L’estate più bella del Mondo

Le bandiere: finalmente sventolate, lasciate libere di garrire al vento, senza più vergogna.

La gente in piazza, fiumane inarrestabili di persone che nell’azzurro torrido eppure fresco, sciamavano festanti, iridescenti.

La gioia vera: assaporata fino in fondo, dal primo all’ultimo morso, in quanto improvvisa, inaspettata, imprevista.

L’estate, la più fulgida e lussureggiante delle stagioni, ma anche la più ingannevole: pare possa durare in eterno, ma finisce in fretta – come certi giochi certe illusioni certe passioni divertenti – fugge e lascia sovente sul terreno frutti amari, sorprese spiacevoli, effetti deleteri. O rammarico, preferibile, o malmostoso rimpianto.

Non a caso, Just an illusion degli Imagination fu uno dei dischi più acquistati durante quell’anno formidabile (per tacere di Der Kommissar, Paradise, Reality).

Il peccato più grave collegato alla gioia resta sempre l’incapacità di riconoscerla, di goderne, di rendere pan per focaccia con gratitudine, a coloro, o allo stesso destino che anche solo per un istante hanno voluto graziosamente concederla.

Fu giusto, fu un diritto sacrosanto non considerare il ponte chiamato passato, né quello da edificare, conosciuto ancora oggi come futuro (sempre in divenire, di là da venire), per ballare insieme sulla piazza solida, ma finita, del presente. Fu lecito abbandonare all’oblio il piombo e il sangue del decennio precedente; fu bello volare con le biciclette nel cielo notturno stellato grazie al piccolo amico venuto dallo spazio, manifestare a NY in 750.000 contro le armi nucleari, applicare per l’undicesima volta l’eccezione del minuto di 61 secondi – aggirando la precisione dei cucù elvetici.

Fu giusto quell’urlo contro il cielo, urlo più famoso di quello di Munch, grazie al quale ci riscattammo in toto da noi stessi, credendo per un solo secondo – quello in più, mai esistito – che con la magia della voce saremmo rimasti così, giovani dentro e fuori, giovani dentro quell’estate, in eterno.

Le mani vigorose che innalzarono al cielo madrileno il trofeo erano le sue, quelle del Capitano silenzioso, ma erano – anche – le nostre e quelle dell’Artista che le immortalò sulla tela con le pennellate indelebili della Storia collettiva; le braccia che cercavano altre braccia erano le loro – bravi ragazzi come noi, uomini non replicabili, come Gaetano – che ci avevano creduto e si volevano bene, ma erano anche quelle di un popolo senza identità comune, di genti popoli torri campanili correnti per una volta popolo unico: è stato un attimo, ma è stato bellissimo, il più bello. Forse; però: Grazie. Solo e per sempre, grazie.

L’estate più bella, nell’immaginario e nell’incontentabile animo dei bipedi, purtroppo è sempre la successiva: la prossima sia, dunque, quella della definitiva affermazione dell’Umanità e, soprattutto, non sia sorella gemella del famigerato Godot. Anche in contumacia di coppe e di campioni.

(Rammentando: Spagna, 13 giugno – 11 luglio 1982: mandi, Vecio)

Ridere ci seppellirà, liberi

Pagina della/nella Santa Barbara: se brancolare nel buio dei dubbi esistenziali vi affanna, attenti a non accendere cerini, svedesi, zolfanelli, la verità rivelata potrebbe avere effetti esplosivi.

Pagina dei Clown, quelli un tantinello – fuori o anche dentro il tinello – malefici, abrasivi, disturbanti; come l’Elmo X garliniano (Mastro Alberto Garlini) nella Bologna vera nell’immaginazione del 1977, degradata a territorio di guerriglia dagli esperimenti repressivi del criminale dottor K; eppure quella sorta di Joker degli anni plumbei, inoculava dubbi a profusione: si può ridere di tutto e di tutti? Anche della violenza e dei martiri? Anche della manipolazione delle menti e delle coscienze da parte di poteri più o meno forti, più o meno occulti? Risposta imperativa: si deve ridere, soprattutto in mezzo alle cariche, tra il sibilo sinistro delle pallottole e la scia incendiaria delle molotov, ridere sopra e dietro barricate, di masserizie o dentro catapecchie pericolanti, destinate al crollo, all’implosione alla prima vibrazione causata dall’incedere inarrestabile dei cingolati armati.

A proposito di manipolazione – mani in alto, vi arrendete senza condizioni? – il capitalismo consumistico imperialista (per restare sull’onda d’urto dei ciclostilati di denuncia di studenti artisti ribelli degli anni ’70) non ha vinto, ha stravinto a mani basse: ci aveva già tramutati in perfetti automi consumatori, senza più spirito critico, né autonomia decisionale; nel Mondo Dopo ha osato l’inosabile ed è riuscito a rendere ognuno di noi una merce – di basso costo, di scarsa qualità – con stampigliato un meraviglioso codice a barre (con il blocco geopolitico produttivo di provenienza);

tutti con il nostro unico meraviglioso incancellabile codice a sbarre.

Da dietro quelle sbarre, brilla il sole senza ombra;

anche dal fondo delle fetide immateriali nostre prigioni, in alto i calici; libiamo e soprattutto, insieme e grazie al Re dei Pagliacci, sbellichiamoci.

Se schiatteremo dalle risate, li avremo fregati buggerati sbeffeggiati.

Forse per l’ultima volta, ma vuoi mettere la soddisfazione:

una crassa risata ci seppellirà, però liberi!

Matrioska oscura

Dipanare il filo, della Natasha, nome proprio di Matrioska, a scanso di equivoci e denunce.

Seguire il filo, di Arianna, o le briciole di Pollicino.

Il saggio del giornalismo vecchio stampo, vecchia stampa soprattutto – curiosità, occhi aperti, taccuino e penna sempre in tasca, abiti stazzonati, scarpe comode, modi rudi – consigliava: segui il flusso dei soldi, ma anche quell’indicazione antica investigativa, appare oggi di difficile laboriosa tormentata attuazione: i soldi sono sempre più virtuali, virtuali e quasi infinite le matrioske blindate, una dentro l’altra.

Se le figure geometriche sono tutte, nessuna esclusa a priori da priori, un insieme di punti infiniti, come sarà mai possibile stabilire un ordine, se non di qualità, almeno di grandezza empirica?

Matrioske in pagina, tovariščĭ Michail, compagno e soprattutto uomo di affari mercantili, è tornata in auge – non in Augias, Corrado – quella bella imponente, molto farcita relativa agli Anni di Piombo, pesanti, sotto ogni punto di vista, a partire dai sedicenti misteri, dalle lampanti lapalissiane zone grigie, colme di nebbie nelle quali risulta impossibile distinguere anche solo oscure sagome. Impossibile distinguere verità, se alimentiamo cortine fumogene, se il bandolo della matassa viene ingarbugliato sempre più, se il tumore della disinformazione cresce con nuovi libri documenti testimonianze commissioni sparlamentari che ripetono all’infinito i dati noti. Diteci i nomi le circostanze le convenienze, o tacete sparite per sempre, più dignitoso per voi, più salubre per un paese che fa forse comodo conviene garba così: pittoresco e instabile, artistico ma inaffidabile.

Caro Karl Heinrich, te lo saresti mai aspettato immaginato prefigurato con ampolla di cristallo per visioni pre visioni dal futuro, irraggiungibile? Dalla lotta di classe, alla lotta per tornare in classe, o almeno, tutti insieme appassionataMente, nel peripato, per sorbire gradire seguire qualche Maestro e le sue – di lui – lezioni.

Historia Magistra Vitae – speriamo presto anche magistrale e magistrato – ma senza scolari discepoli studenti, anche Lei si dimette e una Storia dimessa dismessa, non è solo peccato mortale, ma una noia letale.

Madiba, padre nobile della Nazione, per estensione meritocratica umanitaria di tutte le genti umane, non esiste una strada facile per la Libertà, d’accordo, ma nel Mondo Dopo abbiamo voluto rendere il gioco la conquista i sentieri molto più impervi complicati oscuri: nessun uomo è un’isola, nemmeno un atollo specie se lì qualcuno ha deciso di condurre test nucleari, nessun uomo si salva da solo, va bene, ma senza intraprendenza faccia tosta intelligenza di Nessuno, non ci salveremo, nemmeno in gregge.

Anche perché, tutto perfettamente sicuro dicevano quelli ‘sull’energia del futuro’, i vecchi reattori dismessi sono degli zombie e ogni tanto si ridestano; nel frattempo, abbiamo trovato il metodo vincente per la transizione, invece di mettere le piramidi di monnezza sotto il tappetino del Pianeta, li gettiamo nello spazio siderale che già non ne può più. Forza Ufo!

Rattopperemo le vite, i tralci della vite, la Vita, la Terra, ma con un gomitolo di filo, di voce: gentile umana omni comprensiva.

Sarà Utopia, con la sorella maggiore, Verità senza più errori né tentennamenti, però Mahatma dice che, sostituendo l’avidità l’idiozia l’ottusità di certe istituzioni, di certi gruppuscoli di potere, con unione nell’amore reale, con autogoverno illuminato da materie grigie, ma preziose, bando della violenza – nel senso di messa al, non di concorso in nuove intollerabili persecuzioni – e cura matriarcale delle comunità e di Gea, potremmo disegnare un Mondo Dopo con un’economia della giustizia e dell’equità, con una transizione transito terrestre naturale, logicaMente eco bio accettabile, sostenibile, applicabile.

Per Tutti, ovunque.

Senza guardare mai più dentro il vuoto oscuro della matrioska o della Bialetti monodose, con il rischio di caderci dentro: senza fondo senza fine senza luce.