Riso, del/dal Katai

La Cina era lontana, così lontana che durante il tragitto – poteva durare anni, senza certezza di giungere alla meta – mutava addirittura nome, per diventare il leggendario Katai.

L’orgoglio di fantastiche operaie, api e donne, le biciclette di Shangai ché l’energia motoria umana resta abbastanza ecologica. Lavorare come un cinese equivale a lavorare come un negro? Al netto dei razzismi, temo si tratti in ogni caso di fatiche sovrumane. Quando durante l’infanzia, nelle liti infantili da cortile o perfino da parrocchia, qualcuno ti diceva con tono aggressivo: ma va’ in Cina, la sensazione è che non si trattasse di un augurio per una carriera da mercante e/o esploratore, nemmeno da inviato giornalista a Pechino. Piazza Tienanmen nel cuore.

Il riso abbonderà nella bocca degli sciocchi, ma sono sciocchi che almeno hanno la possibilità di nutrirsi; del resto, come dettava Totò a Peppino, abundantis abundantiam; melius abundare quam deficitare (essere e/o fare i deficitari).

La via era (sarà) della seta, ma il percorso non è certo foderato di velluto; siamo andati negli ultimi decenni con l’arroganza e la superbia tipiche degli occidentali, credendo che il Dragone dei mercati globali ci aprisse quello interno, permettendoci di arricchire i soliti famigerati del profitto; i suoi adepti hanno spesso imparato i nostri metodi e le nostre tecniche del lavoro e poi con la loro forza schiacciante – numerica, geografica, di risorse naturali – e la dedizione totale, ci hanno surclassati nella crudele competizione poco sportiva chiamata pil. Come disse qualcuno, la Cina ha vinto in modo sleale: le lavoratrici e i lavoratori hanno lavorato duro durante l’orario riservato al lavoro.

Da va’ in Cina, a va’ su Selene è un attimo: anche perché percorrendo di buona lena tutta la Muraglia, non è detto che alla fine la bicicletta non riesca a spiccare il volo. Del resto, dai tempi di Melies. abbiamo la stessa ossessione. Ora poi che abbiamo scoperto i pit – non i pit stop, sarebbero necessari all’Umanità, in quantità industriale – ossia le cavità lunari circa 200 nelle quali pare viga un microclima gradevole con temperatura sui 17 gradi e soprattutto in grado di proteggere dai raggi cosmici e perfino dai monsoni meteoritici; al punto che qualcuno già vagheggia di sfruttarle per ospitare in un futuro prossimo (prossimo più per la Luna che per la Terra) torme di cosmo turisti, realizzando il primo albergo diffuso satellitare della storia – anche se, i patiti del telefilm britannico Spazio 1999, avevano immaginato questo e altri mondi possibili molto ante litteram rispetto a questi mercanti fuori tempio e fuori tempo.

Senza riso immotivato, lo sapevate che l’apparente cifra iperbolica di mille miliardi di dollari in realtà costituisce solo l’1% del famigerato Pil planetario? Rowan Hooper ci ha non solo informati, ma sulla questione ha prima ragionato, per poi scrivere un saggio dettagliato, basato sui dati precisi al centesimo, suggerendo come sarebbe auspicabile spendere quella cifra in progetti concreti e mirati per risolvere in massima parte quasi tutti i problemi annosi che affliggono la nostra casa comune; non ci sarebbe così più necessità di attendere le concessioni di istituzioni politiche e/o magmatiche compagnie sovranazionali: sembrano lontane come il Katai le ere di Mamma mia dammi cento lire che in Cina (era la Cina?) voglio andar, o dell’altro motivetto che faceva così Se potessi avere mille lire al mese (il signor Bonaventura con il suo milione era già un personaggio plutocratico, ma senza dubbio saggio e simpatico). Sembrano cose remote, era solo il nostro ieri quotidiano.

Errare humanum est, quanta verità in una piccola sentenza latina: è umano vagare, da quando siamo apparsi nel cuore dell’Africa; non abbiamo nemmeno fatto in tempo ad evolvere un po’, che già avevamo cominciato a commettere errori – sbagliare si può, si deve, meglio farlo da professionisti – però grazie ai tentativi abbiamo acceso fuochi, costruito monocicli; andare a est, come cantava Augusto Daolio ( a Est, a Est) e, come volevasi dimostrare, tornare alla Cina, casella di partenza:

lost in China, persi in Cina, vivendola osservandola con gli occhi del fotografo udinese Danilo De Marco – la forza icastica delle fotografie (Susan Sontag) – un vero viaggio per incontrare persone, per capirne la natura profonda, in un mondo in cui il profitto è l’unico dio a discapito delle parti più deboli (gli uomini umili, gli ecosistemi), il tempo non è solo una concatenazione di eventi da giudicare, ma una dimensione per coltivare dialogo, amicizia, affetto, perfino amore.

Da usare con rispettosa parsimonia, senza riderne.

La gentilezza delle parole crea fiducia. La gentilezza di pensieri crea profondità. La gentilezza nel donare crea amore. (Lao Tzu)

Fai della Zucca la tua meta

Pagina delle Zucche, per restare sempre sul pezzo.

Zucche, prelibato frutto di stagione, sinonimo e contrario di scatole craniche, con polpa grigia invece che arancione, più o meno presente, più o meno gustosa, più o meno polposa. Talvolta nelle scatole craniche puoi ritrovare solo altre scatole, vuote, matrioske mentali, senza sorpresa.

Messer Zuccavuotadiborgo vorrebbe rifilarci o infilarci dentro il suo mondo vuoto artificiale; dopo le facce senza libri, dopo autobiografie vuote spurie di protagonisti, l’involuzione finale: tutti prigionieri del grande nulla, ove ogni presenza è virtuale, ove tutto quanto appare è solo entità fantasmatica – anzi, magari – caro Marco, una sola rossa foglia d’acero, con le sue nervature meravigliose, pura arte naturale, fa scomparire i tuoi micro ambienti di bit, binari o quantistici poco importa.

Rassegnati, hai perso la sfida, prima della partenza.

Anche perché da Metaverso, a Mataverso, spesso è un attimo.

Raggiungere poi la Meta non è da tutti, non è per tutti: mille metri di altezza in Abruzzo, la ricompensa il panorama tutte le delizie locali l’ospitalità calda e amichevole dei circa 300 abitanti; poi si sa caro Burt quella sporca ultima Meta può costare lacrime e sangue; anche il cantautore ringrazia per l’inattesa campagna promozionale mondiale, in questo caso fortunato a costo zero, per una volta davvero.

Comunque, caro Marco, tu che non so quanto degnamente porti lo stesso nome del Polo che spesso andava in Katai, dovresti rammentare quanto cantava poeticamente Frankie, un po’ fissato nella volontà di recarsi a Hollywood Land: make Love your Goal, per i meno abituati – non per i meno abbienti, Loro lo sanno da sempre – fai dell’Amore la tua Meta.

La differenza di passo tra gli uomini nativi delle Americhe e quelli occidentali usurpatori: i primi sfiorano il terreno per rispetto verso Madre Gea, i secondi lasciano pesanti impronte, non solo ecologiche come chi si crede padrone del tutto, mentre basterebbe ogni tanto alzare gli occhi al Cielo per percepire la nostra insignificanza rispetto all’Universo. Antropocentrismo non solo demodé usurato sorpassato, anti storico anti razionale anti Legge universale: non siamo unità di misura del Tutto, casomai dell’infinitamente piccolo, infinitamente transeunte; non siamo pietra emiliana miliare d’angolo nemmeno della Via Emilia, tra la pianura padana e il Cosmo infinito.

L’armata dei fiumi neri in Sicilia, a cominciare dal Naro divenuto nero – non si pensi a razzismo o degenerazioni ideologiche – causa sversamento dei liquidi di risulta vegetale delle aziende che producono olio d’oliva, sono il solito flusso della cupidigia ma da zucche vuote: invece di inquinare uccidendo la fauna e la flora fluviale, quei liquidi sarebbero manna per rendere più fecondi i terreni agricoli.

Ci sono Cani sapienti che imparano comprendono assimilano anche più di mille parole, senza tema di smentita caro Salvo, una bagaglio culturale e linguistico molto più ampio e poderoso rispetto a quello di tanti nostri simili connazionali: del resto, provate voi, se gradite l’arduo cimento, a spiegare differenze tra con e da, tra immunizzazione e parziale protezione da conseguenze gravi: auguri.

In ogni caso, in ogni modo, cenere siamo e alla Terra torneremo: humus diventeremo e forse saremo finalmente utili;

la cultura della cura e del rispetto dei Morti – con susseguente globalizzazione dell’idea, a partire dalle Civiltà del Mediterraneo – della gratitudine per i Trapassati, delle porte dimensionali per lo scambio di amorosi sensi e doni tra dimensione terrena e ultraterrena sono stati inventati un po’ prima del vostro marketting, strapazzato da strapazzo:

evitiamo di essere così puntigliosi da voler stabilire chi siano i Defunti, chi siano i viventi, potremmo ricevere scherzetti invece di dolcetti.

Stanotte non siate insensibili, lasciate le tavole imbandite, Voi forse non sapete perché, Loro sì.

Comunque, citando l’Amico californiano Jim, Morrison, pur di non morire, sarei pronto a dare la vita (e una zucca).

Vacua Immortalità

Tempi grami anche per l’Immortalità.

Nel Mondo Dopo dura 4 mesi, un’Immortalità a scartamento ridotto, spuria, a tempo determinato, una immortalità formato Raider – immortalità lavoretto? funzionicchia? – anche l’Immortalità ha perso appeal, non è più influencer – perfino il correttore di bozze automatico strabuzza gli occhi al cospetto di codesto lemma – , è diventata banale come la pizza 4 stagioni, quelle che non ci sono più e, di sicuro, non sono quelle di una volta (una tantum?).

Siamo così evoluti avanzati progrediti che siamo riusciti a brevettare l’immortalità con obsolescenza programmata, un autentico trionfo della scienza, della ricerca – tu quoque Diogene? – dell’onnipotente mercato globale.

Troppo facile nei medioevali tempi arcaici acquisire l’Immortalità e spassarsela per l’eternità; fine dei furbetti senza dazio, fine del sollazzo (assonanze libere) ad libitum, fine della pacchia ai danni del pil.

Vuoi l’immortalità, la brami, la desideri? Paghi ma sai che poi dovrai periodicamente aggiornarla per renderla attiva nel quadrimestre successivo, come uno ‘smart phon’ qualunque, come uno studente somarello – trotta trotta che il Mondo era bello, solo pay per live, ovvio – chiamato negli ultimi giorni del periodo a rimediare alle topiche alle magagne alle insufficienze accumulate per demerito, pigrizia, ‘lavatività’. Immortale indolenza.

Highlander pronto a dimettersi, per lui perdere la testa, sarebbe il meno: sono stato immortale, lo ammetto, ma a mia insaputa;

anche i cari saggi incantevoli vecchietti di Cocoon si giustificano: non rompeteci le uova nel paniere e poi non sono nostri acquisti, ci sono piovute in giardino da qualche galassia lontana lontana;

Achille, eroe mitologico al momento claudicante, chiede esenzione dal ticket: sì, sono titolare di immortalità, ma imperfetta, causa mancata completa immersione. per responsabilità altrui (Teti mamma nereide un po’ distratta, un po’ maldestra; Stige fiume dispettoso).

Ci sarebbe poi tutta la vastissima teoria pletora platea di quelli che immortali ci si credono – Immortali forever youngs – ma per loro al vaglio del governicchio ‘migliorissimo’, c’è tutta una serie di provvedimenti legislativi ad hoc, draconiani come nella tradizione, quella peggiore.

Non mi chiamo Greta Garbo, ma ho una pessima notizia da scrivere: la Fonte dell’Immortalità (o eterna giovinezza), quella dell’Eden, causa crisi climatica irrisolta, si è inaridita; rivolgersi ai nuovi rabdomanti.

L’Opera d’Arte rende immortali anche senza essere Dorian Grey; ti basterebbe dipingere una Pietà uguale a quella prodigiosa realizzato da Jacopino del Conte.

Le tenebre e la luce di Caravaggio forse saranno il simbolo dell’ancestrale lotta mortale tra Male e Bene, come del resto la Sua stessa anima tormentata: certo, nei suoi più formidabili dipinti, i personaggi appaiono incatenati ad una faticosa opprimente quotidianità e al tempo stesso invischiati in una invincibile eternità; il Merisi sarà anche morto giovane, solo e abbandonato, assassinato dai suoi demoni e da nemici invidiosi del talento, ma avreste voi l’ardire di negare la Sua propria gloriosa Immortalità?

Sarete contenti anche Voi – lo auspico – nell’apprendere che gli antichi Uccelli, i pennuti quelli veri, quelli usciti dal Mare in forma di pesci e poi capaci di evolversi fino a diventare signori dei Cieli (quindi portatori sani nonché volanti di Immortalità) forse per antipatia abbattono i droni fattorini delle multinazionali del commercio; intelligenze superiori.

Dovremmo rivedere presto il nostro concetto, la definizione di immortalità: gli scienziati paleontologi hanno appena scoperto un nuovo tipo di Dinosauro mai classificato prima e in Cina – la via per il Katai anche se non sempre foderata di seta riserva sorprese agli esploratori, ancora oggi – sono state rinvenute molecole organiche in un fossile datato 125 milioni di anni fa; di fronte all’immortalità e all’eternità, bazzecole, ma per noi bipedi fallibili limitati un effetto contundente, anche in preda alla tentazione di rendere reale il cinematografico hollywoodiano parco giochi giurassico: un divertimento assoluto farsi inseguire da mastodonti poco dialoganti, molto carnivori, sperando si convertano in corsa alla dieta vegetariana.

Sono tornati, dopo 35 anni, ancora morti come allora, eppure più vivi che mai: gli zombi amici di Dylan Dog, stavolta a colori; mentre il Mondo Dopo implode nella propria dissolvenza, loro festeggiano un’alba nuova, un carnevale caleidoscopico per rallegrare il Globo; mi ripeto? Certo, contengo moltitudini, di contraddittorie repliche del Pianeta che fu. Immortale. Almeno fino a quando reggerà la memoria, la mia.

Voi siete per caso ingegnere navale? Dunque, come potete affermare che il Titanic stia affondando? Aggiungerei, senza tema senza smentita, che quel rumorino sordo che Voi affermate essere stato l’impatto dello scafo con un iceberg vagabondo, non trova riscontro correlazione con i fatti: non vedete? Le stelle brillano come diamanti incastonati nel cielo notturno, l’orchestrina suona allegra senza cedimenti. Mi avete convinto Dolcezza – si può ancora azzardare galanteria, senza essere accusati di sessismo o di tentativo di molestie sessuali? – riservate l’ultimo ballo per me.

Un whisky scozzese, senza ghiaccio, grazie.

Brindiamo a questa vacua, frivola, immorale:

immortalità.

Lacune lacunari lacustri

Pagina dei Quattro, i 4 del Lago.

Loch Ness con Nessie o Laguna Nera con Misteriosa creatura subacquea poco importa, anzi molto: più Creature entrano, più varietà possiamo ammirare.

Quattro su quattro, nel senso dei laghi: ottima media.

I 4 partirono baldanzosi per esplorare i 4 Laghi montani, causa assembramento degli ultracorpi turistici, non riuscirono nemmeno a scorgere un ruscelletto e tornarono mogi in baita, suonati come pifferi, anche quelli di montagna, per solidarietà.

Immaginare i quattro lacustri – aspiranti tali, senza intenzione di prosciugare i laghi residui – acquartierati tra i canneti, tra cespugli spontanei, attenti intenti a auscultare il gracidare il gracidio delle rane ranocchi indigeni, mimetizzati tra piantine gongolanti di umidità, verdi di clorofilla, evitando quelle carnivore, molto carnivore e affamate, spesso assai.

Carnivori, come certi multimiliardari, che però affidano ad agenti d’immagine e uffici stampa messaggi da diffondere a reti unificate, tramite media mercenari, ai Popoli, ai giurati – chi giura di solito spergiura, recita a soggetto un copione falso, come le teste di Modigliani del 1984 – di certi premi screditati, scaduti, di latta anche arrugginita: siamo martiri per la scienza, interpretiamo la ricerca come fosse una missione. Missione segreta per conti segreti, alle Cayman.

Basterebbe guardare con poca attenzione, osservare, scansionare minuziosamente volti e occhi di queste persone così filo antropiche per sobbalzare, al cospetto di pose sguardi lineamenti, vagamente somiglianti a sembianze naziste del Mondo Prima – erroneaMente ritenute archiviate in via definitiva, via che non esiste sullo stradario della Storia – inquietanti impressioni, anche per la confidenzialità con la quale i sedicenti cani da guardia della Democrazia, scodinzolano invece fedeli ai piedi dei potenti globali, confezionando per loro familiari sigle da social e soprannomi da sciatto marketing cattura simpatie.

Per esempio, una certa K.K.: manca una cappa – cappa o spada – per il tris perfetto. Omettono in modo consapevole, calcolato l’identità dei veri Autori di alcune fondamentali scoperte per il bene dell’Umanità, con il difetto terribile dell’assenza del fine di lucro; Scienziati estromessi dalla cerchia degli idoli da mostrare alle Genti, in quanto non fidelizzati non asserviti, non plagiati plasmati al/dal sacro indiscutibile Dogma.

Siero per tutti, compresi i neonati; siamo passati nell’arco di pochi decenni dal tentato golpe del generale Borghese, a quello trionfale di general Siringa; deliri così palesi e lapalissiani da risultare saggi consigli illuminati, da buon pater familias, ché anche i generali, in fondo, tengono famiglia.

Non riusciamo ancora a valutare tramite voto – rigorosamente virtuale – se il paese abbia compiuto il fatidico passo in avanti – piccolo o grande, per le sorti del Mondo – sulla bocca del vulcano; un progresso, un processo, un profluvio?

Finire dentro una Lacuna, non solo culturale; frazione con innumerevoli segherie e aziende di legnami, ma con soli 41 abitanti; alcuni magari fan dei Lacuna Coil, sia in fase goth sia alternative, però metal, perché, volenti o nolenti, siamo tutti prigionieri del Delirium totale.

Meglio sedersi su uno scoglio di avvistamento a Otranto, al momento – non monumento – opportuno gridare ai villaggi: Mamma li Turchi o li Kataioti (non qatarioti), nel senso di quelli dal Katai, insomma i Cinesi; dalla via del Mare con seta o anche senza. Si stava meglio, quando forse in effetti stavamo meglio, a nostra insaputa, ma osservando il post – non sul web – anche il feroce Salatino per tacer del bello guaglione O’ Sarracino, brilla di luce quasi amichevole e confortante.

Come in certe memorabili lezioni del Maestro Manzi, il papà di Orzowei ‘corri ragazzo vai e non fermarti mai’, quando la Rai era davvero mamma e si premurava di garantire agli Italiani un’alfabetizzazione e scampoli di Cultura, il più possibile ampi accessibili comunitari. Sulla nera lavagna bastava aggiungere dopo la V maiuscola una muta, discreta h e come per magia compariva una Vacca, sacra per gli Indù, venerata anche qui da noi.

Se rispondendo in modo esatto a un test completo di cultura generale – la cultura, non quello di prima – otteneste in premio un lasciapassare per una serata al ristorante insieme alla vostra famiglia, siate attenti alle ordinazioni che pronuncerete ai camerieri: confondersi, sull’onda del sentiment del momento e dell’emozione è un attimo: gradiremmo del tinello tonnato.

A questo punto, dall’altalena ricoperta di muschio, meglio attendere l’emersione dal lago – quello invisibile ai droni e alle masse – della Creatura, di quel mostro nell’accezione latina che diceva di non essere pacifista, ma nemico della guerra.

Un autentico Mostro.

Faville e Piramidi

Pagina Bianca delle Faville.

Pagina bianca, terrore dello scrittore, creativo o meno; nel caso del meno, meno preoccupato. Bianca come sabbie del deserto, bianca come spiagge cristalline, Bianca, ma di Nanni Moretti, con gigantesco vasetto di cioccolata spalmabile, petit cadeu.

Pagina delle faville, pupille speriamo spalancate senza costrizioni all’arancia meccanica, delle Favelle, mute però in moto costante, delle novelle, attendendo senza attentati alla nostra psiche labile (psicolabile, psiche abile e arruolata, dalla Vita, per forza e per amore), quelle liete; finalmente liete, le più liete, lievi, da Liegi – Bastogne – Liegi.

Chè se hai dentro faville che fanno scintille, anche pedalare sul pavé, in salita Pantani, controvento nomade diventa meno arduo, complicato, dispendioso.

Non sottovalutare mai il potere dello Zero, dottore, cifra o linguaggio macchina, può annientare o rendere molteplici.

Non sottovalutare l’O di Giotto, per tacer di Cimabue, l’o dell’amato pio bove, lo oh di Meraviglia.

Fanciullino, questo non è un giogo, sia chiaro.

O come gli Okapi dell’Uganda, un po’ zebra, un po’ giraffa, molto a rischio per la stolida solida stupidità umana. Speriamo che la gran PadreMadre del Popolo Okapi faccia fuggire tutti i bricconi bracconieri che da bambini di sicuro non seguivano mai il Braccobaldo Show, né Woobinda.

Non è mai troppo tardi, a parte quando si emigra da una dimensione all’altra: Muhammad Alì, fu Cassius Clay, danzando e pungendo come un’ape farfalla, nonostante Parkinson fosse già dentro di lui, salvò una Vita; molte altre ne salvò, a casa sua e in Vietnam, quando rifiutò l’arruolamento e soprattutto la guerra come unico mezzo per dirimere litigi tra Popoli; eppure era un Guerriero, vero ma saggio. Soprattutto, un Uomo.

Candelora, ora della candela o waltzer delle colate di cera, illuminanti: se appare il Sole – così è, se vi appare – dall’inverno generale semo fora, ma se piove e tira vento, qualcuno che busserà a questo convento apparirà, di sicuro, concreto fisico, con tanto appetito.

Cartellino giallo al Popolo gregge compatto, tutti fuori dalle stalle, ché il mercato ha bisogno di noi e soprattutto dei nostri ormai esigui esangui risparmi; se però la curva finale, del cielo, della pandemia, o d’asfalto – vi asfaltiamo, ma solo se voterete per noi! – prima dell’ultimo rettilineo risale, diventiamo in automatico, per dpcm: irresponsabili, criminali, financo untorelli mercenari, mentre si dissolvono – dissolvenze virate in seppia o in nero di seppia – le ultime memorie manzoniane; le colonne infami o gloriose sono state abbattute dai nuovi seguaci della storia senza difetti, della storia incerta in quanto riscritta su tavolini a rotelle, da ignoranti totali con l’auto patente di moralità; storia a scelta dell’utenza virtuale del momento, storia minima senza memorie.

Viva la democrazia, viva i diritti umani, viva – resti vivo, se possibile – chi li difende, pochi coraggiosi e benedetti: in salsa birmana, putiniana, anche cinese, o del Katai in versione Polo, Marco; non dobbiamo, non possiamo protestare contro abusi e regimi, né pensare liberaMente, se i mega contratti economici sono più importanti e ingombranti delle vite umane. Questo il fardello ereditato da Mondo Prima a Mondo Dopo.

Pare che alle istituzioni internazionali deputate – depauperate – vada bene così. Del resto, chi può rinunciare a cuor leggero a vendere una modernissima, costosissima fregata corazzata in nome di qualche principio radical chic?

Che siate verticalisti o orizzontalisti, converrete che le foto panoramiche più incisive sono quelle prive di esseri, umani: la composizione poi verrà da sé, frugando nel campo largo tracce vestigia impronte delle opere dell’Uomo; una bella foto può essere considerata un errore? Certo, i trabocchi abruzzesi al tramonto costituiscono sempre un ottimo biglietto da visita, homepage o cartolina, ma vuoi mettere l’effetto che fanno con l’elemento di dissonanza, ad esempio una colossale piattaforma estrattiva, proprio là dove dovrebbero esserci solo mare sole cielo, forse Bellezza. Non ricadiamo nel ridicolo.

Le Piramidi con sullo sfondo una carcassa di centrale nucleare, struttura devastata diroccata abbandonata e ancora radioattiva, fumante, ancora molto radioattiva, sarebbero il top:

capolavori della razza umana o di qualche civiltà extraterrestre?

Pura genialità terrestre, idiozia davvero Extra.

Di finestre, cime, rape

Pagina delle Finestre, non è una novità, non mi pento né mi dolgo:

Finestre aperte sui cortili, finestre di fronte ma anche laterali assolvono alla loro funzione istituzionale, finestre sull’insopportabile traffico quotidiano, sul nulla, sul canyon, sulle cascate di fiori le palme i baobab kebab del giardino, quando ci sono (i fiori e lo stesso giardino), sul nulla eterno cosmico comunque fitto di particelle elementari Watson, finestre spalancate come bocche mute durante interrogazioni interrogatori interludi in presenza sul Mondo.

Balliamoci sopra un Fandango, con Ligabue Antonio & Kevin Costner Due Calzini e non pensiamoci più.

Sul Mondo forse è troppo, visione troppo ambiziosa oziosa arrogante, su uno spicchio ecco, restiamo ancorati accorati core a core con la realtà tattile fattuale onirica.

Spicchio minimo quanto basta, minuscolo non microscopico orobico orbato gustoso dissetante per menti e occhi assetati assonnati assiepati al balcone; pertugio per me, non ampio quanto le fette (Piedi Neri? Tutti i geni cromatici, basta che siano geni genuini, sono i benvenuti) di Globo scoperte regalate all’Umanità da Antonio PigaFetta, Marco Polo l’esploratore con il Katai attorno, Magellano gabbiano, il Colombo non Falck ma Cristoforo (pentiti Fratello mio, pentiti!!! mannaggia a Te e agli election days).

Al tirar delle somme (tirate dalla suddetta finestra o come briglie imbriglianti) rigorosaMente a mente, una finestrella modesta ma pulita, garbata riservata pudica, comunque sempre meglio delle sue consorelle poco consanguinee poco misericordiose poco immacolate poco siamesi, troppo virtuali dei calcolatori elettronici.

Una schermata con pin up mozzafiato non sostituirà mai il panorama dal Giardino degli Aranci.

Tenterò mi impegnerò mi prodigherò per non ammorbare – l’attualità virale basta e avanza – la Rete soprattutto quella del vietatissimo calcetto amatoriale, ingolfandola (Golfi da Trieste a Napoli, non trascurando La Spezia, perché avere insennature è salvifico) di citazioni eccitazioni farneticazioni più o meno dotte; non trascuriamo moltiplicazioni – di pani pesci e vino ci sarà presto bisogno; divisioni frazioni fratture meglio fragranti fritture, a San Vito con ballo incorporato Chietino, a San Vito che pretende sempre di fare Lo Capo di simposi sontuosi di cous cous ittico/vegetariano (viva il Cous Cous Klan).

Una citazione anche per le Potenze, non mondiali: elevazioni come quelle del Teutonico Volante Oliver in dismesse aree di Rigore (i crucchi non si smentiscono mai, sempre rigorosi), elevare al cubo o il cubo, cubismi varj ed eventuali, elevatori con carrelli carrucole, tradizionali cestini di paglia senza fuochi, elevatori di Intelligenza e di Morale – sù con il morale, soprattutto delle Storie – elevati! imperativo quasi categorico, gli Elevati Beati loro: una statua per Sergej Bubka e il suo agosto dorato a Barcellona, con asta da Sotheby’s (bis? Paganini non ripete) per fini intenditori, per fini umanitari.

I marroni stagionali sono tendenzialmente sferici, ma le radici degli Ippocastani d’India (Cavalli Bruni?) da non abbandonare all’oblio da ritrovare da rinvigorire sono quadrate? Drammi dilemmi lemmi amletico scespiriani. Filosolfeggia a go go, ma qui sulla Terra siamo sommersi e speriamo un po’ salvati da selve di fitti misteri.

Non perdiamo il filo che poi Arianna chi la sente; alla finestra dalla finestra con la finestra osservo, mi dedico anima corpo occhi a questa attività passiva – magnifico ossimoro di lucida pazzia (lucidate sempre con attenzione le vostre pazzie di famiglia) – cara Mia si tratta di un duro logorante impegnativo lavoro, ma qualcuno deve sobbarcarsi barcamenarsi abbarbicarsi al davanzale e tra le schiere dei Volontari senza portafoglio, “mi hanno rimasto” in perfetta silenziosa confortante Solitudine, auspicabilmente abilmente amabilmente AbileneMente (il West spunta sempre) non centenaria.

In questa umida cruda (a me piacerebbe al dente, se posso esprimere una preferenza fuori scheda) crudele cruciale mattinata novembrina precoce ante litteram ante piumonem, le Cime degli Alberi superstiti si flettono gemono non germogliano al cospetto di Venti (non li ho contati) inafferrabili impetuosi imperiosi, impagabilmente irragionevoli.

La Passione la Bellezza la Sensualità dell’Autunno caldo tracimano – Cimabue buoi in cima e a valle – dal Transatlantico Transatletico Trans Siberiano alle vie spurie di comuni mortali sempre più guardinghi sospettosi ir(r)i guardosi e anche guardoni, spesso e volentieri.

In cima alle colonne del Foro chi c’è?

Dalla cima, puoi solo scendere precipitare volare: prova, se possiedi scorte di coraggio nella tua bisaccia (“Non esiste provare, esiste solo fare o non fare”, diceva il saggio cinese assistente di Nick Carter…).

Le Cime devono essere sempre e solo tempestose?

Ogni tanto, potrebbero essere di Rapa (Nui? I soliti faccioni litici clandestini);

la Fanciulla del Salento Occhi color del Mare placa entusiasmi, facili futili furtivi:

anche come rapa, non mi sembri una cima!