Domenica – celebrazione della e almanacco del giorno dopo o del giorno dopo giorno – dì di festa;
di festa, l’ho detto.
Prudenza, sempre e comunque, come insegnava il Principe Totò: a maggiore ragione – a ragione maggiorata – durante i dì (detti plurimi varj e anche eventuali) di festa, per evitare che si trasformino nei dì della festa, di qualcuno, ignaro o meno, consapevole o consenziente, auto votato (come certi politicanti) al martirio, che poi diverrebbe assai poco festivo.
Le preposizioni sono importanti, come le parole; le proposizioni anche, come le proposte: pro posizioni oltranziste, propositive, umanitarie, senza tralasciare le pro posizioni tantriche, ché la realtà si compone anche di gioie sensuali reali.
Al ballo di Adriano – o a quello di Simone? – non sono stati invitati i Pitti (nemmeno i Putti i Puttini le Puttine, ma grande è la confusione ormai sotto e su, nello stesso Cielo), mancanza di tatto, penuria di feluche, ma è come se un invalicabile vallo di incomunicabilità fosse stato scavato tra noi e loro. Se una delle grandi lacune dell’Umanità è rappresentata dall’esistenza dei confini, aboliamoli! Per legge universale. Abbiamo abolito leggi e principi della fisica e della biologia, con leggi giuridiche miracolose, capaci di rendere sostenibili ed ecologici gli orrendi fori nella crosta terrestre e nei fondali marini, di trasformare l’organismo dell’uomo in quello di Superman, resistente ai veleni nell’acqua potabile e nell’atmosfera, saremo in grado di scrivere, anche male, anche letterariamente cacofonica, una leggina per cancellare uno sciocco tema divisivo? Divisivo, nelle accezioni più ampie e variegate dell’aggettivo.
Se a Roma durante le ottobrate più calde e luminose cammini per le vie del quartiere africano, potresti avere la sensazione di essere nel centro di Massaua, Addis Abeba, Asmara, non sempre non rigorosamente in questo ordine geografico urbanistico antropologico; non giurerei nemmeno sulla sensazione, nel senso che potrebbe essere realtà, grazie a quella sorta di incantamento che fluttua e vibra nell’aria capitolina pre autunnale.
Un piccolo peschereccio, forse ormeggiato forse alla deriva nel mare finlandese, durante un tramonto identico per luce e colori a quelli stupefacenti, visibili dal Giardino degli Aranci, quando il Fiume il Mare il Cielo si confondono e si fondono e non si capisce cosa rispecchi cosa: la mente trema di passione e dubbio, perché resta un mistero se quel natante stia galleggiando sull’acqua o sia sospeso, liberato dalla gravità, nelle particelle atmosferiche; illusione ottica, magia dell’immaginazione, dimensione onirica, ove tutto è vero, soprattutto l’improbabile, dove tutto può accadere.
Potrebbe accadere che un esplosivo rigurgito solare del 13 settembre, colpisca o lambisca o raggiunga anche solo per mero turismo dilettevole il pianeta Terra; gli astronomi al momento non sono in grado di fornire risposte certe – ma stanno calcolando traiettorie cosmiche a 360 gradi – in ogni caso, se e quando, il tentacolo fiammeggiante dovesse avvicinarsi, sarebbe arduo imporgli di esibire il lasciapassare verde, Lui ha già di suo il Sun Pass.
Caro Maestro Gustavo, dialoghiamo insieme passeggiando nel porto antico di Trani, parlami spiegami ancora il Qohelet: dimmi cosa sia – oggi ieri e domai l’Umanità, o ‘casa accogliente’ noi crediamo possa essere – regalami gli strumenti per orientarmi tra tenebra abbagliante e luce ottenebrante, per raggiungere se non la letizia plena, almeno una briciola di grazia per abbracciare i segni della, dalla Vita, come appunti per un’esistenza dignitosa.
Ricky Shane al Piper di Via Tagliamento – che nome pericoloso e foriero di ardore bellico – cantava a sua insaputa e molto ante litteram l’inno dei dubbiosi, insieme all’amico Bob, uno dei No Pass, No siero, anche No pasaran; incredibile quanto i criminali pronti a controllare e deturpare le vite, le menti, le coscienze delle Persone, siano pronte a utilizzare miriadi di simbologie subliminali negative, mentre deridono e condannano al rogo coloro che vedono limpidamente la Realtà, infangandoli con calunnie indecenti.
Quando sono senza conforto, senza speme, invece di spremere inutilMente meningi proprie e altrui in pensieri indotti asfissianti, mi abbandono alla corrente energetica, mi tuffo e mi lascio trasportare da onde gravitazionali diagonali, immagino sogno desidero di balzare in un’altra dimensione, ma in qualità, identità ontologica e fisica di lumaca, lumaca di cortile, da cortile, cortese presenza nel giardino delle Parole e dei Silenzi:
ponderosa e lenta per Natura, per necessità, per scelta; lenta per corbelleria popolare, chiedete ad Achille piè veloce se sia mai riuscito a raggiungerne una, riflessiva, ma in eterno spostamento, capace di variare punto di vista, di gioire di ogni minimo passo, lasciando una traccia di bava non per inquinare, ma per aprire un percorso anche mnemonico, un percorso per altri esseri viventi, un sentiero per farsi rintracciare dai suoi simili;
una via per ritrovare sé stessa, durante trasmigrazioni cosmogoniche, o nei momenti di confusione smarrimento crisi.