volentieri – di essere punto di riferimento esemplare (di solito: i 100 errori madornali, da non commettere mai) per il resto del Pianeta, il paese che ha inventato – di sane piante? magari – la transizione ecologica.

Infatti, il solito ministro a sua insaputa, si vanta per la rinascita di Pompei – risorta dalla propria colata lavica – ma di fronte alla severa bocciatura dell’Unesco con reprimenda, appurate tutte le mancanze le magagne le mancate tutele di quel gioiello unico nell’Universo chiamato Venezia, sa replicare solo stanche stracche irricevibili parole devitalizzate: “Ce lo aspettavamo, a Roma stiamo studiando soluzioni”. Certo, da almeno 20 anni.

Infatti, parte II, la vendetta: anche sulle rive del fiume Noncello, a Portus Naonis, da anni – per una sfortunata serie di coincidenze – gli Alberi pare si siano tutti ammalati, molto prima dell’arrivo del covid; così, mentre perfino in Cina in India in Usa, famigerati mega inquinatori dell’Ambiente, un po’ tutti scoprono, riscoprono l’importanza di piantare poderosi battaglioni arborei per contrastare smog e mitigare l’innalzamento delle febbri della Natura, deflagrate per colpa della sciocca attività antropica, ecco i bastian contrari del Nonsense del Nonsel, applicare una sottile strategia pseudo propedeutica al progresso (?) che prevede: asfalto cemento, estirpazione delle ingombranti piante; sempre con pretesti curiosi, i più varj avariati: dalle misteriose patologie verdi, alla mancanza di passaporto lasciapassare pedigree che attesti la tipicità, la natura indigena incontrovertibile della flora, una sorta di campanilismo sovranista in ambito bucolico. Sulle quiete – quando vengono lasciate in pace dai bipedi autoctoni, o meno – amate sponde del fiume, ora, altri 30 alberi tremano per la propria sorte; la loro vita rimane in bilico, sub judice, causa elezioni – si sa, quando balla il responso delle urne, meglio temporeggiare con i provvedimenti impopolari – sarebbero stati indicati dagli esperti (i soliti esperti) quali responsabili di incidenti tra auto, biciclette, pedoni, quali rei del caos e degli intralci al traffico quotidiano, lungo un importante viale urbano, vagamente poco urbano nei modi – a proposito, come da vocabolario, viale senza Alberi retrocede allo status di via semplice – quindi da condannare a sentenza capitale; ma con la gentile concessione del micro potere municipale, di essere sostituiti, come già avvenuto con esiti pietosi in altri punti del villaggio, da fusti fustini esangui arbusti locali, specie Giuda (non si tratta di scherzo, bagatella, motteggio).

Nel grande romanzo nero della storiella umana, siamo passati dal tradimento del Salvatore per trenta denari, a quello di Madre Gea per trenta fuscelli (a loro insaputa, pro economia fossilizzata, più che fossile), però docg, denominazione di origine controllata e garantita, del tradimento; vuoi mettere il grande balzo, lo scatto evolutivo.

Le norme si applicano, si ottemperano – anche con tempere e temperino? – non si discutono, come il vero presunto uomo che non deve chiedere, mai; ma se le leggi in questione sono inumane, contro l’uomo e contro la cultura, cosa facciamo, potremmo considerarle alberi malati di Portus Naonis e abbatterle? Liubomyr, fisarmonicista ucraino, diplomato, collaboratore di atenei per la Musica – simbolo universale di libertà, considerato anche nel 2021 i dittatori la temono e vogliono eliminarla – musicista di strada, ha ricevuto due discutibili provvedimenti di espulsione, lo hanno trasportato in un sedicente ‘centro per il rimpatrio’; Carta dei Diritti dell’Uomo dove sei? Protezione internazionale dei Rifugiati, dove sei? A Liubo, hanno tolto la sua fisarmonica cioè la sua vita, non può scrivere la musica che nasce e sgorga spontanea dalla sua mente e dalla sua anima, perché nessuno al momento gli concede nemmeno carta e penna; la Musica di origine divina non morirà mai, ma gli uomini sacri che la traducono per noi profani, non hanno il dono dell’immortalità terrestre.

Talassoterapia, terapia per il genere umano o terapia cura salvezza per il Mare violentato? Ilaria Greta Elena: tre Cerbiatte, tre Rubini, tre Progetti, sorellanza superiore, per un Futuro verde davvero; come sosteneva il mio amico Virgilio, contadino poeta: i Frutti migliori, sono generati sempre da Ottime piante.

Un futuro peggiore di quello distopico, quello ucronico: un globo apparentemente in pace, ma con due industrie belliche che attraverso armi micidiali e utilizzando come guerrieri eterni ragazzini geneticamente modificati e manipolati, mettono in scena una guerra perenne e quotidiana con battaglie violentissime, perché gli uomini dimenticano in fretta, hanno bisogno di vedere le atrocità e le vittime ogni giorno, in ogni istante, in presa diretta e soprattutto, vogliono odiare un nemico, per sua stessa natura eterno e invincibile. Sembra fantasia malata, sembra solo un romanzo animato nipponico, invece, ci siamo piombati dentro, mani e piedi e chissà se qualche ultimo erede discepolo memore di Houdini ci insegnerà a liberarci dal sacco di juta e dalle catene.

Ci trattano da numeri, mai primi, vuoti, da eterni adolescenti consumatori, elettori in gregge che eseguono gli ordini impartiti dai cani guardiani del Padrone. Ebbene orbene dabbene, come dicevano i profeti precursori del commercio equo e solidale – quello vero, non quello ipocrita lercio malefico delle multinazionali – , dovremmo cominciare a votare ogni giorno, con il portafoglio, meno pratico rispetto al lapis di grafite, ma senza tema di smentita più incisivo.

Storie di uomini e lupi che spesso e volentieri hanno esplorato gli stessi boschi, gli stessi sentieri, condiviso storie companatico destini; così Nicola, il Bimbo selvaggio del Mugello – selvaggio, nell’accezione migliore – di nemmeno due anni, dato per disperso nelle selve oscure della Toscana, è stato ritrovato in buona salute, a pochi chilometri da casa (piccolo grande esploratore):

forse proprio grazie ai pelosi quadrupedi, forse perché in una magica notte di Luna Piena, ha camminato e ballato insieme al Popolo dei Lupi.

E per una volta, viva gli Uomini, quelli che lo hanno cercato, trovato, soccorso.

Del domani, sul domani: magari, domani

Do mani, fossero tre sarebbe preoccupante; oppure, la voce del padrone fuori campo ci direbbe di stare tranquilli: naturale variante genetica.

La giovinezza che per fortuna fugge via in fretta – quanta fretta, ma dove corri, dove vai? – chi avrebbe voluto essere lieto, auspichiamo lo sia stato, amen.

Un trattato sul domani, temo ne abbiano già scritto troppo, in troppi, ma certo il domani di oggi, non somiglia a quello di ieri.

Del domani nessuna certezza, anche l’oggi – forse invidioso – comunque non scherza. Abbiamo abolito per legge o per decreto o per dpcm le certezze, non le limitazioni alle libertà; tanto la democrazia era già un simulacro, un’icona, abbiamo almeno in questo campo semplificato le vessate questioni. Tra vessati ci si capisce, magari senza solidarietà ché tra tartassati spesso si finisce per bisticciare – con espressione demodé – come i manzoniani galli di Renzo (singolare, RenzO, detto anche Fermo il Tramaglino),

Senza solide realtà – come era bello quando potevi abbarbicarti ai Sogni – senza punti di riferimento, com’era bello senza inquinamento luminoso contare le Stelle nei Segni, considerato che con il linguaggio basico dei social, l’elegante fondamentale punteggiatura si è estinta, anelo risorgere – i deceduti dopo la prima inoculazione di rimedio, esclusi ad honorem dalla seconda, salvo risorgimento – in forma e sostanza di Orchidea Epifita, capace di crescere e svilupparsi con meravigliose cascate di fiori rosa, attraverso radici aeree, che gentilmente si sostengono alle cortecce degli Amici Alberi, senza diventarne parassiti;

ché nonostante la fine dei tempi, di parassiti siamo saturi.

Meno male che il domani non muore mai, o così sostiene non Pereira, ma James, Brooke; sempre più spesso ricevono e/o subiscono amare sorprese coloro che in massa rivoluzionaria pro vacanze ad Alghero – massa sì, poco critica, in verità – si assemblano per sottoporsi allegramente al rito miracoloso: la gilda dei cerusici, assurta al rango di nuova casta religiosa di stato, nega ogni coinvolgimento – emotivo, poco di sicuro – ogni addebito (gilda propensa più alla riscossione), ogni responsabilità di effetti negativi.

Non c’è nesso, scarsa anche la connessione – carenza di fibre – perfino Nessie ha preferito declinare (paradigmi ellenici) per rimanere nel suo amatissimo Loch Ness; almeno lì, nessuno rompe l’anima con i rimedi. I quali, tra l’altro, a sentire gli affidabilissimi professionisti dell’informazione, andranno in vacanza: almeno loro, buon per loro e che il domani sorrida d’oro.

E se Domani, mettiamo anche il caso, auspichiamo redento, mai più cinico, mai più baro; baroni al bando, all’osteria dell’ostracismo, collettivo.

Domani, esso stesso in persona, se così possiamo dire, avrebbe smentito che i sieri magici possano rendere i sedicenti umani fosforescenti (sai che risparmio di bolletta luce, però) e/o magnetici come il magnetico robot per poi tuffarsi in coppia dentro Fontana di Trevi, oppure per essere tazebao viventi (mercato fondato sui lavoretti) di spillette turistiche.

Peccato, perbacco e per pinzimonio.

Domani voglio scoprire l’Isola del Tesoro, quella di Lino, navigare insieme a Lui, Artista troppo presto dimenticato poco riconosciuto, Uomo meraviglioso, navigare placidi ma vigili, inseguendo Nuvole di Vetro, nella magica rete di canali, quelli di Venezia. Un caldo tropicale dalle acque ci investirà, Elio nutrirà le nostre anime di notte, tra calli e sotoporteghi fantasma.

Domani andrà finalmente tutto bene e soprattutto gli Uomini della Terra faranno funzionare estrarranno dai forzieri la loro dote miliardaria, quella dei neuroni nuovi di zecca inutilizzati, più fiammanti della fiamma di Megalopoli – sommersi da inutili megalomani, magari fossero melomani – del Pireo, del Krakatoa1883.

Domani, a mezzogiorno preciso, aspettami, non mancare;

seee, Domani, ciao Gorgonzola!

Amelia, Mosè o del Tribunale (delle Acque)

Pagina bianca delle dimissioni, liquide, dimissioni di prova, tattiche, talvolta strategiche.

Caos smottamento shock, sostantivi e aggettivi convenzionali sensazionalistici li abbiamo usurati stracciati esauriti; sono tutti dallo psichiatra – il più bravo – ma al cospetto dello psicodramma più drammatico epocale virale, ha chiesto aiuto anche lui, da casa o da Marte sarà comunque gradito. Ultima ratio/speme che fugge i sepolcri, resterebbe il cyborg, ma al momento recalcitra temporeggia vagheggia.

Non sono previsti ritorni, però mai escludere sorprese impossibili; morire è solo migrare, molti universi, molto onore.

Sindaco di Roma, ministro della tv o velino con facoltà di opinione, non importa, una collocazione si troverà; come i beni nel paniere – rompere le uova nel paniere non è cortese – cambiano al mutare delle stagioni, così geneticamente si trasformano – trasformisti delle mie ghette – le figure pubbliche di riferimento, istituzionali, di prestigio, di conduzione politico sociale, intrattenimento: miii, che pubblica figura.

Se uno il liderismo non ce l’ha, non se lo può conferire, nemmeno per sporogenesi, prossimità ai Dolmen, immersione in acque benedette.

Cabarettista politicante presentatore scrittore, basta biechi ipocriti superati limitismi: libertà libertà libertà, ognuno sia ciò che capita, giudizi universali finali dall’Algoritmo.

Capita l’antifona – anti phon? – d’ingresso nello showbiz, anche Mosè il salvato dalle Acque ha immediatamente aggiornato catalogo e soprattutto tariffario: per tutelare Venezia dall’alta marea che compare e scompare periodicamente lunatica, anzi a fasi lunari alternate o programmate, ad ogni intervento fatturerà 15 milioni – tutto elettronico tutto regolare – a carico delle casse comunali. Del resto, se nell’antichità del Mondo Prima, Dogi incipriati e parrucconi celebravano lo sposalizio con la Laguna – Bucintoro, chi era costui? – per propiziare affari d’oro alla Serenissima, perché non riconoscere adeguato guiderdone alle bibliche competenze di Mosè?

Il principe della risata direbbe non ti pago, oppure sciorinerebbe movenze mossettine salaci battute di avanspettacolo – spettacolo molto avanti – e come risorsa finale: le banconote, quelle prodotte con alto artigianato dalla banda degli onesti.

Sia chiaro fresco dolce come acqua pubblica – di reputazione chiacchierata? – nessuno mi può giudicare, nemmeno il Tribunale delle Acque, organismo che, senza polemica né acrimonia, ha già le sue difficoltà nella gestione amministrativa dell’Oro Blu.

C’è nel Regno una Bimba in più, Amelia ti chiamerai Tu; non un nome casuale o per capriccio, designato assegnato a coloro che non sanno chi sono, né alla nascita né alla dipartita: sarai Principessa o Cosmonauta, Fiore o Poetessa, lo saprai decidere, percorrendo solo i Tuoi sentieri. Il destino nel nome, meglio: forgerai il Tuo destino, il Tuo cammino, ogni astro del Cielo, ogni Tuo respiro, rispettando sempre la natura del Tuo nome; viva Amelia, nata italica, non francese, saprai realizzare un mondo, meraviglioso.

Siamo creature anfibie, sorgiamo dalle acque, di acqua siamo composti per la maggior parte; forse per questo siamo soggetti all’influenza al potere alla suggestione di Selene che con il suo costante orbitare attorno al globo scandisce regola domina maree e cicli naturali.

Se non vivessimo ottenebrati dalla cupidigia, sapremmo che spesso un incantevole ruscello può causare mortali rivalità; Tigri e Eufrate, nella antica Mezza Luna fertile del Mondo Prima, assistettero sgomenti al primo conflitto per il controllo e il possesso delle Acque.

Condividere l’Acqua ci renderà liberi, salveremo Ambiente, Economia finalmente umana, Spirito; affinare sensi e capacità durante un grande pericolo è troppo facile, gestire il Mondo Dopo, la vera sfida: non basterà un giudice berlinese in tribunale, da creature liquide dovremo mutuare dal nostro elemento fondante e primigenio la capacità di adattarci al contenitore;

solo così l’Acqua non sarà solo forma, ma pura genuina semplice Sostanza.

Sentieri.

Doppelganger?

Quando ti appresterai a metterti in cammino, nella tua bisaccia non manchino mai lo yo-yo magico e la bussola; tutto il resto, lo troverai lungo i sentieri”.

Avevo un appuntamento? Come quello di HP, il Maestro Hugo Pratt?

Mi sembrava di sì. Un appuntamento al buio? O nel buio? Un appuntamento del Mondo Prima?

Un rimasuglio, una frattaglia, una ferita del Prima? Retaggi psicologici, some spirituali di epoche lontane irrecuperabili?

Appuntamento con qualcuno o per fare qualcosa? Forse mi ero anche scritto un appunto, un richiamo mnemonico a base di vecchio inchiostro sulle pagine di quelle antiche agende cartacee che le banche del Mondo consunto fingevano di consegnare in omaggio alla fine di ogni anno ai clienti migliori? Omaggi, dalle banche… Omaggi, esclusivi, solo ai clienti migliori.

Oppure avevo segnato questo presunto impegno nell’epoca delle follie digitali sulla memoria virtuale di qualche “fattapposta” elettronico?

Nebbia di Londra, nebbia padana, confusione nella testa, kaos neuronale, respiro affannoso, ancora, di nuovo, forse ero preda di un delirio da febbre equatoriale? Ero all’equatore?

Sempre, martellante, quella voce interna (coscienza? grillo sparlante? grillo mentale?) che impartiva ordini inesorabili indifferibili che rendevano categorico il ‘dover andare’.

Andare dove se l’ordine dall’alto era rimasto lo stesso: – Non muovetevi! E’ vietato ! E’ pericoloso! Tutelate voi stessi e i vostri concittadini! Chiudetevi in casa, mettetevi la museruola!

Pensavo ogni tanto, sempre più di rado, agli altri, ai sedicenti concittadini: esistevano ancora? erano ancora Persone? Da tempo non ne rilevavo tracce, non ne incontravo e del resto, come avrei potuto, senza possibilità, senza diritto di movimento?

Non udivo più da molto (o almeno questa era la mia convinzione) nemmeno i classici rumori del vicinato: il rasaerba dal giardino della villetta confinante, una assordante canzoncina commerciale ululante da qualche finestra del condominio dietro casa, o i toni sempre sopra le righe e sopra l’umana sopportazione di qualche battibecco tra coniugi smemorati ormai di avere scelto un tempo una sorte comune.

Non credo passassero più per le vie nemmeno i mezzi rumorosi e inquinanti e maleolenti della cosiddetta nettezza urbana per la tutela del decoro e dell’ambiente!

Tutto e tutti scomparsi, fagocitati dal grande, incombente, innaturale Silenzio assoluto.

Il mio doppelganger si annidava nel buio? Era lui il mio appuntamento con il destino, del destino?

Lo chiedevo ad alta voce a me stesso, per capire se avevo ancora una voce, se ero vivente.

Nessuna risposta. Silenzio, solo una sorta di respiro quasi impercettibile, un respiro interrotto, nelle tenebre senza soluzione di continuità e senza cuore. Ché un cuore di tenebra resta comunque un cuore. Era lì davvero o si trattava di una potente auto suggestione? Attendeva me? Per aggredirmi, ghermire la mia anima sdrucita e ormai quasi inutile? Inerte, intransigente, mi scrutava.

L’appuntamento era forse a Venezia, la patria adorata di HP? Serenissima un tempo, ora spettrale, senza più le offese di orde di turisti incontrollabili e senza auto controllo, senza la patetica rassegnazione degli sparuti indigeni, senza mastodonti meccanici a minacciare l’esistenza stessa della Laguna.

Tra calli piazzette giardini segreti sotoporteghi misteriosi mai segnati sulle mappe o semplicemente cancellati dalle memorie umane, forse avrei potuto finalmente incontrare Corto Maltese, gentiluomo di fortuna, e il padre nobile creatore, Hugo Pratt.

Forse, passeggiando in modo indo-lento, conversando amabilmente e senza la sciocca frenesia del dover fare e/o dover raggiungere, trio quanto mai improbabile e negazione di ogni geometria euclidea (geometria arcana e mercuriale, senza ombre ma con molti dubbi), con ponderate e giuste soste conviviali, tentare di risolvere l’enigma più astruso:

quello relativo alla scomparsa dell’Umanità.