Orante

Pagina orante, meglio: dell’orante. Da non confondere con orate, per evitare commistioni forse blasfeme, però umane, umanissime, tra sacro e profano.

Se quell’orante – non odorante, forse ignorante, come siamo tutti noi fragili mortali, immortalati da troppe immagini, pochi gesti – è colui che prega, adorante nei confronti della meraviglia dell’Universo, dovremmo riscrivere un pochino di paginette sulla storia del senso religioso insito nell’anima dei bipedi, molta moltissima storia del nostro rapporto millenario con il Sacro.

Pregare sempre – potrebbe essere il titolo dell’opera – senza stancarsi mai: orate et (e)laborate, senza accampare affanni. Possiamo tentare con impegno e con convinzione di distinguerci, di appartarci dalla massa, dalla società di massa e di masse, ma nonostante indicibili sforzi anche noi siamo massa, nella massa e qualche volta messa. Impossibile restare ai margini, facile cadere preda dell’emarginazione e le differenze non sono dettagli marginali.

Una storia d’amore adolescenziale che attraversa le epoche, può resistere agli urti della cronaca spicciola, non alle mutazioni del cuore; si possono sostituire i fatti con le opinioni, renderli equipollenti, ingannare la memoria dei Popoli, soprattutto quando i Popoli sono emotivi e geneticamente senza memoria a medio, lungo termine, ma i fatti in se stessi, restano integri: nei millenni, cristallini, adamantini. Le risposte sono Altrove, seguendo giovani impavidi che camminano sulla battigia, andando incontro ai flutti, per abbracciare alte spumose onde ribelli.

Non sono in grado di stabilire e valutare similitudine e parallelismi tra Riace – mi rammenta qualcosa, una vicenda di migrazioni che ci accomuna e ci affratella molto più di quanto si possa ammettere nelle banali temperie quotidiane dei nostri tempi – e San Casciano dei Bagni; certo, senza tema – ma ispirando molti opportuni temi scolastici – di smentita, possiamo considerare quei bagni di fango e acque calde davvero salutari e propizi di lunga vita, se 2300 anni vi garbano e non vi sembrano eccessivi, o addirittura noiosi e insopportabili.

Lineare A, Lineare B, Aramaico, Etrusco: puoi rivolgerti a gogol traduttore – meglio Gogol, ha più familiarità e attitudine con le anime dei trapassati – oppure alle equipe delle magnifiche e magnifici studiosi che queste cose, anzi lingue, conoscono e frequentano con impegno e assiduità; siamo il paese, baciato dagli dei, che detiene il 70% del patrimonio artistico mondiale su suolo, per tacere di quello sotterraneo, mai individuato, né trafugato dai tombaroli professionisti – non esistono più i tombaroli di una volta (CIT.) – e che ci racconta di civiltà e genti di origini svariate che per vicissitudini varie e eventuali si sono amalgamate, producendo cultura e autentico progresso. Senza inutili spiegoni o pipponi pseudo dotti.

Facce di frolla (magari!), facce di bronzo abbondano in ogni epoca, ma queste che sono giunte fino a noi attraversando gli eoni e le dimensioni spazio temporali, sono davvero portentose; chissà se meritiamo questo prezioso carico residuale, recapitatoci dalla storia e dalla sapienza e dedizione delle/dei Sapienti, o se il carico residuale, sempre troppo esteso, sempre insopportabile, è costituito solo dalle nostre vergogne.

Sono questi scavi archeologici, gli unici cunicoli che ancora dovremmo autorizzare attraverso i nostri già troppo martoriati territori e fondali. Subsidente sarà lei e tutta la sua famiglia: trivella trivella, qualcosa resterà?

Un tempo la preghiera laica del mattino consisteva nella lettura della mazzetta dei quotidiani, oggi, forse, meglio astenersi; meglio abbarbicarsi a preci dedicate alla sacralità della Vita, con le note di Ennio, immortali musiche nel vento, o con i brani di libri steineriani (Steiner, Marco, Amico di HP e Corto Maltese): qualche segreto magico emergerà, qualche nuovo orizzonte sarà finalmente illuminato.

Mentre troppe guerre sono padrone della Terra – per citare il Povero Cristo di Vinicio Capossela – vorremmo trasformarci in quel gruppo bronzeo orante, per chiedere una grazia, grande:

non essere più strane macchine che sbattono le une contro le altre (PPP docet), ma tornare semplici, meravigliosi esseri umani.

Nel cielo vespertino, nel mare intestino

Sabato del villaggio, chissà come si vive nel villaggio al sabato.

Cielo vespertino, primo astro della sera: una magnifica illusione, il primo astro il più alto una stella morta che irradia Bellezza nel cosmo anche dopo migliaia di anni luce dal trapasso.

Il collasso di una Stella, tragedia, ciclica necessità o benedizione?

Vorrei essere quella scia di vapore – più o meno innocuo – di quell’aereo che strumento illusorio anch’esso ci fa credere di essere i signori e padroni del Globo; vorrei essere quella tremolante momentanea scia che riverbera e rifrange gli ultimi bagliori di Elio vagabondo imperatore del nostro sistema solare; doppia illusione – meglio di certe dosi doppie, di schiaffoni morali – ma che estatica meraviglia, che impagabile sorsata di Vita.

Spariamo razzi nel blu, inseguendo meteore e pianeti, dimentichi, smemorati – del legno e della clorofilla – di tutto, del tutto, di noi stessi, della nostra humanitas, in primis.

Sabato livido, la ferita qualche volta si sutura, i lividi e le cicatrici mai; come diceva quello: migliaia o milioni di morti causa guerre, fame, epidemie – soprattutto di ingiustizia e sfruttamento – sono algida statistica, un solo soldato o ministro del Dogma caduto in qualche battaglia, diventa un lutto nazionale/mondiale, un martire perfetto per imbrigliare il sentimento, le anime in subbuglio delle masse.

Come se le Donne e gli Uomini, i Bambini e gli Anziani, Migranti, transitassero solo attraverso il nostro piccolo mare, ci siamo colpevolmente ipocritamente disinteressati di tutti gli altri sentieri di tutti gli altri mari; chissà se ogni vittima che annega e precipita sui fondali marini, come avviene nel Firmamento, si tramuta in una stella degli abissi, pronta a donare nuova vita, altra bellezza, ma anche a richiamarci alle nostre non più differibili, enormi responsabilità.

Come ammonisce Don Di Piazza – novello Fra’ Cristoforo – l’Avvento della vita nova, non è misticismo, contemplazione, culto dell’effimero, ma dialogo con noi stessi, tra noi della auspicabile razza umana, confronto sincero con la dimensione metafisica, preghiera attiva, azione per il bene comune che diventa:

la forma più sublime e nobile di preghiera e gratitudine per l’Universo, per la Gioia della Creazione e del transito terrestre.

Di platoniche lezioni: tra Atlantide, Occam, rasoi

Pagina del Rasoio: di Occam.

Occam del Campidoglio? Credo di no, con tanto rispetto e immutata ammirazione.

Guglielmo di Occam, chi era costui? <<Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora>>. Mi perdoni Maestro, non rumino molto il francese.

Forse il diabolico barbiere di Fleet Street, quello che talvolta vorrei essere anch’io.

Tra una fredda, precisa, netta rasoiata e l’altra, applicare un sacro principio di ragionamento, discernimento, comprensione, forse; morta l’empatia, da tempo nel tempo sepolti il conflitto di classe, diritti umani, dei lavoratori e solidarietà sociale, al cospetto di un ventaglio, di una ridda, di una miriade di ipotesi, a parità di fattori, la spiegazione più semplice è sempre quella da preferire a tutte le altre. Vi fidereste nella vita quotidiana di chi sottoscrive contratti al buio, senza conoscere dettagli, diritti, doveri, senza sinallagma, senza cognizione alcuna delle conseguenze legali? O lo classifichereste, nell’ipotesi migliore, un beato ingenuo?

Resterebbe così abbastanza tempo per agitare bacchette magiche da direttori d’orchestra, veri, per bacchettare sedicenti giornalisti bacchettoni che inneggiano alla cura turca contro Curdi e Migranti – magari, per espiare, condannarli a vivere e lavorare un anno dentro il regime di Ankara, quei giornalisti – orchestre sociali nuove, solo dal vivo, vive, in presenza, ché la distanza fisica antropologica rende non solo più ruvidi – orsi, magari! – ma egorroici, stupidi, paranoici.

Akio da Tokyo a Portus Naonis: quattro pilastri quattro punti cardinali quattro fantastici cardini della vita, professionale e umana, nell’ordine che preferite, ma attenzione e massima cautela, perché se invertendo l’ordine dei fattori, il risultato non cambia, l’omissione – o’ missione – inficia il tutto; passione, spirito d’iniziativa, condivisione, raggiungimento graduale di obiettivi misurabili.

Riuscire a visitare l’Africa del Nord (in Africa esiste un nord?) spietati regimi liberticidi e inumani, senza accennare nemmeno in modo vago casuale erroneo, all’importanza di rispettare Persone e Popoli, per riattivare invece i soliti sospetti opachi contratti, sul criminale commercio contro l’Umanità che garantisce profitti ai fabbricanti di armi, agli spacciatori di petrolio.

Vagheggiare sulle lezioni platoniche, non virtuali, ma di Platone in carne ossa materia grigia:

scoprire con gioia e gratitudine quanto avesse ragione su infiniti argomenti, non solo filosofici, ma scientifici, storici, geografici. Lui sapeva conosceva la mitica – per noi – Atlantide. Isola o quasi isola che forse non c’è più, nel Mondo Dopo, ma c’era, fu vera gloriosa concreta, migliaia di anni prima della venuta di Cristo: una storia narrata e tramandata in forma orale, poi con parole scritte, oggetto di incauti commenti ironici, avrebbe trovato nel Mondo Dopo una clamorosa conferma, grazie alle mappe geofisiche tracciate dai satelliti robotici che volano, spiano, ma studiano il nostro ancora – per fortuna- misterioso Pianeta.

Satelliti più simpatici di certi droni sciocchi e delatori, abbattuti a fucilate da alcuni isolani. Atlantidei sopravvissuti nei millenni grazie all’Albero della Vita, sempiterna? No, coriacei, indomabili Sardi.

Caro Paul, infermiere della Scienza, davvero incredibile che organismi semplici e simpatici quali i lieviti siano imparentati in modo stretto con noi bipedi che ci riteniamo complessi, superiori, padroni; tutti gli esseri viventi hanno un’origine comune, appartengono alla stessa famiglia, perfino affermazionisti populisti sovranisti, loro malgrado. Anche se poi si finisce per parteggiare per i lieviti graziosi che ci regalano: pane birra vino.

Mai confondere scopo e finalismo; Signorina, mi consenta, al suo sembiante al suo cospetto mi fletto: io l’amo. – Ottimo, se avesse anche la lenza potremmo almeno garantirci una dieta ittica.

Arie d’Artista, arie d’Opera, forse come la Madama Butterfly un bel dì vedremo spuntare un filo, di nuova umana intelligenza;

al momento, meglio restare accorti, non per etica, ma per prudenza: con l’editing genetico si sa dove si comincia a baloccarsi, si ignorano gli effetti finali. Nel dubbio, mai dimenticare, nemmeno sulle mozzarelle in carrozza, gli affetti personali.

Proprio come certi rimedi, anche senza rasoio, ormai senza filo (non di fumo), di Occam, o, in alternativa, di Sweeney Todd.

Jet Lag o Getsemani

Pagina del Jet Set.

Jet? Set? Tra aerei e produzioni cinematografiche, in bilico: non era tutto bloccato? Falò delle vanità, illuminaci d’immenso d’incenso di senso, pratico soprattutto.

Pagina di Jet Robot, cuore d’acciaio – quello era Jeeg, ma vale lo stesso – cervello, umano, troppo umano: tre amici, un solo corpo, ché abbiamo dimenticato quanto sia l’unione a conferire forza.

Jet Set mellifluo suadente superficiale, da non confondere con ‘Jetsemani’ – o era il celebre gruppo tarantolato dei salentini Getsemani? – il giardino dei.

Non vorrete picchiare sempre e solo chi dorme ai piedi dell’albero, anche il miscredente che dorme sul ramo; se nel frattempo, si fossero scambiati di posto, pazienza; un cornuto da mazziare, bisogna sempre individuarlo.

Teoria dei colori, lunga teoria di colori, ma se Greci e Romani e Arabi e Persiani, a caso a vostra scelta, rinascessero oggi, nel Mondo Dopo, verrebbe fuori un intricato vespaio ché la Torre di Babele al confronto sembrerebbe una candid camera organizzata con copione blindato.

Dietro lo specchio, Nanni Loy o Nanni Moretti – un impenitente osservatore di costumi scostumati o un altro papa dimissionario? – magari l’ombra del solito sospetto, la parvenza, la larva della mia identità, alla deriva senza avere mai vissuto una vita da Lupo del Mare; solo oniriche illusioni con Melville, Conrad, Salgari, H.P. quello vero, Mastro Hugo Pratt.

Torna il caleidoscopio della pandemia, la tavolozza dell’emergenza, ma potremmo discutere a lungo su temperatura, qualità, quantità, luminosità, opacità di tinte colori intenzioni? Chi è candido, non esiti a candidarsi; se davvero è puro indossi la veste e non la maschera sbiancata. Era più onesto Casper il piccolo fantasma o lo sventurato Fantasma di Canterville? Albus Albino Alboino, silenti: chi tace acconsente o si astiene dalla indegna gazzarra per intasare sempre più lo sciocchezzaio mediatico quotidiano?

Giallo urlo di Munch, o Rosso scandalo, come Gilda atomica, nei sensi, i 5, delle curve pericolose? Anche se bianco, rosso, oro sono i colori che ci dovrebbero accompagnare verso la Rinascita – non rinascente, mi spiace per il commercio globale, ma i templi erano saturi di mercanti e carabattole e sono stati abbattuti.

Non sarà il canale di Suez di nuovo navigabile, grazie a un Mastro Lindo qualsiasi, a restituirvi il sedicente scettro.

Jet lag, jet lag, chi sei tu jet lag o Mick Jagger? Rolling Stones Stonehenge Stone Age; Phileas Fogg o Ulisse, sfida finale per decidere il vero, unico modello del Viaggiatore del III millennio, con il persistente convincimento che il migrante dall’Afghanistan all’Islanda – bombe e vulcani permettendo – sia ormai il solo che meriti di fregiarsi con l’agognato titolo: la partenza, l’arrivo, il percorso rapido senza intoppi, sono importanti, per i turisti della vita, la propria in prima istanza.

Martedì palindromo, 30/03: intellettualismo sbandierato, ignoranza manifesta; non so cosa significhi il dotto vocabolo, non posseggo alba né tramonto, di significato significante, semantico simbolico metaforico, però mi consola e conforta che i grandi professionisti dell’informazione e della scienza siano ripartiti di gran carriera – la loro – estraendo dalle fondine le mai dismesse metafore belliche.

I Popoli fornivano preoccupanti sintomi di risveglio, dal torpore dall’incantesimo dall’ipnosi del terrore.

In una fresca e luminosa mattinata, riuniamoci sul Gargano, tra frammenti di preistoriche preziose selci e sagge Streghe inascoltate, tra le fronde di Colossi Millenari: impariamo da loro l’arte della Vita in uno dei giardini ancora esistenti dei semplici giusti Getsemani.

Non camperemo mille anni, camperemo meglio e finalmente liberi, perfino dal jet lag.