C’era una volta

Pagina del C’era una volta, senza nostalgie, senza ubbie da falsi storici, sedicenti età dell’oro, inganni prodotti dalla memoria burlona e mistificatrice, anche senza matrice da falsaria.

C’era una volta un Re, quello cantato dai Nomadi, pronto a mandare al massacro mille bravi cittadini e mille bravi contadini, ignorando il dolore di madri e giovani spose, inutili massacri per sete di vanagloria e potere;

c’era una volta un Re – un altro, una macchietta una burla umana – quello narrato in un formidabile sketch da Gigi Proietti; questo personaggio faceva morire sì, ma solo dalle risate, per benedizione creativa.

C’era una volta il potente Mago Merlino, che dall’alto della Torre Torrione Terrazza fortificata – abusi edilizi anche a Camelot? – aiutava il Re Artù con polverine magiche (doping ante litteram?): chissà mai se quelle misteriose sostanze furono autorizzate con procedura d’urgenza dalla Congrega di Maghi e Fattucchiere, chissà se quei misteriosi ritrovati furono efficaci davvero oppure fallaci e facilmente contrastabili; leggenda narra che il Sovrano puro di cuore e di pensiero cacciò i perfidi Cavalieri Neri dalla Brittania, ma le Leggende tramandano verità parziali, arricchite abbellite infiocchettate, senza chiedere permesso, né verifica alla Storia, maestra senza più allievi.

C’era una volta una gigantesca chiatta dei Tecnocrati capace di navigare sulle rotte dei mari settentrionali del Pianeta, alla ricerca di fonti arcane di energia, energia inesauribile e potentissima; gli esperimenti e le trovate dei Tecnocrati si erano spesso conclusi con effetti disastrosi per i Popoli e per la Madre Terra, ma ancora una volta regnanti poco lungimiranti ottusi avidi, avevano concesso loro carta bianca, totale libertà di azione manovra sperimentazione.

In attesa di nuovi scoppi, nuovi eventi catastrofici.

C’erano una volta povere donne solitarie, magari innocenti vecchiette (senza arsenico, né merletti), definite streghe; forse l’assenza di relazioni sociali le aveva un po’ inselvatichite, ma vivevano in case di marzapane e preparavano ottimi prelibati dolci al forno; attiravano bambini certo, ma Hansel e Gretel, fratelli reietti da un padre orco, non furono certo magnanimi con la loro megera personale e poi si diedero ad una carriera di sicari mercenari di presunte maliarde dedite alle arti oscure. Fortunelli i due fratellini a non essersi imbattuti in certi pifferai poco magici, molto mefistofelici di certe fiabe nere nerissime del Mondo Dopo, fiabe non necessariamente teutoniche. Pifferai che non invocano, ordinano: lasciate che i bambini vengano a noi, per sempre. Emuli, discepoli di Saruman, lo stregone perfido e doppiogiochista del Signore degli Anelli? Quello, al confronto, era un dilettante e qui per sbaragliare questi emissari del male ci vorrebbe altro che una nuova battaglia campale, sul modello – Lego? – Fosso di Helm. Stroncarli, magari, per sfinimento, costringendoli alla sequenza completa e al making of più backstage, completo.

Tutto questo c’era una volta, per fortuna non più. O no?

This World is my unique oyster.

Make Love your goal.

Speriamo che nel frattempo non abbiano inserito l’Amore universale nella mappa degli obiettivi previsti dall’Onu, altrimenti, mio caro bianco Cavallo dei Matia Bazar e della reclame Pino Silvestre, hai voglia a correre e campare, prima di incontrare nuova fresca vigorosa erbetta (da brucare).

Cabiria

Pagina Bianca, pagine delle Notti Bianche.

Non quelle antiche notti insonni e festose della Capitale, non le illusorie oniriche drammatiche notti di Cabiria o notti da incubo di Giuliette che amano davvero, confondendo letali gesti distruttivi di codardi invertebrati, senza dignità, con illusorie visioni di felicità; Donne filantropiche che sorridono lungo scogliere e mulattiere mostruose, che sanno e vogliono sorridere lungo cime tempestose, lungo rive procellose, incontrando Artisti di strada che regalano Cultura, in cambio di un po’ di gentilezza e di un pezzo di pane, buono però.

Rive brulicanti di folla, strade vicoli e piazze pacificamente invasi, assembramenti gioiosi, quando giocolieri maghi eteree danzatrici acrobatiche scalavano mura e torri di Castelli senza più Santi, né Angeli; Castelli incantati tra lampi di luci policrome, per abbagliare occhi menti fantasie in letargo, da secoli.

La Città Eterna (a momenti) intera compatta, senza ingiustizie, ma solo per una notte, accompagnava lo Spettacolo itinerante, la Città era allo stesso tempo palcoscenico e Attrice principale della Rappresentazione; che mai imita la Vita, semmai ne rivela oscuri, inconfessabili talvolta mirabolanti segreti.

Le prime luci dell’alba filtravano inaspettate, tra comitive comete quartieri antichi, come se quel miracolo potesse eternarsi e non fosse semplice passaggio terrestre mortale momentaneo: la magia e l’incanto, pudici, cedevano il passo alla ritualità del quotidiano incombente; il giorno dopo in quel Mondo Prima, agli inguaribili sognatori che non si arrendevano all’evidenza della realtà, ai sognatori che non volevano intendere ragioni e dirsi buonanotte (o buon nuovo giorno), mentre i bipedi (a)normali già si recavano al lavoro, sembrava solo una pausa, in attesa spasmodica e impaziente della successiva data della turné; cosa sono queste mani sempre flaccide? una vigorosa sciacquata con acqua fredda e sapone di Marsiglia, per ritrovare presa solida, scacciare torpore riattivare circolazione e moto diagonale e ondoso delle sinapsi.

Attendevamo un autobus che ancora oggi non passa; terremoto e blackout improvvisi, appoggiati a un muro scrostato e corroso dall’umidità, per non scivolare, per non piombare a terra, sulla Terra. Il balzo dimensionale dal regno magico è sempre traumatico. Temporale fortunale nubifragio, assenza di mezzi pubblici, di fortuna, di sfortuna, né piroghe, né zattere, da escludere a priori Arche di Salvataggio o di una qualche Alleanza. Pioveva il Cielo sulla città, cadeva sulle teste e sul Lungotevere la festa appena nata, era già finita, prima che la notte fosse giunta al termine, o a Termini.

Ieri Oggi Domani… Forse mai, cosa importa? Il surrealismo, tra le Nuvole, con o senza bombetta, non è comunque di questo Mondo?

Abbracciare una Donna che nel buio illumina la piazza più grande, impedirle di addormentarsi per scongiurare conseguenze; su un tappeto di Aladino uscito misteriosamente da una inesistente bottega di rigattiere, riaccompagnarla a casa sua in volo radente su mura antiche e inestricabili abominj contemporanei; abbandonarla prima che Oberon e Titania chiudano il varco, adagiarla sul suo letto intatto, per non gettarla in pasto ai demoni dalle mura diroccate di un acquedotto pre moderno, per non trafugare la sua borsetta e i suoi trucchi speciali, arti muliebri non replicabili;

Beata Ingenuità, anche Tu decrepita, chanson d’amour, souvenir d’Italie e viaggi mentali, telefoni e guanti bianchi, occhi cerchiati di nero, Pierrot metropolitani che vagheggiano ormai solo cornetti apotropaici e cappuccini con creme di latte rigenerante, nei artificiali di bellezze sbarazzine nelle vetrine delle boutique, niente più campanelli, solo volgari trilli, assordanti e dozzinali.

Nemmeno una Greta con un po’ di Garbo, cui porgere avanches di ardite conversazioni tra sconosciuti.

Cabiria non cedere, non credere alle fatue promesse degli Sceicchi Bianchi, non salire sulle loro altalene. Trova il Tuo, solo Tuo angolo in questo nostro presente che si dissolve come foglia secca d’acero sotto la suola di un gigante distratto.

Divino Amore, carnale spirituale metafisico, sei vero, umano o sei solo un santuario?

Non lasciamo ai poster ai posteri ai posteriori l’ardua (ir)responsabile sentenza.