Uomini o caporali (colonnelli)?

Lacrime nel vento, lacrime sotto la pioggia.

Diluite dalla pioggia, non cancellate. Come l’etereo volto di Rutger Hauer nella ormai storica scena finale di Blade Runner, pioggia torrenziale che tra l’altro sarebbe stata utile per domare l’incendio ai Bastioni di Orione, a Troia assediata, a Roma, rogo che costò la reputazione al povero Nerone.

Il cittadino ciclista è la sciagura peggiore che possano immaginare gli amministratori delegati delle multinazionali del libero regime – libero il regime, di fare come gli pare e piace – neoliberista globale: una iattura, una catastrofe in grado di sbaragliare strategie di marketing, di abbattere raffinati giochini di borsa, di azzerare i lauti dividendi spesso esentasse in quanto non tracciabili (altro che green pass) dei soci della compagnia; la bicicletta è con le sue ruote l’inciampo trascurabile che manda a rotoli il sistema, il piccolo ingranaggio che con i dentini ai quali si aggancia la catena manda a gambe all’aria l’ingranaggio ciclopico del Mercato, il mezzo di trasporto più detestato e temuto nei consigli d’amministrazione. Il ciclista di solito è orientato alla convivenza pacifica, viaggia senza inquinare, adora gli armonici equilibri della Natura: converrete anche Voi che non esista un nemico più perfido per l’IperFondaco globale?

Non so se gli Androidi sognino davvero pecore elettriche – chiedetelo a Philip K. Dick – talvolta mi chiedo quali siano i sogni dell’Umanità nel Mondo Dopo, mi auto interrogo anche su quali siano i miei sogni. Calderon, oh Calderon, Tu dalla barca, potresti suggerire qualche nuova fantasia, all’altezza delle tue? La vida es sueno, ma questa somiglia più ad un incubo, da mancata o complicata digestione, post simposio luculliano. Per ingordigia indecente, ci siamo pappati tutto il Pianeta, a occhio sulle croci, la cuenta – por favor – sarà salata assai.

Lo spunto gustoso – non lo spuntino – offerto da Alessandro Bergonzoni con una sua brillante spigolatura dalle pagine di Robinson: quello che ci riguarda, quante volte ci ha già guardati sorvegliati vegliati? A forza, di guardarci, non si è ancora stufato? Abbiamo scoperto, incredibile nevvero? che il Popolo dei Castori è abilissimo nell’ingegneria idraulica, potrebbe aiutarci a risolvere tanti ormai famigerati problemi, vicino ai fiumi e ai laghi: abilissimo, non miracoloso; il resto del lavoro, spetterebbe, finalmente, all’Uomo, ridestato dal lungo inspiegabile sonno. Della ragione, in primis.

Come fa notare con arguzia Stefano Massini o come lo interpreto secondo esegesi mia personale: siamo passati dal piccolo spazio pubblicità delle Bollicine di Vasco da Zocca – o dall’intero cd degli Afterhours a disposizione per promuovere un’azienda, invece di sprecarlo per una musica inutile – allo spazio a pagamento; attenzione, non per tutti, con buona o cattiva pace, eterna, dei romantici Pirati del cosmo della nostra infanzia. Voli spaziali, poco pindarici molto esclusivi, solo per i riccastri della Terra, quelli che obnubilati dai conti bancari si reputano dei di un qualche olimpo di ordine minore, quelli che – hai visto mai – fosse vero che Gea presto deciderà di espellerci dal Suo regno, tentano di raggiungere mete alternative. Immoralità, di livello siderale, senza la bellezza delle Stelle.

Mentre in Israele, dopo il quarto tsunami virale, hanno inaugurato – primi al Mondo, record olimpico – il terzo girone di inoculazioni – perché il siero miracoloso è ancora in fase di rodaggio, miracoli sì ma a tassametro – alle nostre obliquitudini, registriamo con soddisfazione il cambio di passo della comunicazione istituzionale. Dal macabro ‘ricordatevi che dovete morire, voi’ con annesse parabole belliche, al tono piacione e festaiolo per lanciare nell’etere il nuovo claim vincente: no vaccini, no party!

Più del dovere civico, potè l’irrinunciabile voglia estiva di movida.

Questo colpo di genio, unito all’arrivo nei bazar virtuali del nuovo gioco prezioso, ottimo per la stagione – il Cantacovid – ha mutato le sorti i destini gli orizzonti, della pandemia non si sa, ma degli incorregibili vacanzieri di sicuro. Compra anche Tu il Cantacovid, il karaoke connesso a Tik Tok, già virale nell’Universo, per divertirti senza limiti, né Great Pass nelle lunghe sere d’estate; invita anche tutti gli amici, tutto il quartiere, nemmeno l’afa (o l’aifa) potrà fermarci – chi fermerà la musica, anche se l’aria diventa elettrica?

Se tutte queste lodevoli iniziative non dovessero ottenere gli effetti auspicati sperati programmati ai tavolini delle buvette governative, nessun timore:

si passerebbe dal governo tecnico di salvezza delle anime e unità d’intenti particolari, a uno nuovo, più energico più marziale, come da desiderata di certi aedi mercenari che vagheggiano città pavesate, ma blindate militarmente e lunghe marce popolari per raggiungere i poli, d’inoculazione. Anche perché gli altri, nel frattempo, forse saranno già liquefatti e perduti per sempre, come certe belle patrie.

Uomini lo eravamo un po’ meno da un po’, ma uscendo dalla farsa dei caporali – kapò, come diceva quel Caimano – di giornata, per giungere alla tragedia smascherata della Giunta dei Colonnelli, almeno guadagneremmo qualche punto in chiarezza, dell’immagine, delle prospettive.

Si sa, i colonnelli rivendicano – anche da sobri – pieni poteri e vantano carta bianca.

All’immensa, eterna anima di Totò, compete per meriti artistici la risposta: adeguata e definitiva.

Sospesi, nel vento tempo (a tempo, indeterminato?)

Sospesi, da cosa da chi da dove?

Nel vento nel tempo, ma a tempo determinato o indeterminato?

Epoca, sospesa; dopo adeguata punizione verrà riammessa in classe?

Dad o presenza, meglio dal vivo che da morto, per quello ci sarà tempo.

Tutto bloccato, ci hanno applicato le ganasce, alle vite: alcuni concertisti, perso per perduto, hanno deciso di passare alla filosofia partenopea del caffé sospeso, varando i primi concerti sospesi della storia umana, da quando il dio greco – antico! – Hermes inventò la lira (strumento, non conio) e di fatto la Mosica.

Chiediamo perdono alla povera Tartaruga che offrì, poco spontaneamente, il carapace per realizzare lo strumento.

La Memoria è una riserva, dice la scrittrice Rosella Postorino, non indiana – né la scrittrice, né la riserva – di bellezza, un potente antidoto contro questa era di mali e storture; anche se, come rammenta José Saramago (sarà un mago? delle parole, di sicuro), la Memoria ci costringe, ci incatena alla Responsabilità; chi vuole rammentare, ne sia consapevole, non si accampi in zone troppo confortevoli e soprattutto non accampi scuse insostenibili.

Vox Populi, Vox Dei? Coltivare l’arte o almeno l’artigianato del dubbio, dovrebbe aiutarci, quando certi proverbi imbarcano acqua da ogni dove – dove? nella barca, con Calderon, sperando nel sogno e non nel traghetto infernale – e si dimostrano sciocchi acefali senza prua, incapaci di navigare nelle rotte tempestose, senza cime, del Mondo Dopo.

Ché una cima cui aggrapparsi, con cui ormeggiare può sempre rivelarsi utile.

Una cima invisibile tecnologica – reale o di fantasia – da scalare, per giungere nelle quote più alte dell’atmosfera, poi lasciarsi rapire dal vento, cosmico galattico, volare nello spazio, inseguendo per istinto comete e Ufo, anche senza rotte tracciate dai radar terrestri, occultati dentro grotte, scrigni di sale diamanti stalattiti e stalagmiti;

Ufo sempre più presenti nel nostro sistema solare, almeno secondo alcuni rapporti segretissimi dei tipi della Nasa – così segreti che sono pubblicati sul web – Ufo – chissà se dal Pianeta Vega – rapporti allarmanti che parlano di potenziali minacce per l’Umanità e per il Pianeta; posso esprimere allibito scetticismo? Mi fido più di questi sconosciuti misteriosi visitors ai quali pare che qualcuno, giusto per non smentirsi, voglia già dichiarare guerra, rispetto ai soliti famigerati omuncoli del caro vecchio globo, di solito propensi a rappresentare il pericolo più grave e peggiore alle nostre note (dolenti?) latitudini.

Pericolosi per sé stessi, per i propri simili, per Madre Gea.

A proposito, il ‘dio luna’ Chandra, brillante con il suo cocchio – occhio al cocchio! – cosmico, sponsorizzato dalla solita Nasa, pare sia riuscito a scattarsi dei selfie, anzi vere e proprie istantanee che mostrano per la prima volta nel dettaglio il centro della Via Lattea autoctona; un coacervo di buchi neri raggi cosmici supernove quindi stelle spente, cioè trapassate, un ecosistema violento ma affascinante, esteticamente una sorta di Piedigrotta spaziale durante la notte di San Silvestro, uno spettacolo pirotecnico inusitato, che atterrisce ma concupisce, concedendoci di intuire le potenze sconvolgenti che forse sono state causa, se non origine, del Tutto.

Confidiamo dagli anni ’70 nell’arrivo degli Ufo: gli Ufo Robot di Go Nagai.

Se come gesto di buona volontà volessimo organizzare un banchetto – aggiungiamo svariati posti al desco – speriamo che gli esseri giunti dallo spazio non siano pantagruelici di natura; negli anni ruggenti del Mondo Prima, pochi conoscevano Pantagruel, molti l’arte di imbucarsi e mangiare a ufo.

Trattiamoli bene e auguriamoci, qualora si rivelassero ospiti poco gradevoli, che non siano colti da ernia al disco, anche perché trovare il meccanico adeguato – o deus ex machina – sarebbe dura. Come direbbe quello: prima i Terrestri!

Vorrei essere il lago nella bilancia, le marmotte più o meno giovani al risveglio, i fondali del Giglio che rinascono a nuova vita.

Caro carissimo fantascientifico Ray, senza offesa per Phil anche lui aggregato alla lieta compagnia della novella: esco a fare quattro passi fino ai bastioni di Orione;

tanto qui nello spazio profondo, in attesa dell’Ufo Omnibus, si sta bene in ogni stagione, sì sì, garantito al limone di Melpomene, Pianeta non della tragedia, ma delle feste con canti e balli, risvegli nella Luce.