Barricate rustiche

Viviamo, attraversiamo tempi rustici, mi garberebbe quindi sostare in meditazione in un rustico del piccolo mondo antico, dentro un comune rustico.

Andrebbe bene anche un albergo diffuso rustico, gestito da Mastro Giosuè, ove incontrare durante ritempranti passeggiate vespertine – con il favore e la protezione di divinità ctonie (???) – anime di vivi e trapassati, buffe congreghe di buoni diavolacci precipitati in disgrazia, bizzarre streghe, scampate ai roghi dell’invidia collettiva.

Essere accolti dal console indigeno, per educazione ascoltare le scuse accampate in aria, sulle nuvole, sui pascoli circostanti, per la mancata consegna delle chiavi del borgo; sostituite da meste schedine elettroniche, mentre greggi superiori belano vibranti per un immediato ritorno all’Arcadia della nostra giovinezza (che si fugge e si sottrae per tutta la via, o anche contrada).

A Campo de’ Fiori, sotto l’ombra assorta del Grande Nolano, erigemmo rustiche barricate, eravamo piccoli giovani goffi diavoletti (non di Cartesio, infatti, in seguiti, affondammo), illusi che gli entusiasmi i sogni le rabbie dei nostri anni verdi potessero scompaginare, spazzare via per sempre le muffe mefitiche degli anni grigi e bui. Erigere un mondo rustico, ma nuovo. Oggi il domani ammuffisce mesto sotto carri armati e infrastrutture petrolchimiche.

Talvolta il mondo fuori – fuori come un balcone – pare così ostile (il mondo in sé o i suoi abitanti fuori dal se) che vorrei fare come i vini, certi saggi preziosi meravigliosi vini: affidarmi al metodo barrique; barricarmi, senza barrire ovvio, dentro una solida botte di faggio e via procedere con la navigazione, superficiale o sottomarina. Metodo barrique da non confondere con il metodo barracuda: quello va sempre bene, a Wall Street, per tacere dell’orso e del toro. Bambolina barracuda, non scherzare, liberami dalle catene, posa le lame, restiamo amici se vuoi, in fondo a certe notti, non è tempo per noi che ancora ci nutriamo l’anima di sogni.

Le barricate sulle piazze virtuali non le fai più per conto della borghesia ma delle multinazionali che creano falsi miti di giga illimitati e accesso libero alle piattaforme streaming; già solo così, dovremmo versare non fiumi di parole, ma di lacrime amare.

Se il mercato globale, con la turlupinatoria illusione di darci tutto, ci ha in realtà resi spurj di tutto, a partire dall’anima, barricate contro ogni satrapo mercatista sono diritto inalienabile dell’uomo. Caro Lucio, meglio una lucida disperazione o un’appannata felicità? Comunque, consolati, Totò, grande principe della scena e della parola, perché non solo era amico degli animali, ma anche un grande lettore: dal tuo calzolaio di Vigevano, vittima e critico della stessa società inumana di cui era emanazione sociale, ha mutuato una delle più celebri battute del repertorio: il mondo è bello perché avariato.

Barricate a oltranza, senza corpo ferire: mettete dei fiori nei vostri cannoni, auspicando siano quelli della Jamaica, certo e comunque meno dannosi di quelli bellici;

alle bordate di regime, risponderemo con le nostre campanule, con le nostre barricate:

no pasaran al cospetto delle nostre barricate floreali. Per l’intanto (anche incanto).

P.S. Barricate rustiche, scegliendo per cena, casomai, un allettante vassoio di feroci salatini, rustici.

Uomini o caporali (colonnelli)?

Lacrime nel vento, lacrime sotto la pioggia.

Diluite dalla pioggia, non cancellate. Come l’etereo volto di Rutger Hauer nella ormai storica scena finale di Blade Runner, pioggia torrenziale che tra l’altro sarebbe stata utile per domare l’incendio ai Bastioni di Orione, a Troia assediata, a Roma, rogo che costò la reputazione al povero Nerone.

Il cittadino ciclista è la sciagura peggiore che possano immaginare gli amministratori delegati delle multinazionali del libero regime – libero il regime, di fare come gli pare e piace – neoliberista globale: una iattura, una catastrofe in grado di sbaragliare strategie di marketing, di abbattere raffinati giochini di borsa, di azzerare i lauti dividendi spesso esentasse in quanto non tracciabili (altro che green pass) dei soci della compagnia; la bicicletta è con le sue ruote l’inciampo trascurabile che manda a rotoli il sistema, il piccolo ingranaggio che con i dentini ai quali si aggancia la catena manda a gambe all’aria l’ingranaggio ciclopico del Mercato, il mezzo di trasporto più detestato e temuto nei consigli d’amministrazione. Il ciclista di solito è orientato alla convivenza pacifica, viaggia senza inquinare, adora gli armonici equilibri della Natura: converrete anche Voi che non esista un nemico più perfido per l’IperFondaco globale?

Non so se gli Androidi sognino davvero pecore elettriche – chiedetelo a Philip K. Dick – talvolta mi chiedo quali siano i sogni dell’Umanità nel Mondo Dopo, mi auto interrogo anche su quali siano i miei sogni. Calderon, oh Calderon, Tu dalla barca, potresti suggerire qualche nuova fantasia, all’altezza delle tue? La vida es sueno, ma questa somiglia più ad un incubo, da mancata o complicata digestione, post simposio luculliano. Per ingordigia indecente, ci siamo pappati tutto il Pianeta, a occhio sulle croci, la cuenta – por favor – sarà salata assai.

Lo spunto gustoso – non lo spuntino – offerto da Alessandro Bergonzoni con una sua brillante spigolatura dalle pagine di Robinson: quello che ci riguarda, quante volte ci ha già guardati sorvegliati vegliati? A forza, di guardarci, non si è ancora stufato? Abbiamo scoperto, incredibile nevvero? che il Popolo dei Castori è abilissimo nell’ingegneria idraulica, potrebbe aiutarci a risolvere tanti ormai famigerati problemi, vicino ai fiumi e ai laghi: abilissimo, non miracoloso; il resto del lavoro, spetterebbe, finalmente, all’Uomo, ridestato dal lungo inspiegabile sonno. Della ragione, in primis.

Come fa notare con arguzia Stefano Massini o come lo interpreto secondo esegesi mia personale: siamo passati dal piccolo spazio pubblicità delle Bollicine di Vasco da Zocca – o dall’intero cd degli Afterhours a disposizione per promuovere un’azienda, invece di sprecarlo per una musica inutile – allo spazio a pagamento; attenzione, non per tutti, con buona o cattiva pace, eterna, dei romantici Pirati del cosmo della nostra infanzia. Voli spaziali, poco pindarici molto esclusivi, solo per i riccastri della Terra, quelli che obnubilati dai conti bancari si reputano dei di un qualche olimpo di ordine minore, quelli che – hai visto mai – fosse vero che Gea presto deciderà di espellerci dal Suo regno, tentano di raggiungere mete alternative. Immoralità, di livello siderale, senza la bellezza delle Stelle.

Mentre in Israele, dopo il quarto tsunami virale, hanno inaugurato – primi al Mondo, record olimpico – il terzo girone di inoculazioni – perché il siero miracoloso è ancora in fase di rodaggio, miracoli sì ma a tassametro – alle nostre obliquitudini, registriamo con soddisfazione il cambio di passo della comunicazione istituzionale. Dal macabro ‘ricordatevi che dovete morire, voi’ con annesse parabole belliche, al tono piacione e festaiolo per lanciare nell’etere il nuovo claim vincente: no vaccini, no party!

Più del dovere civico, potè l’irrinunciabile voglia estiva di movida.

Questo colpo di genio, unito all’arrivo nei bazar virtuali del nuovo gioco prezioso, ottimo per la stagione – il Cantacovid – ha mutato le sorti i destini gli orizzonti, della pandemia non si sa, ma degli incorregibili vacanzieri di sicuro. Compra anche Tu il Cantacovid, il karaoke connesso a Tik Tok, già virale nell’Universo, per divertirti senza limiti, né Great Pass nelle lunghe sere d’estate; invita anche tutti gli amici, tutto il quartiere, nemmeno l’afa (o l’aifa) potrà fermarci – chi fermerà la musica, anche se l’aria diventa elettrica?

Se tutte queste lodevoli iniziative non dovessero ottenere gli effetti auspicati sperati programmati ai tavolini delle buvette governative, nessun timore:

si passerebbe dal governo tecnico di salvezza delle anime e unità d’intenti particolari, a uno nuovo, più energico più marziale, come da desiderata di certi aedi mercenari che vagheggiano città pavesate, ma blindate militarmente e lunghe marce popolari per raggiungere i poli, d’inoculazione. Anche perché gli altri, nel frattempo, forse saranno già liquefatti e perduti per sempre, come certe belle patrie.

Uomini lo eravamo un po’ meno da un po’, ma uscendo dalla farsa dei caporali – kapò, come diceva quel Caimano – di giornata, per giungere alla tragedia smascherata della Giunta dei Colonnelli, almeno guadagneremmo qualche punto in chiarezza, dell’immagine, delle prospettive.

Si sa, i colonnelli rivendicano – anche da sobri – pieni poteri e vantano carta bianca.

All’immensa, eterna anima di Totò, compete per meriti artistici la risposta: adeguata e definitiva.

Lucciole lanterne deserti farfalle

Pagina dedicata alle Lucciole, le poetiche oniriche lucciole.

Noi siamo come le Lucciole, viviamo nelle tenebre: una dedica musicale alle gentili antiche peripatetiche. O agli insetti volanti che nelle notti di primavera estate – in quel Mondo leggendario nel quale ancora esistevano addirittura le quattro stagioni – facevano volare la nostra fantasia, accendevano nel cuore e nell’anima speranze illusioni passioni, ci facevano vibrare in armonia con il Creato, diapason umani, ci rendevano consci felici di essere vivi, ci regalavano frammenti di Vita, ancora più veri vividi intensi.

Siamo spenti dentro, la nostra aridità sta spegnendo anche le care preziose Lucciole: distruzione dell’ambiente adatto alla loro riproduzione ed esistenza, iper inquinamento luminoso, decreteranno presto l’estinzione dell’ennesima specie, folle corsa finale al depauperamento definitivo della biodiversità terrestre.

Perfino dal Deserto, quello vero, quello del Sahara giungono messaggeri di Vita e di Speranza, auspicando che non debbano imbattersi nel loro volo con certi leaderini nazional populistici: pretenderebbero l’immediato rimpatrio, se non il cannoneggiamento da parte della nostra triste contraerea. Farfalle, multi cromatiche Farfalle, danzanti Farfalle. Vanesse del Cardo, tenaci capaci di volare per 12.000/14.000 chilometri tra andata e ritorno – anabasi/catabasi non le distinguo dall’arcaico 1989 – per raggiungere la Scandinavia partendo dall’Africa sub sahariana, dove l’aumento di vegetazione durante l’inverno favorisce la ricerca di cibo e garantisce la giusta atmosfera per continui, frequenti accoppiamenti.

Dal Sahara alla Scandinavia, sulle ali dei Venti e dell’Amore.

Vaneggiare vanesi evanescenti; nuovo o vecchio conio, lessicale monetario farmaceutico (oggi sceneggiata napoletana, con la variante Funiculì Funiculà, virologi musicali d’eccezione: i Tre Tenori, quelli veri); si fa presto a dire petaloso, ma fu vero neologismo o ennesimo espediente markettaro? Ai poster e soprattutto ai voluminosi tomi linguistici delle accademie – non tomini piemontesi con crusca – l’ardua sentenza, a meno che non vogliate interpellare direttamente Durante, quello con il naso adunco, con il fiuto per i lemmi, aquilino quanto basta, quello degli Alighieri (Noschese? Ottimo funambolo delle Parole anche lui).

Pochi scherzi, ci si può fregiare del titolo di campioni lessicali, solo e solo quando le parole forgiate dalle nostre cape fresche resistono e sono utilizzate di frequente per almeno due generazioni; tanti gli improvvisati, pochi i veri Artigiani lessicali; apriamo la carrellata americana alla Sergio Leone con Dante in persona, con inurbarsi, nel senso di entrare in città, magari civilmente e non da bipedi poco o punto inurbani; Antonio Zaroto, davvero un bella scoperta, più che bello un tipo, anzi tipografo, capace di inventarsi il nome del proprio mestiere miscelando elementi greci e latini; il caro Giovanni, Keplero cui chiedere di farci da Satellite, spia per rivelarci le nostre magagne più gravi, satellite della regina, non solo sulla scacchiera del gioco, ma su quella della Vita; sperando che Antoine – Ti hanno tirato le pietre? – Lavoisier (accidenti alle Sue Leggi!) ci conceda ancora ossigeno, soprattutto per il funzionamento delle sinapsi; che la dynamis – forza di greca, classica memoria – sia con Te, Alfred Nobel, esplosivo inventore di polvere pericolosa, ma anche di riconoscimenti alla Cultura; Professor Benedetto, non ci metta in Croce per le nostre profonde lacune culturali, vanificare la buona volontà degli ignoranti autodidatti sarebbe un peccato; infine, ultimo ma non dolce, l’Oms con il vocabolo che da quasi due anni ci toglie lucidità, covid; ma non se moriremo democristiani, nemmeno avremmo intenzione di perire covidfobici.

Lucciole per Lanterne e non si capisce se si tratti di un baratto alla pari, di una curiosa espressione metaforica, di un suggerimento per geniali soluzioni: pagare le lucciole con lanterne o viceversa, dotare le lucciole di lanterne, sempre utili in certi ambiti, contesti professionali. Virtualità e pandemia hanno distrutto un florido fiorente settore; sempre attuale l’esortazione di Totò: da ‘le hanno chiuse’ a ‘le hanno spente, gaudenti arrangiatevi!’ il passo è davvero troppo breve, un attimo, un battito di ali, di una Vanessa.

O di una magnifica superstite, la Lucciola Superiora.

Lei ci esorterebbe con grazia: non confrontate mai il futuro con il presente, ma imparando dal presente, sarete in grado di cambiare il futuro (non per caso, migliore allieva del letterato e militante anti fascista, Franco Antonicelli).

Parli come badi, sa

Stia attento, alla pagina all’eloquio all’elogio – funebre? speriamo di no – parli come magni, cioé, parli come badi, sa.

Misuri le parole – le misurai, cretino ci sta perfettaMente – moderi il tono delle casse e della voce, lei di alto non possiede che quello: il tono. Anche se oggi siamo tutti un po’ più su di tono, accade ed è bello, quando il Cielo sopra le nostre teste si tinge d’azzurro e di quel vituperato tricolore, che spesso non meritiamo: mai viceversa.

Lasciare andare ciò che è stato – scurdammoce o’ passato (non di pomodoro, però) – accettare ciò che è (talvolta, anche senza gli eccessi di Jack the Ripper, la tentazione sorge), nutrire fiducia in ciò che sarà: nulla contro la saggezza tibetana, per carità, ma ecco, giustappunto, un appunto, facile fare filosofia, da Tibetani.

Beato il Maestro Rumi, grande mistico e poeta musulmano, dalla Persia con splendore – senza trascurare la misticanza, dei Popoli e delle Culture, come sempre è stato dall’alba dei tempi e perfino dei templi – Lui sì era in grado di dialogare con l’Universo; evento foriero di speranza che un prete cristiano lo citi nell’omelia domenicale, quale paradigma di saggezza, esempio operativo; elevate – talvolta lavatele o proprio levatele di mezzo – le Parole, non il tono della vostra voce, “perché è sempre la pioggia che fa crescere i Fiori, mai il tuono”, (nonostante Thor possa dimostrare inquietudine e disaccordo).

Come dice Fratello Belfiore: “Siete ubbidienti? Siete bravi bambini al cospetto delle presunte autorità ri costituite, quando con atteggiamenti marziali e autoritari – autentiche macchiette, parodie di sé stesse – Vi impartiscono ordini contrari a ogni libertà, contrari a ogni diritto, a ogni legge naturale o principio costituzionale? Siete uomini o caporali? Siete – nessun riferimento a persone o situazioni reali attuali – generali Martufello o SturmTruppen cameraden?”. Abbiate dubbi, ponetevi domande, anche marzulliane, ma ponetevele. Alle mostrine l’ardua gagliarda maschia risposta, meglio se con magiche pilloline blu: rinvigoriscono la risposta, pseudo virile. Virale, poco sicura.

Dovremmo elevare i pensieri e il susseguente agire; sproloquiare di svolta o addirittura di rivoluzione verde, non ci rende paladini dell’Ambiente: auto elettriche con batterie impossibili da riciclare e/o smaltire, infinite colate di cemento, sostituzione di milioni di televisori ancora funzionanti con altri di nuova generazione con il pretesto di un balzo di tecnologia (in nome o per l’utilità – leggasi utile – di chi?), milioni di cozze dischiusesi e perite sulle coste canadesi (come sono lontani i tempi del sogno di una casetta in Canadà, oggi si rischierebbe di finire arrostiti, all’interno di quelle pareti lignee) a causa delle innaturali temperature atmosferiche, causate dall’idiozia umana. Siamo in un baleno passati dalla moria delle vacche – tempi magri, come Voi ben sapete – alla moria delle Cozze, con profondo cordoglio per i malcapitati mitili.

Il lato del marciapiede sul quale passeggia – passeggiatrice peripatetica? – Sora Ragione di solito, malgrado le raccomandazioni e i protocolli a rotta di collo (ossocolli), è sempre affollatissimo, peggio di Via del Corso il primo sabato dei saldi. Eppure, tra torto e ragione, esistono infinite praterie: se ti aggrada dialogare, avviati su quei sentieri, prima o poi, verso imbrunire, ci incontreremo.

Summit riunioni conferenze stampa, prima dopo durante cene delle beffe, beffarde per i destini dell’Umanità e di Madre Natura. Istituzioni politiche sociali religiose, dovrebbe recuperare ispirazioni aspirazioni vocazioni sinodali: cosa ho scritto? Bravo chi me lo spiega. Sinodo, non assembramento assembleare con lauto convivio, ma cammino comune. Camminare con.

Uomo, se ti riesce, esci dal tuo limitato orizzonte, per camminare dentro te stesso, dentro il mondo, che sia quello Prima quello Dopo o entrambi, insieme agli altri uomini;

verso gli altri uomini, mai contro.

Zelo più zelo, sempre zelo fa, non certo zelo al cubo; la Paura è un nobile sentimento che meriterebbe rivalutazione, ma le fobie che ci soffocano e imprigionano sono frutto in larga parte della nostra immaginazione, magari bene alimentata da collaudati meccanismi di controllo e repressione:

dovremmo considerarle come paletti di legno che bloccano le porte delle nostre percezioni, delle nostre facoltà più pure e vitali, le nostre ferite sono solo varchi da cui penetra la Luce.

Non ci resta che un’opzione, bruciare quei paletti, ricominciare a Vivere e Camminare:

insieme.