Pagina delle ferrovie, statali e messicane.
La tristezza, le nuvole: certo, cosa altro sennò? Eppure… esistono ferrovie statali, in Messico? La domanda non è poi così pellegrina – meglio: peregrina? – se perfino Hitler si era convinto che la chiave segreta per vincere la seconda guerra mondiale (WW2, mai) si annidasse proprio lì. O almeno, ne è convinto Gian Marco Griffi, “scrittore del lunedì“, direttore del meraviglioso golf club di Fubine (Alessandria, non d’Egitto), piemontese schivo e amante di libri, capace di vergare ottocento e passa pagine, per spiegare l’ossessione tricolore del Fuhrer. Tricolore nel senso di stati uniti: del Messico.
Perché cominciare così? Con il Messico, i dubbi sulle sue ferrovie, un libro all’apparenza improbabile che rischia di vincere lo Strega (appoggiato dallo storico e autore Alessandro Barbero, Brick for stone) dopo essere stato letto solo da qualche decina di persone, tra amici e conoscenti?
Chiedo io: perché no? In fondo, la vera vita si rivela ponendosi le domande più assurde, sgangherate, inopportune.
Se le ferrovie statali messicane esistessero davvero, sarebbe cosa non solo buona, ma anche giusta, considerando l’estensione (14° al mondo) e le asperità di questa terra, meravigliosa e incantatrice.
Dunque, se esistono binari pubblici in Messico – tra l’altro, nonostante le incertezze e le oscillazioni controllate del mercato, 14° economia in classifica – non dovremmo più stupirci nemmeno di tutte le altre incongruenze del pianeta: prima delle altre, le guerre e la clamorosa distanza tra i pochissimi ricchissimi e i sempre in aumento esponenziale, poverissimi.
La perfezione è il nulla fagocitante, viviamo nella migliore realtà possibile oggi, qualcuno trova soluzioni geniali, nonché epocali, a problemi che ridurrebbero in ginocchio generazioni di super donne e uomini.
Dunque: sorridi, potrebbe andare peggio, potrebbe piovere…
Ah già, forse la pioggia, quella vera, non esiste più.
Viva il Messico, viva Zapata (Emiliano Brando)!