Pagina della Filantropia, virale come si conviene confà conforma ai tempi.
Chi può, scappa tra le stelle sognando fughe marziane, chi non può annega tra le plastiche con le quali abbiamo soffocato i mari.
Gli altri furbetti del pianetino smerciano rimedi, non a chi ne avrebbe diritto, ma ai peggiori offerenti, purché muniti di autentica antica grana.
Cronache marziane, Sole opaco, rami neri senza più linfa, mani oblunghe aride: distese desertiche laggiù nell’Arizona. C’era una volta una Terra, azzurra, sul tetto che oggi scotta.
Nel frattempo, curiosa espressione, considerando il flusso unico continuo – come la lubrificazione dei Soliti Ignoti, costante e ininterrotta – degli eventi, anche i Sogni e le Chimere sono un tantinello appassiti, nel tinello di casa, però quello buono.
I Gesuiti hanno la forza secolare le competenze la propensione per mettere in riga redarguire bacchettare ove e se necessario perfino le molte signorine e/o signore Rottenmeier continentali: loro silenti, chinano il capo – anche i capoccia e i capoccioni si inchinano – preventivamente cosparso di cenere, si dolgono per gli errori umani fatali, ringraziano per l’esemplare punizione.
Viaggi delle Speranze, Carovane di Speranze in viaggio, verso Terre promesse, promesse disattese nei confronti dei veri nativi di quelle regioni – sao ko kelle terre… – Oregon come un miraggio, esodi perigliosi tra impervie vie mai battute prima, bande di tagliagole, interessi di biechi politicanti e soliti speculatori; sarebbero servite, illo tempore come oggi, guide competenti oneste affidabili, impresa ardua reperirle. Nel Mondo Dopo, qualche vago cenno di luminosa redenzione: gli antichi abitanti dell’Oregon, il fiero popolo Klamath, acquistano ciò che un tempo era loro, solo una piccola parte di quanto fu strappato agli Autoctoni originali con violenza inganni leggi ipocrite e inique; praterie laghi montagne erano in connessione millenaria con il Popolo degli Uomini rossi, il cuore di quegli Uomini apparteneva ed era seppellito sotto quei territori; nonostante le predazioni le privazioni, non ha mai cessato di scandire i veri ritmi della Natura indigena endogena.
Le varianti del morbo inficiano i poteri magici dell’elisir miracoloso? Tranquilli, secondo gli alchimisti dell’Impero tutto si risolverà aumentando le distanze dall’Inter, cioé interpersonali: 40 centimetri in più, lo ha sentenziato il solito oracolo algoritmico partorito dagli alambicchi fatati; perfino il povero John Holmes, eccelso uomo con 30 centimetri di dimensione – artistica, come da annales – sarebbe in ambasce.
Ulisse mio, sei il modello unico – no agenzia entrate, grazie – dell’omuncolo moderno (o post moderno)? Miti classici nati per spiegare l’incomprensibile: il bipede umano, coacervo, viva il Cervo, sommatoria, delta – talvolta di Venere – di peculiarità positive e negative, dal risultato complessivo e finale spesso incerto; come molte paternità. Ulisse oggi, nel Mondo Dopo, saresti il perfetto leader multitasking che non deve chiedere mai e soprattutto non ascolta il canto e le parole delle Sirene; curiosità infinita, hybris nella volontà di andare oltre ogni limite: senza i folli voli di Odisseo – e di Icaro incauto – saremmo rimasti per sempre incollati al suolo, ma certe volte per volare basterebbero la fantasia e due corde legate ai rami degli Alberi. Conoscere il passato è necessario per costruire l’avvenire, sapendo coniugare i verbi al futuro; considerando che abbiamo notevoli difficoltà con il congiuntivo, ormai quasi estinto, difficilmente riusciremo a farci assolvere – nonostante principi e principesse del Foro, nell’ozonosfera – con il condizionale.
Ulisse eroe che sfrutta la tékne e la mekané per concretizzare le proprie intuizioni: 100 ne pensi, 1000 ne combini. Sei stato l’incarnazione della definitiva primazia – senza trascurare le amorevoli seconde e terze ziette – della mente calcolante calcolatrice razionale, sull’animo e sulla mente poetici passionali onirici;
sei stato Tu a beffare le Sirene, fingendo che con un po’ di cera nelle orecchie e legato all’albero della nave, potesse essere sconfitto il loro potere, la loro malia, o sono state le Sirene a baloccarsi con la Tua rinomata astuzia, mimando il canto e opponendo invece al tuo inestinguibile errare un silenzio così innaturale e assordante che sarebbe stato impossibile non udirlo? Sei più umano nella visione dantesca o in quella kafkiana? Nella veste di eroe o in quella di piccolo uomo che si barcamena per sopravvivere al cospetto di entità e forze più soverchianti e potenti?
Senza il Tuo esempio, niente Luna e niente uova rotte nel paniere di Marte, ma forse non avremmo nemmeno commesso il peggiore dei crimini: novelli seguaci di Lucrezia Borgia, saremmo stati così svegli – ci si sono svuotate le clessidre? – da non avvelenare la nostra unica casa planetaria.
Stupido illudersi di trovare salvezza attraverso gli stessi meccanismi di pensiero e gli stessi strumenti che hanno creato il Problema, vero Albert?
Più esemplare, ammirevole, paradigmatico Ulisse o il capo dei Nativi americani, conosciuto con il nome di Seattle?
Noi almeno sappiamo questo: la terra non appartiene all’uomo, bensi’ e’ l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi lo sappiamo. Tutte le cose sono legate fra loro come il sangue che unisce i membri della stessa famiglia. Tutte le cose sono legate fra loro. Tutto cio’ che si fa per la terra lo si fa per i suoi figli.
Dalla lettera del capo Seattle al grande padre bianco di Washington, 1854.