Lettera bacio testamento

Lettera a Te, caro carissimo Fedor.

Hai molte colpe, a partire dalla nazionalità di nascita: ucraino, russo, russo ucraino, viceversa o all’unisono. Che confusione, sotto il Cielo tutto è ingarbugliato, l’animo umano e la mente sempre più, all’ennesima potenza, dell’impotenza congenita.

Come in una fulminante vignetta di Mauro Biani, Tu pensavi molto, troppo, e, soprattutto, scrivevi; questo ha decretato la Tua condanna postuma, oltre a quelle subite in vita per le tue idee libertarie, poco gradite al regime degli zar. Qualcuno dice che la storia – a differenza di Paganini – offre repliche: la prima in forma di tragedia, la seconda con l’abito della farsa. Noi, qui, siamo giunti all’idiozia conclamata, dispiegata, rivendicata con orgoglio.

Incredibile quanto le tue opere contemplassero e analizzassero con il pantascopio dell’intelletto tutte le nevrosi, i limiti dell’uomo moderno; schiacciato dalla geometrica potenza degli edifici urbani, spersonalizzato dalla massa che sono tutti, tutti contro l’individuo solo, monade inadatta, incapace di reagire agire affermare un proprio pensiero, assalito dallo spleen, dalla noia del vivere che si muta spesso in risentimento, in odio anche per le offese non ancora ricevute e che rischia di tracimare in volontà di auto cancellazione o di annientamento dei propri simili.

Capisci anche Tu che meriti il rogo, la condanna alla damnatio memoriae.

Come la cultura latina, come Dante, come lo stesso Luigi Pirandello: ammirati, studiati in tutto il mondo, ma oggi meritevoli del marchio d’infamia, meritevoli di essere messi al bando, all’indice, rei in toto di non avere mai preso le distanze dal regime fascista, espressione impura di una pseudo cultura, autoritaria repressiva coloniale. Tié.

Si resta poi sbigottiti al cospetto dell’arrogante impudenza con la quale certi politicanti, ex o in attività, pretenderebbero anche applausi e patenti di santità per i loro ruoli, alquanto opachi, di consulenti speciali per aziende nazionali, auto proclamati, auto innalzati paladini dei prodotti indigeni sui mercati internazionali: misteriosamente, quasi sempre, tali prodigiosi prodotti sono armamenti letali o fonti fossili inquinanti di energia; mai parmigiano e prosciutti, per fornire un esempio banale, ma saporito assai.

Il tempo scivola via: come i Nomadi vorrei cantare non è stato tutto inutile, ma che le bombe non siano propense all’ascolto delle altrui ragioni, lo sapevamo prima di costruirle e venderle; mi preoccupano di più le sordità intellettive selettive delle degli smidollati smidollate in teoria rappresentanti del mondo dei buoni. Invio un bacio al cielo, consapevole che scrivere missive non sia mai stato una questione semplice; scrutando lo spazio, spero possa un giorno arrivare, da qualche galassia indipendente, l’Arcadia di Capitan Harlock.

Se fossimo costretti a vergare un testamento – soprattutto spirituale – sarebbe confortante, auspicabile applicare il metodo Ennio (Morricone, assai simile a quello del Manzoni):

pensarci su, al cospetto della pagina intonsa e bianca, pensarci bene, per poi regalare all’umanità bellezza senza tempo, bellezza autentica, bellezza universale.

Come una musica inafferrabile, nel vento astrale.

Zulù nella Giungla

A Fanna affannati, appannati, nella vista nella mente nel fisico.

In Pedemontana, cercando meravigliosi Muli, intelligenti parlanti infaticabili alpini, nella chimera di sfuggire all’innalzamento dei Mari, cercando antichi campi di calcio, per campali battaglie calcistiche, con tutto il paese pronto a intervenire, in caso di sconfitta.

Chiesette sgarrupate, campanili sghembi ove risuonano campane di bronzo, fantasma.

Niente (di) male, purtroppo anche per questa settimana, niente gusto Malaga, nelle gelaterie artigianali del territorio; peccato, non tutti i vecchi gusti meritano di finire senza gloria rottamati.

So quello che faccio, faccio quello che so, o, almeno credo m’illudo; faccio quello in cui credo, mente ferma, fermaMente: peggio mi sento.

Mai scorderai la chitarra e l’attimo in cui tutto cambiò, l’aria si fermò e gli avvoltoi e i cecchini, sui tetti delle case, sulle colline, sopra attorno alla città; arrivò il generale Inferno – anche un po’ infermo, senza discriminazione, sia mai – senza disco, con il categorico obiettivo di inoculare tutti, per forza d’amore, o per amore o per forza;

non disperdiamoci in chiacchiere.

Gas da inalare, questa la geniale soluzione per distribuire meglio i miracolosi rimedi, come in quel vecchio film di HitchcockIntrigo Internazionale, roba riservata ai veri komplottisti – stormi di aerei sopra i centri abitati, ma anche sopra distese agricole, foreste, mari, catene montuose: tutto in un colpo unico, anti crittogamici e elisir batteriologici la nuova Umanità sarà servita, di barba e capelli. Effetti collaterali pochi, q.b., quanto basta, quanto basta a loro; si sa, non pretenderete di ottenere il progresso senza corrispondere una giusta mercede(s?), vero?

Il cetaceo nuota placido nelle acque verde smeraldo, si avvicina lentamente, con giustificata prudenza, qualcuno dice con rispetto; nuota sotto la barchetta di una coraggiosa Donna solitaria, una danza cerchi concentrici, senza aggressività, senza gesti di nervosismo o paura per alcuni minuti; anche una lieve spintarella alla minuscola imbarcazione pare più una sorta di giocoso invito a interagire che una baldanzosa provocazione: sembra quasi che tra il gigantesco mammifero e la rappresentante umana si svolga un dialogo, in un codice arcano antico eppure comune, come se la lingua originaria delle Creature del Mondo fosse ancora inscritta, dentro ognuno di noi, depositata con cura dentro il DNA.

Pane tanto pane, quantità quasi infinite di pane, ricavato dalla plastica riciclata: forse fantascienza, eppure nelle fabbriche segrete di Indastria, ultimo avamposto urbano tecnologico dopo la grande ondata nucleare, Conan ragazzo del Futuro, assiste proprio a questo ‘miracolo della scienza’ (va così di moda, la scienza miracolosa): sarebbe un vero bel colpo, perché in un solo colpo risolveremmo il problema dell’inquinamento da plastica e quello della fame; ma forse, per il secondo, dovremmo solo imparare a dividere il pane quello disponibile, evitando che nostri Sorelle Fratelli finiscano a vivere gettati a terra per le strade delle città o accampati dentro immense discariche di monnezza, come fossero rifiuti rifiutati, scarti della razza umana, così egoista da non accettare in primis i limiti, naturali.

Ah cosa sarà mai questa crisi, cosa saranno mai questi limiti?

Quelli descritti da Agatha Christie, anno fatale o di grazia, a seconda dei conflitti d’interesse, 1970: quando la scienza, nuova religione di stato anzi di globo, crede di potersi baloccare oltre, oltre ragione oltre etica oltre metafisica, rischia di diventare non solo fonte di mali indicibili, ma arma finale di fine di mondo. Un’autentica complottista ante litteram, questa Agatha; Agatha, Tu mi stupisci.

Perdersi nella Giungla della Realtà, insieme agli Zulù di lingua Bantù, (ri)scoprire la superiorità della civiltà africana, pensando agli articoli di Antonio Gnoli, all’incredibile identità di vedute sulla vita dell’Uomo e della Donna nelle opere di Dante, Proust, Joyce: l’esilio o il peregrinare senza fine resta l’unica patria senza confini, infinita come la grandezza di queste menti che ci interrogano con le loro profezie e ci mostrano come questo Mondo Dopo sia già al passo d’addio, “allo stadio finale”, ma solo per convincerci dell’urgenza di edificarne uno nuovo:

forse migliore, forse più umano.

O, semplicemente umano.

Lucciole lanterne deserti farfalle

Pagina dedicata alle Lucciole, le poetiche oniriche lucciole.

Noi siamo come le Lucciole, viviamo nelle tenebre: una dedica musicale alle gentili antiche peripatetiche. O agli insetti volanti che nelle notti di primavera estate – in quel Mondo leggendario nel quale ancora esistevano addirittura le quattro stagioni – facevano volare la nostra fantasia, accendevano nel cuore e nell’anima speranze illusioni passioni, ci facevano vibrare in armonia con il Creato, diapason umani, ci rendevano consci felici di essere vivi, ci regalavano frammenti di Vita, ancora più veri vividi intensi.

Siamo spenti dentro, la nostra aridità sta spegnendo anche le care preziose Lucciole: distruzione dell’ambiente adatto alla loro riproduzione ed esistenza, iper inquinamento luminoso, decreteranno presto l’estinzione dell’ennesima specie, folle corsa finale al depauperamento definitivo della biodiversità terrestre.

Perfino dal Deserto, quello vero, quello del Sahara giungono messaggeri di Vita e di Speranza, auspicando che non debbano imbattersi nel loro volo con certi leaderini nazional populistici: pretenderebbero l’immediato rimpatrio, se non il cannoneggiamento da parte della nostra triste contraerea. Farfalle, multi cromatiche Farfalle, danzanti Farfalle. Vanesse del Cardo, tenaci capaci di volare per 12.000/14.000 chilometri tra andata e ritorno – anabasi/catabasi non le distinguo dall’arcaico 1989 – per raggiungere la Scandinavia partendo dall’Africa sub sahariana, dove l’aumento di vegetazione durante l’inverno favorisce la ricerca di cibo e garantisce la giusta atmosfera per continui, frequenti accoppiamenti.

Dal Sahara alla Scandinavia, sulle ali dei Venti e dell’Amore.

Vaneggiare vanesi evanescenti; nuovo o vecchio conio, lessicale monetario farmaceutico (oggi sceneggiata napoletana, con la variante Funiculì Funiculà, virologi musicali d’eccezione: i Tre Tenori, quelli veri); si fa presto a dire petaloso, ma fu vero neologismo o ennesimo espediente markettaro? Ai poster e soprattutto ai voluminosi tomi linguistici delle accademie – non tomini piemontesi con crusca – l’ardua sentenza, a meno che non vogliate interpellare direttamente Durante, quello con il naso adunco, con il fiuto per i lemmi, aquilino quanto basta, quello degli Alighieri (Noschese? Ottimo funambolo delle Parole anche lui).

Pochi scherzi, ci si può fregiare del titolo di campioni lessicali, solo e solo quando le parole forgiate dalle nostre cape fresche resistono e sono utilizzate di frequente per almeno due generazioni; tanti gli improvvisati, pochi i veri Artigiani lessicali; apriamo la carrellata americana alla Sergio Leone con Dante in persona, con inurbarsi, nel senso di entrare in città, magari civilmente e non da bipedi poco o punto inurbani; Antonio Zaroto, davvero un bella scoperta, più che bello un tipo, anzi tipografo, capace di inventarsi il nome del proprio mestiere miscelando elementi greci e latini; il caro Giovanni, Keplero cui chiedere di farci da Satellite, spia per rivelarci le nostre magagne più gravi, satellite della regina, non solo sulla scacchiera del gioco, ma su quella della Vita; sperando che Antoine – Ti hanno tirato le pietre? – Lavoisier (accidenti alle Sue Leggi!) ci conceda ancora ossigeno, soprattutto per il funzionamento delle sinapsi; che la dynamis – forza di greca, classica memoria – sia con Te, Alfred Nobel, esplosivo inventore di polvere pericolosa, ma anche di riconoscimenti alla Cultura; Professor Benedetto, non ci metta in Croce per le nostre profonde lacune culturali, vanificare la buona volontà degli ignoranti autodidatti sarebbe un peccato; infine, ultimo ma non dolce, l’Oms con il vocabolo che da quasi due anni ci toglie lucidità, covid; ma non se moriremo democristiani, nemmeno avremmo intenzione di perire covidfobici.

Lucciole per Lanterne e non si capisce se si tratti di un baratto alla pari, di una curiosa espressione metaforica, di un suggerimento per geniali soluzioni: pagare le lucciole con lanterne o viceversa, dotare le lucciole di lanterne, sempre utili in certi ambiti, contesti professionali. Virtualità e pandemia hanno distrutto un florido fiorente settore; sempre attuale l’esortazione di Totò: da ‘le hanno chiuse’ a ‘le hanno spente, gaudenti arrangiatevi!’ il passo è davvero troppo breve, un attimo, un battito di ali, di una Vanessa.

O di una magnifica superstite, la Lucciola Superiora.

Lei ci esorterebbe con grazia: non confrontate mai il futuro con il presente, ma imparando dal presente, sarete in grado di cambiare il futuro (non per caso, migliore allieva del letterato e militante anti fascista, Franco Antonicelli).

Senza titolo: panico, schermata bianca

Pagina Bianca, panico da.

Sono antiquato, nel Mondo Dopo ci siamo evoluti: anche il panico – pan Ico? – è divenuto 4.0 o qualcosa di simile, non più foglio bianco intenso intonso, ma schermata bianca, con cursore intermittente solitario, come certi anellidi.

Rammenta, forzando le interconnessioni mentali, certe preistoriche schermate del Commodore 64, commodoro capitano d’oro, di qualche inesistente vascello, però navigante su mari e su ali, della Fantasia.

Cinemazero ci manchi, siamo a zero cinema più che altro; zero teatri zero concerti Pasqua blindata zero socialità, azzerati anche i voli delle Palome. Zero in condotta, non si sa se quella di cittadini sempre più rintronati ripiegati in sé stessi, o quella dei politicanti tecnocrati farmaspacciatori che pompano inoculano ungono il Pianeta e i Popoli con pandemie psicotiche prima che virali, alternando incubi e feticci di pseudo rimedi, a caro salatissimo amarissimo prezzo.

Pasquetta – tanto, Giove Pluvio sarà dispettoso come da mitologiche consuetudini – in zona rossa, russa (non si equivalgono?), bolscevica, anche se le Rivoluzioni storiche/storicamente/stoicamente si concretizzano a Ottobre – caccia alla rivoluzione in un Ottobre rosso – aria di gioia e rivoluzione, aria rarefatta, tra mascherine e smog endemici; alla fine, hanno quindi prevalso i Bolscevichi? Stiamo ancora ricontando le schede, ma Baffone (Stalin, non Birra Moretti), per sicurezza sua, non è venuto, dissolto contumace alla macchia; per un identikit attendibile, servirebbero autorevoli autori Macchiaioli.

Come insegna/disegna Massimo Bucchi, in caso di parità tra i sessi, supplementari e eventuali rigori, ad libitum.

Padre Dante rese poetiche le parolacce, vero; però, rudi Amici del Turpe eloquio libero, il punto nodale con nodo incorporato – auspichiamo: non scorsoio – , non fungibile indistruttibile: di Alighieri ce n’è Uno, tutti gli altri son … completate a vostra libera immaginazione.

No al Papa straniero (non era… Papi?), soprattutto quando il sedicente salvatore – o Enrico the conqueror, Henry per gli esterofili con pretese d’internazionalità – è solo un antico paesano, indigeno autoctono emigrato anche esso, cui rifilare i rospi indigesti, continuando a sollazzarsi nel regno fatato del Bengodi, ma gode bene, chi gode ultimo. Prima spernacchiato, poi incoronato ma con rovi aculeiformi; comunque, tranquilli: la campanella suonerà imparziale, per tutti.

Meglio sarebbe gustare un ottimo San Pietro, pescato nella giusta zona – non rossa – Fao, da non confondere con lo storico sanpietrino, molto più difficile da cucinare, masticare, digerire; certo, magari con il giusto amarone di qualche saggio Frate, tutto va giù, tutto si sgorga.

Voli pindarici, gigioneggiare sì, di palafitta in frasca, anzi fresca caverna; guai ai vinti e soprattutto al rogo i dubbiosi, ma ironizziamo di continuo sulle epoche oscure, su quei rozzi oscurantisti del Medioevo, così ignoranti così superstiziosi.

Cara Simona, sei poi finita a vedere anche il festival virtuale? Adoro Sanremo, ma il concorso canoro senza più decoro, floreale, sembra una condanna eterna, un supplì di Tantalo, un contratto demoniaco, vergato ematicamente; apprezzo i Moleskine – taccuini superbi – racconto sempre con gusto le imprese ardite del ‘comandante populista ante litteram’ Achille Lauro, indimenticato sindaco non solo del rione Sanità, ma dell’intera città cara alla dea Partenope, armatore politico che in campagna elettorale prometteva scarpe nuove: ne consegnava una subito, l’altra a elezione avvenuta; infine, dulcis in fundo, Ligabue: chi osa criticare il genio e le creazioni di Antonio, El Matt?

Nessuno (Ulisse, dove sei, bighellone?) osi criticare l’efficacia traumaturgica dei portentosi rimedi: se la pandemia batte in ritirata, indiscusso indiscutibile merito loro, se qualcuno muore, si tratta solo di uno sfortunato evento. Dalla vita, cari i miei – memento al mentolo – difficile uscirne come vi eravate presentati e, soprattutto, ancora vivi.

Le parole come i pensieri e gli atti – non necessariamente apostolici – sono importanti; talvolta anche gli acronimi gli agronomi gli agri rifugi; uno dei sommi rappresentanti dell’aifa (Caifa? c’aggia fà?) rassicura e garantisce: rimedi sicuri, nessuna controindicazione.

Del resto, se lo dice il più autorevole sacerdote cAifa, quello del sinedrio che fece incriminare e inchiodare Gesù, chi ha più voglia di alzare la mano per palesare dubbi?

Furbizia vs intelligenza, mente calcolante vs mente poetica

Pagina della Filantropia, virale come si conviene confà conforma ai tempi.

Chi può, scappa tra le stelle sognando fughe marziane, chi non può annega tra le plastiche con le quali abbiamo soffocato i mari.

Gli altri furbetti del pianetino smerciano rimedi, non a chi ne avrebbe diritto, ma ai peggiori offerenti, purché muniti di autentica antica grana.

Cronache marziane, Sole opaco, rami neri senza più linfa, mani oblunghe aride: distese desertiche laggiù nell’Arizona. C’era una volta una Terra, azzurra, sul tetto che oggi scotta.

Nel frattempo, curiosa espressione, considerando il flusso unico continuo – come la lubrificazione dei Soliti Ignoti, costante e ininterrotta – degli eventi, anche i Sogni e le Chimere sono un tantinello appassiti, nel tinello di casa, però quello buono.

I Gesuiti hanno la forza secolare le competenze la propensione per mettere in riga redarguire bacchettare ove e se necessario perfino le molte signorine e/o signore Rottenmeier continentali: loro silenti, chinano il capo – anche i capoccia e i capoccioni si inchinano – preventivamente cosparso di cenere, si dolgono per gli errori umani fatali, ringraziano per l’esemplare punizione.

Viaggi delle Speranze, Carovane di Speranze in viaggio, verso Terre promesse, promesse disattese nei confronti dei veri nativi di quelle regioni – sao ko kelle terre… – Oregon come un miraggio, esodi perigliosi tra impervie vie mai battute prima, bande di tagliagole, interessi di biechi politicanti e soliti speculatori; sarebbero servite, illo tempore come oggi, guide competenti oneste affidabili, impresa ardua reperirle. Nel Mondo Dopo, qualche vago cenno di luminosa redenzione: gli antichi abitanti dell’Oregon, il fiero popolo Klamath, acquistano ciò che un tempo era loro, solo una piccola parte di quanto fu strappato agli Autoctoni originali con violenza inganni leggi ipocrite e inique; praterie laghi montagne erano in connessione millenaria con il Popolo degli Uomini rossi, il cuore di quegli Uomini apparteneva ed era seppellito sotto quei territori; nonostante le predazioni le privazioni, non ha mai cessato di scandire i veri ritmi della Natura indigena endogena.

Le varianti del morbo inficiano i poteri magici dell’elisir miracoloso? Tranquilli, secondo gli alchimisti dell’Impero tutto si risolverà aumentando le distanze dall’Inter, cioé interpersonali: 40 centimetri in più, lo ha sentenziato il solito oracolo algoritmico partorito dagli alambicchi fatati; perfino il povero John Holmes, eccelso uomo con 30 centimetri di dimensione – artistica, come da annales – sarebbe in ambasce.

Ulisse mio, sei il modello unico – no agenzia entrate, grazie – dell’omuncolo moderno (o post moderno)? Miti classici nati per spiegare l’incomprensibile: il bipede umano, coacervo, viva il Cervo, sommatoria, delta – talvolta di Venere – di peculiarità positive e negative, dal risultato complessivo e finale spesso incerto; come molte paternità. Ulisse oggi, nel Mondo Dopo, saresti il perfetto leader multitasking che non deve chiedere mai e soprattutto non ascolta il canto e le parole delle Sirene; curiosità infinita, hybris nella volontà di andare oltre ogni limite: senza i folli voli di Odisseo – e di Icaro incauto – saremmo rimasti per sempre incollati al suolo, ma certe volte per volare basterebbero la fantasia e due corde legate ai rami degli Alberi. Conoscere il passato è necessario per costruire l’avvenire, sapendo coniugare i verbi al futuro; considerando che abbiamo notevoli difficoltà con il congiuntivo, ormai quasi estinto, difficilmente riusciremo a farci assolvere – nonostante principi e principesse del Foro, nell’ozonosfera – con il condizionale.

Ulisse eroe che sfrutta la tékne e la mekané per concretizzare le proprie intuizioni: 100 ne pensi, 1000 ne combini. Sei stato l’incarnazione della definitiva primazia – senza trascurare le amorevoli seconde e terze ziette – della mente calcolante calcolatrice razionale, sull’animo e sulla mente poetici passionali onirici;

sei stato Tu a beffare le Sirene, fingendo che con un po’ di cera nelle orecchie e legato all’albero della nave, potesse essere sconfitto il loro potere, la loro malia, o sono state le Sirene a baloccarsi con la Tua rinomata astuzia, mimando il canto e opponendo invece al tuo inestinguibile errare un silenzio così innaturale e assordante che sarebbe stato impossibile non udirlo? Sei più umano nella visione dantesca o in quella kafkiana? Nella veste di eroe o in quella di piccolo uomo che si barcamena per sopravvivere al cospetto di entità e forze più soverchianti e potenti?

Senza il Tuo esempio, niente Luna e niente uova rotte nel paniere di Marte, ma forse non avremmo nemmeno commesso il peggiore dei crimini: novelli seguaci di Lucrezia Borgia, saremmo stati così svegli – ci si sono svuotate le clessidre? – da non avvelenare la nostra unica casa planetaria.

Stupido illudersi di trovare salvezza attraverso gli stessi meccanismi di pensiero e gli stessi strumenti che hanno creato il Problema, vero Albert?

Più esemplare, ammirevole, paradigmatico Ulisse o il capo dei Nativi americani, conosciuto con il nome di Seattle?

Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensi’ e’ l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto cio’ che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli.

Dalla lettera del capo Seattle al grande padre bianco di Washington, 1854.

Transumanza o transustanziazione

Pagina della transizione, ecologica però, perché ormai, a distruzione completata, siamo tutti virtuosi dell’Ambiente.

Transizione, transumanza, transustanziazione forse. I reali significati non li conosco, né l’origine etimologica; proverei, se siete d’accordo, con la trans posizione, letteraria letterale cinematografica animata: hai visto mai che cambiando punto di vista, in assenza di soluzioni, migliori almeno la prospettiva.

Nel 2021 anno II era CoVid abbiamo ri scoperto – siamo usciti allo scoperto siamo rimasti scoperti, causa plaid troppo corto – che l’ecocidio è ormai compiuto e non basterà riunire tutta l’Umanità dentro il famigerato salotto buono per trovare il colpevole; con cattiva pace dei vari indagatori di vaglia, delle meravigliose, inarrivabili Indagatrici. A questo punto, opterei per la soluzione Clauseau: abitiamo in castello medioevale a poca distanza, per caso avete a disposizione una ‘stonza’?

Siamo un puntino sospeso tra il nulla e l’infinito; nulla rispetto all’infinito, poco più di niente, rispetto al nulla. Riuscissimo a metabolizzare questa semplice realtà, saremmo anche capaci di egregie opere.

Invece ci illudiamo ci crediamo ci auto proclamiamo padroni, di cosa, non è dato sapere; tutto in comodato d’uso, per prime le nostre piccole esistenze terrestri. Il poi, si vedrà, forse: chi crede è beato, tranquillo; chi non crede, lo stesso: eppure in entrambi i casi, non riusciamo a compiere questa breve traversata, del deserto o dell’oceano, senza tormentarci, senza tormentare. Tormente a go go, fenomeni estremi, anche in assenza di colpi di genio, di ciaspole, gatti delle nevi (robotici), di baite d’emergenza.

Un compito a casa, uno solo e abbiamo fallito anche quello; la ‘transazione’ ecologica appare poco più che la pietosa, ultima inconsistente scusa dell’omuncolo fedifrago che continua a negare l’evidenza, la mascherina già consunta e ridipinta, male, di verde muffa, con la quale le multinazionali più criminali dell’Universo, balbettano per accreditarsi una ipocrita vocazione storica ambientale.

Ah, la Verità, composta di mille verità, cangianti più e meglio dei virus, le verità a soggetto, le verità opzionali, le verità selettive – come certe memorie, difensive o offensive – la nostra offerta di verità pret a porter è praticaMente illimitata; potete anche scaricare la app Aletheia.argh direttamente nei vostri device, per baloccarvi con le verità, adagiati comodi comodi sull’ennesimo divano in saldo del giorno, tutti i giorni di ogni anno.

Facile, come farsi eleggere in Parlamento dentro liste bloccate sboccate, come mentire tra applausi e cori da stadio – chiuso e vuoto – all’opinione pubblica, e se merita rispetto in quanto pubblica, resta in ogni caso opinabile, per definizione.

Vagheggiare un eterno ritorno allo spensierato consumismo senza limiti né confini degli anni ’80 del 1900, o battersi senza risparmio, senza quartiere né campanile/campanaccio per la rigorosa, esegetica applicazione della democrazia, come da dettato costituzionale del 1948? Dilemmi, non da pellegrini, amletici più di sempre.

Donne angelicate, fiori del male, affinità elettive o elettorali: Dante e Baudelaire, 500 anni di separazione e non sentirli, stesso collegio scolastico regionale mentale?

Siete già caldi? Siete già certi della certezza delle pene, se non di quella del Diritto? Siete già sicuri delle verità delle scienze? La Scienza, la summa o suoi derivati, offre Verità, incontrovertibili e indiscutibili – senza ombre di sospetti, senza ombra di lecito dubbio – o cerca un Metodo per affrontare di volta in volta gli ostacoli del cuore, certo, e soprattutto quelli del Mondo? Siamo così sciocchi e insicuri, disperati da credere che l’oggetto della sempiterna ricerca sia questa mitica verità? E se fosse – fusse che fusse – magari, il senso della scienza per l’avventuroso Mistero?

Adoro certe bugie, collegando i giusti punti puntini d’inchiostro, salienti, rivelano schegge di verità, come la narrazione: ci sono più spiegazioni logicamente rigorose nelle opere dell’ingegno narrativo o nelle dimostrate teorie scientifiche? Via al televoto e al sondaggio on line!

Caro Benjamìn, per capire davvero la fisica, meccanica quantistica cosmica, quante paia di occhi servirebbero, anche a spanne?

Magari, ne basterebbe solo Uno, per tutti: il Terzo.

Canzoni afrodisiache nel silenzio di Lula

Pagina dei Fiumi infernali, invernali, comunque Fiumi nel verno, nell’Averno, anche in estate (magari letti aridi, letti ma solo i titoli, sfogliati apprezzando foto disegni figure).

Quanti erano poi questi fiumi, quale la loro identità orografica geografica ontologica? I nomi, la mia intera collezione di fumetti, per i nomi dei corsi d’acqua immaginati (?) dall’Alighieri:

Eunoè – uno alla volta, certo, per carità, cara Matilda – Lete, Stige, Acheronte, ma non era un losco traghettatore di aziende e governi?

Sono questi fiumi che ascendono al Regno celeste della Luce infinita o le anime pie? Poveri Salmoni, abituati a nuotare controcorrente, rischierebbero di finire all’Inferno con prevedibili conseguenze, ecco perché – Dante descrive questa situazione in modo allusivo e sibillino – in questi fiumi essi viaggiano con ingenti scorte di patate e rosmarino, issate sul roseo dorso.

Fiume dell’oblio della dimenticanza o fiume del buon ricordo, dei ricordi buoni delle buone azioni compiute, della mente buona e pura? Optare si conferma azione difficile: anche perché quel birbone del cervello fabbrica rimembranze false per ingannarci, per beffarsi di noi; l’altro corso d’acqua, quello della cancellazione (anche dei debiti scolastici ed economici?) farebbe tabula rasa dentro di noi, ci renderebbe una lavagna intonsa, pronta a essere riscritta, ma le cicatrici che sigillano anche le anime più dure impure scure, temo siano impossibili da eliminare con una nuotata o una passata di pachino cancellino.

Prima di scegliere, raccomandato flettere riflettere flettersi: come arco giunco o albatros intento ai preparativi per un lungo volo transcontinentale; anche perché i vecchi, obsoleti aerei ormai viaggiano solo imbarcando le merci del perituro mercato globale.

Hey Manfred, Barone Rosso, avresti mai immaginato che le Anime potessero somigliare alla fusoliera dell’adorato Tuo triplano Fokker?

Tu, ci segnavi con tacchette, le vittorie ottenute in duello aereo – comunque cruento crudele ma regolato da una sorta di codice cavalleresco – sulle anime, invece, restano come marchi a fuoco, le cicatrici indelebili dei patimenti dolori traversie attraversati sopportati in vita terrestre.

Kaputt, a 26 anni, con gloria o meno, la fine è nota, la destinazione ultima anche.

Cantantesse globaliste del III millennio compongono cantano danzano ancora poesie inni celebrazioni delle gioie sessuali, “perché con la scusa della pandemia ci hanno privati di ogni piacere”, come fossimo tutti novelli Eva e Adamo cacciati dall’Eden; considerato che anche a Natale sarà vietatissimo abbracciarsi – vedete un po’ voi tutto il resto – meglio scaricare al posto delle solite famigerate app, una bella ampia ragionevole sentimentale scorta di playlist con concept album dedicati al tema, forse tornerà l’era afrodisiaca; intanto, come suggeriva Totò, fuori o dentro case chiuse per clausura, arrangiatevi.

Caro Albert della Razza umana, quando avrai avuto un minuto relativo per riavviare la chioma e smettere di fare linguacce, potrai spiegare a noi comuni mortali – nel senso che la finitudine è condivisa tra tutti: come mai le viscere della Barbagia sono così importanti? Nella ex miniera Lula – nessun coinvolgimento dell’ex presidente operaio del Brasile – ma sarda di nome di fatto di militanza, regna il vero anelato ineffabile Silenzio; quello bramato non bramito dagli Scienziati del globo per auscultare le risate degli Dei mentre si raccontano freddure e scherzi da organizzare alle spalle degli uomini e soprattutto il suono che produce ad esempio lo scontro tra due Buchi Neri, il diapason delle Onde Gravitazionali del Maestro Battiato, il vagito emesso dal Big Bang, i primi sospiri dell’Universo. Sos Enattos, non è un’invocazione d’aiuto in codice, ma il sito perfetto per la perfetta installazione del Laboratorio fantascientifico, alla faccia degli stereotipi e auspicando che la mancanza di vedute, politiche, non fulmini il Progetto; andasse a schifio, più che le note delle onde, ascolteremmo l’ennesimo urlo di disperazione cosmica di Munch.

Durante la pandemia, alcuni noti speaker radioteleinternettiani furono colpiti da una strana bizzarra inesplicabile anomala tara: cominciarono a invertire nel loro parlato, pensato, financo scritto virtuale, la Effe e la Pi; nei primi tempi solo ogni tanto, poi nonostante l’invasione degli ultraVaccini (quelli adatti a ogni singola persona, indipendenteMente da età e caratteristiche biologiche), in modo permanente e definitivo. In fondo, un piccolo disagio, con effetti però imbarazzanti molto divertenti, per gli ascoltatori: Fassiamo la linea alla nostra inviata Plavia Pratello, fer le ultimissime sulla Fandemia; quante Pandomie sulla Fandemia; impormarsi resta strumento pondamentale; occhio cufo del gupo ma sveglio contro le Pakenews; Porza Ragazzi siamo con voi, il Puturo è un’Ifotesi, ma Permi sul Fezzo, tutti insieme ce la Paremo.

Avete Pinalmente recefito il messaggio?

FERPETTAMENTE.