Disperato erotico tramp

The oil machine (Mandrake o Goldrake?)

Pagina di Sir Mandrake, o, se ne avete necessità, Mandrache (Mandrake, alla romana!);

cioè colui che è in grado di organizzare una bella, buona, soprattutto efficace: mandrakata!

In questo terzo millennio ci avevano preannunciato trionfalmente la sparizione perenne di: fame (e sete), povertà, ingiustizie, virus. Come è andata a finire, lo sappiamo tutti, anche troppo bene, perfino quelli che per fedeltà a una ideologia – magara! direbbe sor Carletto Mazzone – o a una parte di qualcosa, non lo ammetterebbero mai.

Citare in dettaglio nomi, cognomi, circostanze esatte, sarebbe inopportuno e inelegante; sono le stesse persone, ad esempio, affrante dalla crisi climatica irreversibile – lavorando alacremente per le multinazionali globali – che in modo disinvolto entrano, partecipano, influenzano, decidono la nostra sorte nei frequenti summit internazionali che dovrebbero discutere e agire per salvare – tentare di – il nostro Pianeta.

Considerati i danni e in particolare la beffa, mi rivolgerei a Mandrake: se non il potentissimo mago a stelle e strisce – almeno… – opterei per il protagonista del fumetto erotico italiano (molto in voga, adesso) Goldrake, nelle edicole più malfamate, dal 1966 al 1980. Ispirato alle incredibili avventure dell’agente segreto di Sua Maestà, James Bond; nel fisico, molto somigliante a Jean Paul Belmondo: lui sì, saprebbe come trarci d’impiccio, impaccio o, perlomeno, baloccarci; assai.

Riflettiamo per qualche istante: viviamo immersi nel petrolio e suoi derivati al – se ci dice bene – 95%, tra plastiche e letali micro plastiche. Anche coloro che predicano il bio e il naturalismo, non riescono a campare indipendenti dal petra oleum. Eppure, lo abbiamo ‘scoperto’ solo nel 1850, siamo suoi schiavi dal 1900 in poi; l’Umanità si è giostrata benino, senza, per secoli e secoli, ma da un secolo e mezzo non riesce – soprattutto psicologicamente – ad affrancarsi da questa sostanza nata sotto il mare, protetta dalle rocce, formata in milioni di anni e riversata velocemente in atmosfera in questo ultimo scorcio di Storia. Un anziano e saggio scienziato ci avverte: quanto decideremo nei prossimi 5 anni, influenzerà la vita delle persone di tutto il mondo (speriamo) per il prossimo millennio. Basterebbe rammentare qualche cifra in libertà, senza arruolarsi per forza tra gli allarmisti: continuare a ballare sulla tolda del Titanic mentre affonda, significherebbe vedere verso il 2050 innalzarsi il livello del mare di circa 7,50 metri. Bangladesh e Vietnam, paesi che qualcuno fatica a individuare sulle carte geografiche, sarebbero sommersi, le risaie scomparirebbero. Cento milioni di esseri umani – gente come noi, per dirla tutta – più probabilmente, 200 o addirittura 300 milioni di persone, vagherebbero per il globo in cerca di un posto dove stabilirsi, di lavoro, di cibo. Chiedetelo all’attivista e regista irlandese Emma Davie, chiedete se la crisi climatica è solo uno scherzetto di pessimo gusto (Halloween…) o se davvero rischiamo l’estinzione, dopo un’era di indicibili tormenti globali. Chiedetelo ai protagonisti del documentario The oil machine (presentato in anteprima nazionale al Pordenone Docs Fest di Cinemazero, Pordenone), forse non vi riveleranno la soluzione, ma – questo è sicuro – vi illumineranno sull’annoso dilemma.

Per la crisi climatica, mi affiderei a Mandrake (alla romana), a Goldrake – non il disperato erotico tramp italiano, ma il robot di Go Nagai – eviterei di lasciare il mio futuro (meglio: delle nuove, fresche generazioni) nelle flessuose mani del vero, elegante mago Usa:

scoprirei, amaramente, che anche gli illusionismi appresi in Tibet, lasciano tutto come prima.

In ogni caso, attenti a non scivolare.

Buona Primavera e Buona Pasqua: senza trucco, senza inganno!

Sooner – crooner? – or later

Page of My great expectations, maybe: grandi speranze, grandi aspettative, in attesa sui marciapiedi della vita; me stesso o le speranze, in attesa dell’altra parte, sull’altro lato della strada.

Sooner or later, ti ritrovi all’improvviso sul lato polveroso, sconnesso (dal web finalmente) della via, quello dedicato in esclusiva ai paria della società; sooner di quanto tu possa immaginare, prima è meglio è, non si sa per chi; meglio affrontare l’accidente come un crooner, grande ineffabile swing e andare, a briglia sciolta, senza briglia, meglio ancora.

Se non vi garba crooner, apprezzerete chanteur de charme, anche se toglietevi dall’immaginario Alain Delon e il suo amico Jean Paul Belmondo, per tacere dei registi Nouvelle Vague (o Vogue?): un bel Mondo sul serio.

Come commentava Nonna Erminia, sicula di temperamento e forma mentis superiore, chi visse sperando, morì cantando. Magari non come Bing, Crosby, però accontentiamoci: cuor contento, qualcuno l’aiuterà.

Fare una passeggiata, sul lato selvaggio, con calma e compostezza: certo, non sono escluse correlazioni, non mancheranno i rischi e da Cernobbio, Mario caro, potresti finire in men che non si dica – cosa vorrà mai dire questa curiosa espressione? – a Chernobyl; ma tutto ormai è di dominio pubblico, visto che la conoscenza propedeutica alla de liberazione (trattato sulla) è negata per legge – siate etici, responsabili, altruistici – e una bella serie virale su qualche piattaforma non si nega a alcuno.

I processi della sedicente giustizia indigena talvolta endogena financo ansiogena hanno durate spropositate e collezionano salatissime multe continentali, eppure pare che questo spreco di denaro pubblico e questa palese violazione negazione di equità non susciti – sushi – indignazione, né presso la solita bieca stantia manica politicante, né presso i principali danneggiati, gli pseudo cittadini.

Para dossi dei tempi, non paradossi cronologico storici, proprio follie disumane quotidiane nelle cronache dal Mondo Dopo: il rimedio miracoloso pensato progettato sperimentato nel fu Belpaese molto probabilmente non nascerà mai – dove sono ora i pro vita mea, li mortacci tua? – causa mancanza di supporto supposte monetarie, causa mancanza di cavie bipedi, già troppo inoculate dagli intrugli forestieri, poco avvezzi poco propensi poco collaborativi nel sottoscrivere liberatorie con le quali si accollano collari rischi conseguenze, fisiche e economiche, del rito magico.

Paradosso al cubo: gli stregoni ammettono che per almeno altri due anni i loro magici rimedi avranno lo status di sperimentali, ma ormai la Gente crede che dopo 5 miliardi di inoculazioni, tutto sia a posto, normale, risolto e quindi il babbeo che sosteneva: molto più facile ingannare un Popolo che poi convincerlo di essere stato ingannato, può andare a coricarsi per l’eternità, picconandosi da solo.

In guerra e in amore, secondo il vecchio adagio – se è antico, adagio per forza – tutto sarebbe lecito; figuratevi voi se Marte e Eros dovessero stringere un patto, un’alleanza per costringere i riottosi a piegarsi alla suprema legge del bene – già scritta così, suona lievemente coercitiva – con accorate lacrimevoli missive, portate diffuse dai latori degli Alchimisti; missive che invitano, ora con toni tragici, ora con toni minacciosi, a riflettere sull’importanza del sacrificio altruistico. Missive, forse autentiche, forse apocrife, vergate in stile non dissimile dalle grida dei Signorotti delle Gilde – cartacarbone, ciclostili di un Mondo andato – capaci di commuovere, come nemmeno il buon Mario Merola, re della sceneggiata fu mai capace. Un trionfo, un capolavoro di letteratura dolorosa.

Celebriamo il connubio tra jazz e blues, per congedare il pubblico, in bellezza: Perry, Como fai a incantarci ancora?

Como vorrei che Tony, Emilio e Johnny formassero il Trio confidenziale della Meraviglia e poi un Ensemble con Natalino, Frank e Michael, senza mai tralasciare Ella, Ida, Liza.

Chi mi ama, mi segua, disse il Bel Tenebroso: fu così che s’incamminò, fischiettando ‘solo me ne vo’ per la città‘.

Sognando, cercando, sperando, in tutti quelli che più non aveva, mentre la folla mascherata ignorava il suo dolor (forse, un sassolino nella scarpa).