Vacua Immortalità

Tempi grami anche per l’Immortalità.

Nel Mondo Dopo dura 4 mesi, un’Immortalità a scartamento ridotto, spuria, a tempo determinato, una immortalità formato Raider – immortalità lavoretto? funzionicchia? – anche l’Immortalità ha perso appeal, non è più influencer – perfino il correttore di bozze automatico strabuzza gli occhi al cospetto di codesto lemma – , è diventata banale come la pizza 4 stagioni, quelle che non ci sono più e, di sicuro, non sono quelle di una volta (una tantum?).

Siamo così evoluti avanzati progrediti che siamo riusciti a brevettare l’immortalità con obsolescenza programmata, un autentico trionfo della scienza, della ricerca – tu quoque Diogene? – dell’onnipotente mercato globale.

Troppo facile nei medioevali tempi arcaici acquisire l’Immortalità e spassarsela per l’eternità; fine dei furbetti senza dazio, fine del sollazzo (assonanze libere) ad libitum, fine della pacchia ai danni del pil.

Vuoi l’immortalità, la brami, la desideri? Paghi ma sai che poi dovrai periodicamente aggiornarla per renderla attiva nel quadrimestre successivo, come uno ‘smart phon’ qualunque, come uno studente somarello – trotta trotta che il Mondo era bello, solo pay per live, ovvio – chiamato negli ultimi giorni del periodo a rimediare alle topiche alle magagne alle insufficienze accumulate per demerito, pigrizia, ‘lavatività’. Immortale indolenza.

Highlander pronto a dimettersi, per lui perdere la testa, sarebbe il meno: sono stato immortale, lo ammetto, ma a mia insaputa;

anche i cari saggi incantevoli vecchietti di Cocoon si giustificano: non rompeteci le uova nel paniere e poi non sono nostri acquisti, ci sono piovute in giardino da qualche galassia lontana lontana;

Achille, eroe mitologico al momento claudicante, chiede esenzione dal ticket: sì, sono titolare di immortalità, ma imperfetta, causa mancata completa immersione. per responsabilità altrui (Teti mamma nereide un po’ distratta, un po’ maldestra; Stige fiume dispettoso).

Ci sarebbe poi tutta la vastissima teoria pletora platea di quelli che immortali ci si credono – Immortali forever youngs – ma per loro al vaglio del governicchio ‘migliorissimo’, c’è tutta una serie di provvedimenti legislativi ad hoc, draconiani come nella tradizione, quella peggiore.

Non mi chiamo Greta Garbo, ma ho una pessima notizia da scrivere: la Fonte dell’Immortalità (o eterna giovinezza), quella dell’Eden, causa crisi climatica irrisolta, si è inaridita; rivolgersi ai nuovi rabdomanti.

L’Opera d’Arte rende immortali anche senza essere Dorian Grey; ti basterebbe dipingere una Pietà uguale a quella prodigiosa realizzato da Jacopino del Conte.

Le tenebre e la luce di Caravaggio forse saranno il simbolo dell’ancestrale lotta mortale tra Male e Bene, come del resto la Sua stessa anima tormentata: certo, nei suoi più formidabili dipinti, i personaggi appaiono incatenati ad una faticosa opprimente quotidianità e al tempo stesso invischiati in una invincibile eternità; il Merisi sarà anche morto giovane, solo e abbandonato, assassinato dai suoi demoni e da nemici invidiosi del talento, ma avreste voi l’ardire di negare la Sua propria gloriosa Immortalità?

Sarete contenti anche Voi – lo auspico – nell’apprendere che gli antichi Uccelli, i pennuti quelli veri, quelli usciti dal Mare in forma di pesci e poi capaci di evolversi fino a diventare signori dei Cieli (quindi portatori sani nonché volanti di Immortalità) forse per antipatia abbattono i droni fattorini delle multinazionali del commercio; intelligenze superiori.

Dovremmo rivedere presto il nostro concetto, la definizione di immortalità: gli scienziati paleontologi hanno appena scoperto un nuovo tipo di Dinosauro mai classificato prima e in Cina – la via per il Katai anche se non sempre foderata di seta riserva sorprese agli esploratori, ancora oggi – sono state rinvenute molecole organiche in un fossile datato 125 milioni di anni fa; di fronte all’immortalità e all’eternità, bazzecole, ma per noi bipedi fallibili limitati un effetto contundente, anche in preda alla tentazione di rendere reale il cinematografico hollywoodiano parco giochi giurassico: un divertimento assoluto farsi inseguire da mastodonti poco dialoganti, molto carnivori, sperando si convertano in corsa alla dieta vegetariana.

Sono tornati, dopo 35 anni, ancora morti come allora, eppure più vivi che mai: gli zombi amici di Dylan Dog, stavolta a colori; mentre il Mondo Dopo implode nella propria dissolvenza, loro festeggiano un’alba nuova, un carnevale caleidoscopico per rallegrare il Globo; mi ripeto? Certo, contengo moltitudini, di contraddittorie repliche del Pianeta che fu. Immortale. Almeno fino a quando reggerà la memoria, la mia.

Voi siete per caso ingegnere navale? Dunque, come potete affermare che il Titanic stia affondando? Aggiungerei, senza tema senza smentita, che quel rumorino sordo che Voi affermate essere stato l’impatto dello scafo con un iceberg vagabondo, non trova riscontro correlazione con i fatti: non vedete? Le stelle brillano come diamanti incastonati nel cielo notturno, l’orchestrina suona allegra senza cedimenti. Mi avete convinto Dolcezza – si può ancora azzardare galanteria, senza essere accusati di sessismo o di tentativo di molestie sessuali? – riservate l’ultimo ballo per me.

Un whisky scozzese, senza ghiaccio, grazie.

Brindiamo a questa vacua, frivola, immorale:

immortalità.

Meazza

Pagina di Peppin fu Meazza G., un calciatore o un uomo? Una figurina, un balilla, un Italiano da raccontare? Pagina di un sogno con le fattezze del centravanti.

Pagina degli uomini sportivi, belli come divi di Hollywood, attori a loro modo, eroi delle domeniche popolari, perché un popolo, in catene o liberato (schiavo di altre, nuove, modernissime invisibili catene) ha sempre bisogno di eroi e dei; da acclamare e poi tradire, distruggere, annichilire con violenza, nella polvere dell’oblio o in quella di cruenti fuochi ormai spenti.

Chiedi chi era Meazza e non troverai risposte. Un uomo elegante, amante della vita e delle passioni, raffinato ballerino di tango e impareggiabile seduttore, giocatore di pallone e soprattutto d’azzardo, perché i dribbling più difficili e più spettacolari sono sempre quelli al proprio destino, alla propria vita, perfino a Dio: se ti credi fenomeno paranormale, prova a uccellare il Creatore con un tunnel o con un pallonetto!

Pagina del pallone, sgonfio, lacerato, abbandonato. Sfera senz’anima, predata della gioia, dispersa nel grigiore di un tetro cortile d’asfalto; privato il cortile, privato il pallone di imprevedibili rimbalzi, orbato da traiettorie magiche, incapace ormai di scovare spazi insondabili dalla percezione umana, là dove non esistono spazi, né rotte plausibili. Giardino desolato e brullo, sfera desolata, senza moto naturale, nostalgica perfino di quei calci ricevuti, nostalgica di quelle voci che incitano alla vita e al gioco, si inseguono e seguono partiture invisibili, forse inesistenti, forse metafisiche, voci che sono cassa di risonanza e eco per altre, infinite voci. Tutto immobile, tutto spento. Il pallone che non rotola, il cortile senza più i Bambini, nova suprema Lex.

Ho sognato, forse deliravo, i piloni dello Stadio Giuseppe Meazza, in San Siro, a Mediolanum.

Sindrome di Stendahl davanti alla cattedrale laica del balun, come la prima volta che la vidi e la visitai, un senso di spaesamento al cospetto del gigante, ebbrezza, timore reverenziale e ammirazione per un luogo che dai racconti dei miei familiari e dai filmati d’epoca, nella mia percezione e nella mia immaginazione si era tramutato in un castello fiabesco, in un teatro leggendario di gesta pedatorie, da tramandare alle future generazioni, profane e ree, non per colpa o dolo, ma per crudeltà d’anagrafe, di non aver vissuto le epoche epiche.

Stadio vuoto, senza squadre schierate sul prato, né ululanti masse di tifosi; partigiani e campanili, massa e potere, massa è potere (?), potere alla massa, o potere carnefice delle masse?

Stadio Meazza, anche Tu appartieni ormai al Mondo Prima, relegato davvero in un universo mitologico, non più reale, non più disponibile, non recuperabile neppure attraverso l’invasione degli ultrafilmati, caricati carichi d’immagini a bizzeffe su youtube; nel Mondo Prima del prima, senza rete né imbarcazione né Nautilus, navigavi e vogavi su oceani di fantasia: le enciclopedie, tutti per una Utet per tutti, per i rari fortunati possessori o nelle rare occasioni di consultazione, fornivano indizi, spunti; il resto, il mancante, i dettagli più interessanti e ghiotti, le coordinate, omissioni opere parole missioni, venivano elaborati e aggiunti copiosamente lavorando d’immaginazione. Immaginando di lavorare.

Meazza Titanic, condannato a restare inabissato per sempre nell’oscura fossa delle Marianne – non floride campagnole, né ardite rivoluzionarie – ma ostili dee delle profondità, regine dei recessi inviolabili, del Mondo e della Memoria; condannato, non sappiamo ancora se si tratti di una maledizione o dell’ultima occasione per l’Umanità, a scivolare con lentezza inesorabile sempre più giù, verso l’epicentro e l’origine stessa della Tenebra.

E quel cortile intanto seguita a restare un deserto d’asfalto con un mesto pallone squarciato…