Lucciole

Pagina delle mirabolanti lucciole, quali lanterne.

Miracoli della Natura, potrebbero aiutarci a percorrere meglio i nostri sentieri, o almeno a individuarli e sarebbe già un importante primo passo.

Avrete certo attraversato anche voi una foresta pluviale malese, immersa nel buio della notte, vi sarete certo stupiti anche voi per l’ineffabile spettacolo offerto da migliaia di maschi di lucciola che in contemporanea si accendono e con messaggi luminosi – alfabeto Morse – praticano un articolato rituale di corteggiamento; la Ville Lumière al confronto appare un antico villaggio quasi tetro e abbandonato.

Può darsi ch’io non sappia quel che dico, scegliendo te, una Foresta per amico.

Eppure dovrebbe essere così, dovremmo esserci arrivati da soli. Tutto il mio regno, tutto il nostro mondo virtuale, alternativo, metaverso che sia, per una foresta, ma grande, vera, possente, a grandezza naturale.

Sogno o son mesto? Sarei mesto, senza sogni. Eppure, anche il sonno e l’universo onirico, in apparenza fatti naturali e connaturati all’uomo, inteso quale organismo, possono essere fatti culturali la cui descrizione e valutazione muta a seconda delle ere e delle temperie sociali, antropologiche, perfino religiose. Karoline Walter ha studiato, indagato sull’argomento e ne ha tratto un saggio: Storia del sonno, tra letteratura e scienza. Anche letteratura, anche arte, cultura ad ampio spettro per capire che il sonno proprio come l’uomo, muta nel corso della storia. Il sonno della ragione genera mostri, ci dice Goya attraverso un suo formidabile e inquietante dipinto: la ragione dormiente può essersi arresa, oppure, al contrario, la ragione che si esalta, può sfociare in perniciosi deliri di onnipotenza. Conforterebbe forse rammentare che se in alcune fasi del mondo il sonno è stato considerato addirittura un peccato, nel campo della contemplazione e del misticismo, esso rappresenta la forma più pura e alta di conoscenza di Dio e del Creato.

Lo so io, lo sai tu? Mentre ci trastulliamo con le sciocche ipocrisie della transazione ecologica e con la famigerata green economy, nata vetusta e levantina, la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto i livelli di 4,5 milioni di anni fa, quando i mari erano più alti da 5 a 25 metri rispetto a oggi. La deforestazione dovrebbe essere inserita in una Costituzione planetaria quale crimine contro la biosfera e contro l’Umanità. Per scongiurare un grande disastro, dovremmo aggrapparci a grandi foreste e non si tratta di una cospirazione ordita dalla lobby degli Ent, il popolo degli alberi senzienti, immaginato dal Patriarca Tolkien.

Lo sapevano, grazie a saggezza e osservazione, gli Antichi: le foreste sono le vere motrici del clima e le fantastiche custodi della memoria della Vita. Parafrasando Dario Fo e Enzo Jannacci, sempre verdi dovremmo stare, la clorofilla fa’ bene al ricco e al cardinale, fa’ bene a tutti se preserviamo la fotosintesi (e chi ha la capacità di produrla).

C’è sempre luce in fondo ai tunnel, bisognerebbe capire le fonti; i popoli dovrebbero superare in fretta la moderna inadattabilità al reale, tornare a guardarsi allo specchio in modo anche ruvido, disturbante. In caso contrario, per il Pianeta la soluzione sarà semplice: foreste ovunque, anche in Artide e Antartide;

con le lucciole della Malesia a illuminare il governo del mondo risorto.

Edicole e carrelli

Girare il mondo, come si gira una pagina.

Sfogliare il mondo, come si sfoglia un libro d’arte, di fotografia o una semplice rivista – ah signora mia che tempi, quelli della rivista e dell’avanspettacolo.

Girare il mondo, capovolgerlo: cosa fatta, capo ha – diceva Nonna Erminia – ma qui siamo al cospetto di un’umanità senza capo né coda (quella ci è caduta molti anni fa, forse e non a tutti); soprattutto, popoli succubi di capi mai ignari, inadeguati, collusi, rei.

Attraversare il mondo a bordo di un carrello, come quelli della grande crisi argentina, quelli utilizzati durante le oceaniche manifestazioni di piazza – i cacerolazos – proteste sonore, con stoviglie pentole posate, perché una rivoluzione nasce anche dalla musica, soprattutto se sono le Donne a decidere, a guidare.

Rammenterete certo quella pellicola hollywoodiana, quella eterna storia di eterni adolescenti, rimasti rinchiusi dentro un supermercato: a raccontarsi, a baloccarsi con i carrelli per la spesa, sfrecciando tra le corsie sui pattini, ascoltando musica dai walkman, aspettando le luci di una nuova alba. Che li avrebbe condannati, da adulti, al mesto ruolo di clienti del mercato senza leggi, senza regole, senza dei.

In questo contorto Mondo Dopo, le luci all’orizzonte sono solo quelle dell’ipermercato planetario, nella speranza che le merci e i beni primari non scompaiano mai dagli scaffali sui quali sono nate per sporogenesi; le genti abitano ormai dentro gli edifici commerciali, sono le nuove platoniche caverne delle ombre morali, delle ombre illusorie, illusionistiche.

Edicole votive trasformate in bazar multifunzionali, anche per decidere – e versare poi relativo obolo – a quale santo votarsi, per quale santo votare, in attesa che gli eletti non necessariamente del settimo cielo (astenersi settimo cavalleria, squadrone di vili assassini) possano, soprattutto vogliano intercedere: per qualcuno, se non per tutti.

Una rosa nera si staglia chissà come sulla crepa di un muro di cinta, in lutto per la perdita dell’empatia e anche della simpatia tra le persone; quando qualcuno parla di appelli per umanizzare la guerra, diventa più semplice, automatico, credere nella Terra di Mezzo di Tolkien, nel Popolo degli Ent, magnifici Alberi senzienti, parlanti, migranti.

Cosa sarà mai questa crisi? Ci sorprenderebbe scoprire – siamo proprio un branco di beluga (magari!) – che in lingua greca, quella antica, il lemma indicava una scelta, una decisione, una fase decisiva nell’evoluzione di uno stato, patologico o meno. Dovremmo abbarbicarci all’etimologia e proprio in questi tempi attuare una autentica crisi in senso umanitario, una scelta finalmente, non solo di Sophie, anzi magari optare con sofia e saggezza, accomunate in un solo destino: il nostro, comunitario equo condiviso ragionato.

Del resto – dalla parte del resto del carlino – il connubio tra corpo e loquela è atavico, inscindibile, eterno non saprei: il corpo e il linguaggio camminano insieme, ma le vere energie per sostenere entrambi sono le parole.

Senza parole non abbiamo il potere di immaginare: né le nostre anime, né il mondo che faremo; speriamo prima.

I poi li abbiamo terminati, anche al supermercato globale.