Nuvole Fenice

Quando nel cielo d’inverno, terso e lucido, compaiono nuvole a forma d’ala di fenice, forse è giunto il momento fatale di risorgere o almeno ravvivare le braci sotto la cenere.

Le tue mani sopra di me, mi convinci a risorgere – hai presente Nosferatu di Wilhelm Murnau, con la sinistra apparizione/ascensione verticale obliqua? – un ottimo auspicio, da cantare in coro, anche se siamo soli, tu con io e viceversa: soprattutto se il diretto interessato è già auto convinto, soprattutto se da lustri, oggi confortato dalla scienza ufficiale: il corpo anche dopo la morte continua a vivere per almeno un anno; l’ingenuo individuo – nell’accezione e con l’accento migliore – cogita che come epitaffio gradirebbe una dichiarazione d’intenti: non escludo il ritorno.

Se dopo ci sarà qualcosa, vi avvertirò; Nonna Erminia lo diceva sempre ridendo, propensa a restare qui, in questo lato del Mondo, a lungo, senza porre limiti alla provvidenza, né alla Provvidenza. Poi, un giorno, senza dire perché, né spiegando il come, è partita. Non ci ha ancora ragguagliato sui dettagli dell’oltre Terra, però si manifesta spesso e volentieri, con scherzi birboni che recano la sua inconfondibile firma ironica, talvolta beffarda.

Incontrare altri occhi, ma con la mascherina: no museruola, mascherina nera, elegante, da dandy d’altri tempi, 1940 o giù di là. Abito blu di foggia preziosa, cravatta rossa e cappello fedora – potrebbe sembrare il titolo d’una tragedia greca, non lo è, credo – in tono, puro Spirito di Will Eisner, molto concreto, per replicare a tono – tono su tono, talvolta anche tuono – alla criminalità, soprattutto alle ingiustizie dei tempi.

Sant’Ambrogio non credo sia l’omonimo fabbricante nonché dispensatore di quegli (possiamo dirlo?) orridi souvenir da bancarella turistica: ambrogini placcati oro con annessa Madunina del duomo, magari nei pressi della Scala. Teutonico (gallo!) di nascita, meneghino d’adozione ed elezione, pare fosse umile, saggio, intransigente; abile oratore, convertì Agostino, mise al suo posto – non solo in senso figurato, ma letterale anzi fisico – l’imperatore Teodosio. Amatissimo non solo dai cristiani convinti, ma dagli stessi eretici, amatissimo dalle genti di estrazione popolare. Nonostante tutto questo, qualche malalingua si ostinava ad insinuare: facciamogli il test della cadrega, tel chi l’è un terun; non solo in qualche remota mescita con cucina nella nebbiosa Brianza.

Le nuvole Fenice a quale velocità si spostano nel cielo? Si fa presto a dire velocità della luce, ma non siamo tutti Nembo Kids o Nembo Boys. Né di solito possiamo estrarre dalla tasca l’Enterprise, o qualche altra nave spaziale, magari una di quelle immaginate da Salgari – sì, l’Emilio fu anche autore (fautore) fantascientifico! – nel suo Le meraviglie del Duemila (scritto nel 1907, ambientato nel 2003). Alla velocità della luce volerai se e solo se prima saprai immaginarla, saprai trovarla, fabbricherai le parole per raccontarla, quindi grazie infinite all’astronomo Ole Christensen Romer che il 22 novembre del 1676 al cospetto dell’Accademia delle Scienze della corte reale di Parigi illustrò in modo incontrovertibile il metodo definitivo per imprigionarla dentro un calcolo, matematico. Senza di lui, addio fantascienza, addio eroi più o meno super, addio hi tech astronautico.

L’Uomo che aspirava a perlustrare il mondo da capitano di vascello e per colmo di sventure e paradossi non andò mai oltre Verona e Torino, inventò con la fantasia mondi meravigliosi, passati e futuri; preconizzò con la preveggenza dei veri geni ‘un Eden tecnologico, i cui comfort non solo non hanno risolto, ma anzi hanno incrementato solitudine e alienazione‘ (Stefano Massini su Robinson di La Repubblica).

Meglio, molto meglio anelare, essere una nuvola a forma di ala bianca di Fenice: non si raggiungerà mai la velocità della luce, non si sbarcherà su pianeti alieni, ma si potrà volare liberi e soprattutto in armonia nello stormo.

Uomini o caporali (colonnelli)?

Lacrime nel vento, lacrime sotto la pioggia.

Diluite dalla pioggia, non cancellate. Come l’etereo volto di Rutger Hauer nella ormai storica scena finale di Blade Runner, pioggia torrenziale che tra l’altro sarebbe stata utile per domare l’incendio ai Bastioni di Orione, a Troia assediata, a Roma, rogo che costò la reputazione al povero Nerone.

Il cittadino ciclista è la sciagura peggiore che possano immaginare gli amministratori delegati delle multinazionali del libero regime – libero il regime, di fare come gli pare e piace – neoliberista globale: una iattura, una catastrofe in grado di sbaragliare strategie di marketing, di abbattere raffinati giochini di borsa, di azzerare i lauti dividendi spesso esentasse in quanto non tracciabili (altro che green pass) dei soci della compagnia; la bicicletta è con le sue ruote l’inciampo trascurabile che manda a rotoli il sistema, il piccolo ingranaggio che con i dentini ai quali si aggancia la catena manda a gambe all’aria l’ingranaggio ciclopico del Mercato, il mezzo di trasporto più detestato e temuto nei consigli d’amministrazione. Il ciclista di solito è orientato alla convivenza pacifica, viaggia senza inquinare, adora gli armonici equilibri della Natura: converrete anche Voi che non esista un nemico più perfido per l’IperFondaco globale?

Non so se gli Androidi sognino davvero pecore elettriche – chiedetelo a Philip K. Dick – talvolta mi chiedo quali siano i sogni dell’Umanità nel Mondo Dopo, mi auto interrogo anche su quali siano i miei sogni. Calderon, oh Calderon, Tu dalla barca, potresti suggerire qualche nuova fantasia, all’altezza delle tue? La vida es sueno, ma questa somiglia più ad un incubo, da mancata o complicata digestione, post simposio luculliano. Per ingordigia indecente, ci siamo pappati tutto il Pianeta, a occhio sulle croci, la cuenta – por favor – sarà salata assai.

Lo spunto gustoso – non lo spuntino – offerto da Alessandro Bergonzoni con una sua brillante spigolatura dalle pagine di Robinson: quello che ci riguarda, quante volte ci ha già guardati sorvegliati vegliati? A forza, di guardarci, non si è ancora stufato? Abbiamo scoperto, incredibile nevvero? che il Popolo dei Castori è abilissimo nell’ingegneria idraulica, potrebbe aiutarci a risolvere tanti ormai famigerati problemi, vicino ai fiumi e ai laghi: abilissimo, non miracoloso; il resto del lavoro, spetterebbe, finalmente, all’Uomo, ridestato dal lungo inspiegabile sonno. Della ragione, in primis.

Come fa notare con arguzia Stefano Massini o come lo interpreto secondo esegesi mia personale: siamo passati dal piccolo spazio pubblicità delle Bollicine di Vasco da Zocca – o dall’intero cd degli Afterhours a disposizione per promuovere un’azienda, invece di sprecarlo per una musica inutile – allo spazio a pagamento; attenzione, non per tutti, con buona o cattiva pace, eterna, dei romantici Pirati del cosmo della nostra infanzia. Voli spaziali, poco pindarici molto esclusivi, solo per i riccastri della Terra, quelli che obnubilati dai conti bancari si reputano dei di un qualche olimpo di ordine minore, quelli che – hai visto mai – fosse vero che Gea presto deciderà di espellerci dal Suo regno, tentano di raggiungere mete alternative. Immoralità, di livello siderale, senza la bellezza delle Stelle.

Mentre in Israele, dopo il quarto tsunami virale, hanno inaugurato – primi al Mondo, record olimpico – il terzo girone di inoculazioni – perché il siero miracoloso è ancora in fase di rodaggio, miracoli sì ma a tassametro – alle nostre obliquitudini, registriamo con soddisfazione il cambio di passo della comunicazione istituzionale. Dal macabro ‘ricordatevi che dovete morire, voi’ con annesse parabole belliche, al tono piacione e festaiolo per lanciare nell’etere il nuovo claim vincente: no vaccini, no party!

Più del dovere civico, potè l’irrinunciabile voglia estiva di movida.

Questo colpo di genio, unito all’arrivo nei bazar virtuali del nuovo gioco prezioso, ottimo per la stagione – il Cantacovid – ha mutato le sorti i destini gli orizzonti, della pandemia non si sa, ma degli incorregibili vacanzieri di sicuro. Compra anche Tu il Cantacovid, il karaoke connesso a Tik Tok, già virale nell’Universo, per divertirti senza limiti, né Great Pass nelle lunghe sere d’estate; invita anche tutti gli amici, tutto il quartiere, nemmeno l’afa (o l’aifa) potrà fermarci – chi fermerà la musica, anche se l’aria diventa elettrica?

Se tutte queste lodevoli iniziative non dovessero ottenere gli effetti auspicati sperati programmati ai tavolini delle buvette governative, nessun timore:

si passerebbe dal governo tecnico di salvezza delle anime e unità d’intenti particolari, a uno nuovo, più energico più marziale, come da desiderata di certi aedi mercenari che vagheggiano città pavesate, ma blindate militarmente e lunghe marce popolari per raggiungere i poli, d’inoculazione. Anche perché gli altri, nel frattempo, forse saranno già liquefatti e perduti per sempre, come certe belle patrie.

Uomini lo eravamo un po’ meno da un po’, ma uscendo dalla farsa dei caporali – kapò, come diceva quel Caimano – di giornata, per giungere alla tragedia smascherata della Giunta dei Colonnelli, almeno guadagneremmo qualche punto in chiarezza, dell’immagine, delle prospettive.

Si sa, i colonnelli rivendicano – anche da sobri – pieni poteri e vantano carta bianca.

All’immensa, eterna anima di Totò, compete per meriti artistici la risposta: adeguata e definitiva.