Presente remoto

Un milione di anni fa, o forse più.

L’incipit della sigla di chiusura della serie nipponica animata Ryu, ragazzo delle caverne resta bellissima, attuale, ma andrebbe forse aggiornata allo stato delle cose.

L’Umanità – ciò che ne resta – dispone di un nuovo potentissimo telescopio fotografico, capace di scrutare negli abissi oscuri dell’Universo per intercettare, recuperare, immortalare il presente che ci siamo lasciati alle spalle. Per ammirare la bellezza inquietante, ostile, poetica del cosmo distante da noi 4,6 o financo 5 – perché no? mi voglio rovinare – miliardi di anni ‘fu’; le luci, i colori di corpi celesti che non sono più tra noi fisicamente, ma che hanno lasciato tracce indelebili nella memoria storica, sulla lavagna della Volta. Uno alla volta, per carità: fatico a riesumare i fatti degli ultimi, recentissimi 365 giorni, immaginate il resto; il resto mancia, il resto del carlino oppure un decino di rame per acquistare un romanzetto stampato grossolanamente su carta riciclata; chissà mai che nel racconto popolare di un viaggio di uno o più eroi, si possano trovare se non le origini, almeno le ispirazioni.

Nei momenti peggiori, nei momenti oscuri, non di eroi ci sarebbe bisogno, solo e sempre di buoni esempi: fate quello fanno e non quello che vi predicano aedi di sventura, mercenari dei gangli del potere.

Francis Drake – lui sì, un vero drago dei mari – a bordo di un guscio di noce, con una ciurma di disperati ma cugini di primo grado dei sette mari, per primo realizzò l’impresa di circumnavigare questo nostro piccolo, pazzo, meraviglioso Mondo.

Attendiamo il primo circense, cioè, circumnavigatore del Cosmo, garantendo – almeno a lui – un salario non minimo, ma dignitoso equo commisurato alle esigenze della vita universale.

James Webb che soppianta e costringe alla pensione il vecchio Hubble ci costringe ad un ulteriore bagno di umiltà: credevamo di essere pulviscolo però geniale, invece forse siamo anche meno. In ogni caso, anche il potente e sofisticato Webb, per farsi lanciare in orbita, ha avuto bisogno necessità limite di appoggiarsi alla sua guida e musa Arianna.

Il Poeta scrive che il bianco e il blu sono mari, isole, natanti: le isole e le coste offrono riparo, riposo, ristoro ai marinai, ma una vela, piccola o grande, per sua intima vocazione e natura, prima o poi, continuerà a scegliere di navigare, anche controvento, anche contro corrente.

Nel presente remoto tutto accade nello stesso istante, senza soluzione di continuità (forse, senza soluzioni); la presa della Bastiglia, l’attentato a Palmiro Togliatti vicino a Montecitorio ma con la guerra civile evitata dalle imprese di Gino ‘il giusto’ Bartali al Tour, il debutto sul piccolo schermo di mio fratello Calimero, il ritrovamento grazie ai prodigi delle scansioni di un autoritratto di Van Gogh – Van Gogh, Vincent Van Gogh! – dietro una tela appartenuta al papà di Ian Fleming, padre letterario di James Bond.

Oppure credere di riuscire ad addomesticare e cavalcare l’Orca nel giorno dedicato alle sue celebrazioni; non un’orca qualsiasi, ma Horcynus Orca quella di Stefano D’Arrigo, unico capace di rivaleggiare in scarsa leggibilità con James Joyce: Oh, giovanotti, ma ve lo volete mettere in testa che quella non è una quilibet qualsiasi, ma è l’orca, orca orcinusa, la Morte in una parola, la Morte marina? Ma sul serio, sul serio pensate di poterla fare fessa, di incavallarla? Ma sul serio, sul serio pensate di poterci qualcosa, di influirvi, di cambiarle il principio?

Questo presente remoto logora più dell’inseguimento ai sogni, più delle utopie che non tramutiamo mai in progetti.

Questo eterno presente remoto, però iper definito nell’immagine, iper pre determinato dall’algoritmo supremo, è come un impietoso confronto tra il cinema muto in bianco e nero e quello del mondo dopo, infarcito di improbabili colori, effetti forse speciali, però algidi:

100 minuti negli ultra versi virtuali non valgono una sola, romantica dissolvenza nel seppia.

Urban Wildlife

Pagina delle Oasi urbane, progetti di boschi cittadini nei salotti buoni dei centri storici, che non sono aree verdi con la puzza sotto il naso.

Puzza di smog, terribile coacervo mistura aerosol di gas tossici. Altro che vairus.

Boschi urbani civili educati educanti, aperti a Tutti: accoglienti salubri.

Non ennesima fanfaronata pre elettorale o frasetta a effetto per pescare con rete a strascico, in rete, qualche mesto pollicino pollicione, grosso pollo, alzato dai soliti quattro sostenitori mercenari; quartieri arborei, senza aziende inquinanti, senza auto, senza automi su zampe umane, ma non chiediamo troppo, ché già solo il miraggio di tornare a respirare aria vera nelle nostre cataTombe chiamate città, rinvigorisce narici, polmoni, sinapsi.

Dove? A Londra, su ispirazione idea progetto volontà del saggio naturalista David Attenborough (fratello minore di Richard, barone del cinema, premio Oscar). Forse esiste ancora Vita sul Pianeta, forse esistono ancora scatole craniche con all’interno cervelli vivi, non solo vegeti, soprattutto ricchi di neuroni, funzionanti e interconnessi anche senza fibra ottica, ma solo antica corteccia – degli Alberi – cerebrale. Ché non serve essere cerebrali per capire l’evidenza, in mancanza di aiutino dalla scienza pomposa ufficiale: potremmo salvarci grazie alla Bellezza, sì, quella della Natura.

Arduo sarà spiegarlo, farlo comprendere, metabolizzare con bolo alimentare, con bolo del Pensiero (dove sei Grande Nolano? Torna, se puoi) a certi politicanti, amministratori non solo di condominio, borgomastri indigeni, sempre gli stessi, sempre i soliti sospetti, famigerati, integrati al sistema della Morte Nera: traumatizzati durante l’infanzia, forse caduti da qualche ramo, forse sferzati da qualche Ent di tradizione e osservanza tolkeniana; così fosse accaduto, gli Alberi avranno avuto buoni e fondati motivi per punire certi discoli.

Discettare argutaMente di cibernetica, cyborg orfani di padri, linguaggi macchina arcani; la scuola sarà solo e sempre a distanza – tenga le distanze e parli come badi – ma i dialetti dei computer diventeranno materie obbligatorie, come le antiche lingue morte; filosofia dei codici, di diritto ma soprattutto binari, per treni 4.0 che possano farci raggiungere quote e stazioni più vivibili. I tanto celebrati algoritmi, ritmi algidi con infinite sequenze di 0 e 1 – altro dilemma: è nato prima lo 0 o l’1? uno per tutti uguale tutti (Totti per uno)? 0 per tutti uguale la grande universale O di Giotto? – sono neutrali come furbi banchieri elvetici o esprimono una propria volontà? Sono agglomerati, assembramenti numerici o numeri senzienti che contano più delle nostre vite? Il libero arbitrio gioca da battitore radicale libero o ha solo un valore simbolico, astratto, convenzionale? Esiste sul serio o incarna un mito, una favola bella per belle anime, anime belle?

Transizione ecologica ? Ho più fiducia nei filmati di Carosello, per vent’anni fucina e palestra di Talenti narrativi. Credo in Calimero, in Grisù e nel Caballero. Svolta verde, in fondo a destra o a sinistra? Bolla balla o bulla ipocrisia? Se non abbatte l’idolo della crescita senza limiti, resta l’ennesimo espediente del regime neo liberista, per sopravvivere, a dispetto dei fanti e dei santi.

Caro Franco, hai visto l’Etna? Vigoroso imperioso, ancora perennemente incazzoso: lava – incandescente – lapilli, segnali di fumo all’Umanità, giganteschi, auspichiamo che almeno così capisca il messaggio; seguimmo per istinto le scie delle Comete, Franco mio caro, ma non sempre indicarono la giusta via: talvolta, incaricate da Lord Oort, erano ed eseguivano missioni kamikaze; belle luminescenti affascinanti – come certe indecifrabili Cantanti sciantose di andati tempi e piano bar – ma letali. Sessantasei milioni di anni fa, non furono gli innocenti asteroidi, denigrati da una vergognosa campagna di diffamazione, a cancellare per sempre dalla Terra l’avanzata civiltà dei Dinosauri, ma una cometa, con annesso stravolgimento ambientale. Non così propizio: infatti poi da qualche particella residua e vacante, spuntò fuori l’uomo.

Per calcolo delle improbabilità, eone più eone meno, potrebbe giungere presto nel nostro sistema solare, allestito quale novello flipper cosmico, una Sua gemella: e si sa, chi segue la Cometa – non il razzo Comet di Capitan Futuro – sulla via non sempre lattea, come in una rutilante gigantesca roulette più o meno cirillica, sa cosa abbandona, ma a sua insaputa potrebbe andare incontro giulivo a qualche festa di massa, davvero epocale: non migrazione, né mutamento di paradigma economico;

solo Estinzione.

p.s. Coincidenze curiose: nella fascia principale, nel 1998, è stato scoperto un asteroide, battezzato dal Professor John Broughton, suo scopritore: 20403 Attenborough (da non confondere con Beverly Hills 90210).

Lennon è ancora vivo (e nega insieme a noi)

Pagina del negazionista disorientato, pagina di chi, negando sé stesso, si afferma: quale negazionista di prima classe.

Negarsi al telefono, alla porta, alla rete: magari!

Negare annegare, gare di ne, né, n’è?

Mare portami lontano a naufragare, via da queste sponde, voglio davvero annegare?

Se nego, affermo con più forza o il suo contrario? Bastian contrari e sinonimi, esiste un dizionario dotto da consultare mangiando sgranocchiando impastando crusca?

La confessione mente, la menzogna confessa sempre, la negazione cosa fa, temporeggia?

Bastiani eterni martiri trafitti da frecce direzionali, bastioni dietro cui arroccarsi come negli Scacchi in cerca di nuove Regine, bastoni se poi sono coppe e denari, meglio ancora, anche perché in attesa perenne di ristori e ricoveri, sarebbero grasso che cola, briciole della realtà.

Negare tutto, negare sempre, negare soprattutto l’evidenza l’evenienza per convenienza; davanti ai magistrati inquirenti, ovvio, ma anche al cospetto di furiosi amanti fiammeggianti, al cospetto di circostanze sgradite, davanti allo specchio nel quale siamo imprigionati o del quale siamo solo riflettenti.

Dura vita per i negazionisti – di cosa di come di perché – da quando media ufficiali, quelli affidabili e iper professionali, e super scienziati, con nelle tasche dei camici mille splendidi Soli, verità a buon mercato, anzi da piazzare sul mercato al peggior offerente, mentre il sofferente povero si arrangi, hanno deciso di mettersi in proprio;

fanno tutto loro e ai derelitti negazionisti, già esposti allo stigma popolare mediatico e all’incombente incipiente infiammabile rischio rogo, sottraggono perfino il divertimento di negare;

scienziati, ingegneri genetici, giornalisti, liste di giornali, affermano e negano, confutano tutto e il suo contrario, nello stesso medesimo istante; va bene che sono bravi, ma così non è davvero troppo?

La panacea miracolosa è efficace al 70% ma assumendone – a tempo determinato o indeterminato? – due o tre dosi; se la dose è mezza, come aperitivo prima dei pasti, l’efficacia sale e non fa più male. Come dicevano i saggi sui seggi delle curve calcistiche, fuma sano fuma solo pakistano, ma queste sono antiche altre storie ormai scomparse, anzi incenerite;

il vate locale indigeno anche un po’ autoctono, non si fida dell’incantesimo di protezione e quindi deve essere condannato, ma se lo stesso concetto viene espresso dagli impiegati tecnocrati dello zar, con tanto di editto letto approvato bollato con sigillo scarlatto imperiale, tutto va bene madama, la madama, madamigella marchesa.

Nego tutto il contenuto di quanto ho detto fino a qui, la forma è sostanza e dunque nego anche quella; i miei social sono gestiti da un segretario inaffidabile, quelle sciocchezze le avrà digitate lui; la risorsa inumana nega circostanze addebiti stanze di chat? Farabutto. Lo rinnego.

Condannare i negazionisti, ma perché? Vostro onorevole onore, da quando è nato il mondo, le mamme psicologhe, sociologhe, pediatre garantiscono che esistono i no sani, necessari, importanti, gli indispensabili no che fanno crescere.

Dunque, lasciate che i negazionisti vengano a noi, al nodo di Gordian, al cuore ottenebrato della società: grazie ai loro no a tutto, garantiamoci finalmente, dopo 20 anni di crisi globale, una crescita esponenziale, del pil, tricologica, dei trigliceridi, dei tricicli; purché sia crescita!!!

Una povera cavia, dopo tre giorni sotto lampade uva, afferma spontaneamente: mai nutrito dubbi sulla bontà del rimedio. Effetti collaterali? Nessuno, il terzo occhio sulla mia fronte è solo il bernoccolo della saggezza.

Confesso la mia fede incrollabile in Calimero, pulcino piccolo e nero, in Topo Gigio e nel draghetto Grisù.

Sogno o son mesto? Ci sarà pure a Efesto una Pizia – anche una Tizia andrebbe bene – cui chiedere informazioni affidabili, senza verifica preventiva prefestiva pre evidente.

Scusi, vuol ballare con me? – Grazie, preferisco di no, sono negazionista del casquè e di tutto quel che segue; certo, se lei, audace e imprudente, mi proponesse un Kriminal Tango…

Andrà tutto bene, peccato sia uno slogan slogato, nato morto, ma non neghiamoci un po’ di insana Consolazione;

orsù, in cammino di buona lena, andiamo a trovare con lucciole e lanternino chi ce la dà.

Hey Joe:

John Lennon non è mai stato ucciso e vive dall’otto dicembre 1980, insieme a Yoko Ono, nella villa dell’androide replicante di Paul McCartney!