Edicole e carrelli

Girare il mondo, come si gira una pagina.

Sfogliare il mondo, come si sfoglia un libro d’arte, di fotografia o una semplice rivista – ah signora mia che tempi, quelli della rivista e dell’avanspettacolo.

Girare il mondo, capovolgerlo: cosa fatta, capo ha – diceva Nonna Erminia – ma qui siamo al cospetto di un’umanità senza capo né coda (quella ci è caduta molti anni fa, forse e non a tutti); soprattutto, popoli succubi di capi mai ignari, inadeguati, collusi, rei.

Attraversare il mondo a bordo di un carrello, come quelli della grande crisi argentina, quelli utilizzati durante le oceaniche manifestazioni di piazza – i cacerolazos – proteste sonore, con stoviglie pentole posate, perché una rivoluzione nasce anche dalla musica, soprattutto se sono le Donne a decidere, a guidare.

Rammenterete certo quella pellicola hollywoodiana, quella eterna storia di eterni adolescenti, rimasti rinchiusi dentro un supermercato: a raccontarsi, a baloccarsi con i carrelli per la spesa, sfrecciando tra le corsie sui pattini, ascoltando musica dai walkman, aspettando le luci di una nuova alba. Che li avrebbe condannati, da adulti, al mesto ruolo di clienti del mercato senza leggi, senza regole, senza dei.

In questo contorto Mondo Dopo, le luci all’orizzonte sono solo quelle dell’ipermercato planetario, nella speranza che le merci e i beni primari non scompaiano mai dagli scaffali sui quali sono nate per sporogenesi; le genti abitano ormai dentro gli edifici commerciali, sono le nuove platoniche caverne delle ombre morali, delle ombre illusorie, illusionistiche.

Edicole votive trasformate in bazar multifunzionali, anche per decidere – e versare poi relativo obolo – a quale santo votarsi, per quale santo votare, in attesa che gli eletti non necessariamente del settimo cielo (astenersi settimo cavalleria, squadrone di vili assassini) possano, soprattutto vogliano intercedere: per qualcuno, se non per tutti.

Una rosa nera si staglia chissà come sulla crepa di un muro di cinta, in lutto per la perdita dell’empatia e anche della simpatia tra le persone; quando qualcuno parla di appelli per umanizzare la guerra, diventa più semplice, automatico, credere nella Terra di Mezzo di Tolkien, nel Popolo degli Ent, magnifici Alberi senzienti, parlanti, migranti.

Cosa sarà mai questa crisi? Ci sorprenderebbe scoprire – siamo proprio un branco di beluga (magari!) – che in lingua greca, quella antica, il lemma indicava una scelta, una decisione, una fase decisiva nell’evoluzione di uno stato, patologico o meno. Dovremmo abbarbicarci all’etimologia e proprio in questi tempi attuare una autentica crisi in senso umanitario, una scelta finalmente, non solo di Sophie, anzi magari optare con sofia e saggezza, accomunate in un solo destino: il nostro, comunitario equo condiviso ragionato.

Del resto – dalla parte del resto del carlino – il connubio tra corpo e loquela è atavico, inscindibile, eterno non saprei: il corpo e il linguaggio camminano insieme, ma le vere energie per sostenere entrambi sono le parole.

Senza parole non abbiamo il potere di immaginare: né le nostre anime, né il mondo che faremo; speriamo prima.

I poi li abbiamo terminati, anche al supermercato globale.

Aganis o Strie: Streghe!

Vedere le Streghe!

Seguire il canto delle Sirene o quello delle Streghe? Dov’è l’inghippo il tranello la buggeratura? E se Sirene e Streghe fossero in combutta o parenti o affiliate o addirittura sempre le stesse Incantatrici, con nomi e fogge diversi, per meglio confondere le ingenue vittime?

Vorrei seguire il suono del cacerolazo – pentole pentoloni come tamburi, come in Argentina durante le vibranti proteste contro il fondo senza fondo monetario globale – delle Streghe: nella mia percezione, suono molto più armonioso, armonico, affidabile di certi flauti flautini, fraudolenti e ‘flautolenti’, dal castello del potere.

Aggregarmi con fiducia all’esercito delle Streghe, ché l’auto proclamato esercito del bene appare inquietante e senza umanità; meglio un esercito di non morti, molto più empatici e tolleranti, di queste masnade di non vivi, al servizio mercenario dei soliti sospetti.

Ci vorrebbe un’inchiesta di Maigret/Gino Cervi, in alternativa di Arturo Jelling (come Arturo Conan Doyle) o Duca Lamberti: per fortuna la sabbia non rammenta i traditori di tutti, autori di infamie e crimini, contro l’Umanità, nel suo complesso.

L’esercito dei buoni spaventa più delle Streghe, obtorto collo, ma anche torto muro, di Roma, per forza uno passa a parteggiare campanilisticamente per le Signore della Magia, per lo Tsunami di Hokusai e, come ultima spiaggia, con la sabbia del precedente capoverso, per gli Alieni, quelli molto cattivi, cattivissimi.

Attento, Astron, non affacciarti alla bocca del vulcano, non sporgerti sull’abisso, non cercare il Ragno nella crepa del muro, potresti essere costretto a rimirare il lato oscuro, non solo dell’Universo, ma il tuo personale; meglio un sabba di Strege, meglio un Saba, Umberto, meglio un sabato del villaggio, gallico. Cerchiamo pianeti replicanti della Terra, ci andrebbe bene perfino Mercurio l’incandescente, ma le foto dallo spazio profondo – selfie cosmici? comici, non tanto – ci mostrano catastrofi a catena, buchi neri, oscuri cuori di tenebra voracissimi che sgretolano con folle rapidità milioni di stelle e interi mondi.

Grandi come Lebowski o Valerosi, cioè con valori, come Borja: per amore, solo per amore, di una Donna di una Città di un’Idea, scendere dal dorato irreale palco dei professionisti e accettare di calcare campi dilettantistici; essere come Valero, vivere da uomini, non lasciarsi seppellire nel campo degli zecchini: non esiste e qualora esistesse sarebbero falsi, nemmeno di cioccolato fondente, gli zecchini.

Quando sarà, unico dato certo, tornare cenere e lasciandosi cullare dal vento che spira sempre sul e dal Castello di Odino, planare dolcemente in campo, il Campo delle Streghe. Non voglio essere tumulato nel campo dei luoghi comuni, anche perché come analizza con arguzia lo storico Carlo Greppi ‘anche non pensare per luoghi comuni’, si è trasformato in un affollato luogo comune; metodo socratico e navigare verso nuovi oceani, senza fobie, consci di non sapere, ansiosi assetati affamati di nuove conoscenze che incredibile visu possiamo partorire, anche da noi stessi; una volta liberati dagli ormeggi falsi che ci impediscono di prendere il largo.

Maledette Streghe, nere o rosse; lasciapassare obbligatorio per dimostrare che non potete più ammaliare, in caso contrario recluse nell’antro e sequestro di tutte le scope di saggina o a reazione. Vietato ogni consesso, sesso compreso.

Lasciarsi cullare inebetire ipnotizzare illuminare dal canto di lis Aganis – grazie, Claudio Aita – delle Strie, delle conturbanti Streghe: anche a costo di arrostire insieme a loro sul patibolo, come quelle di Salem o senza sconfinare troppo come quelle nostrane sui troppi roghi sempre pronti anche alle nostre latitudini, preparati con cura, estrema, dai bravi cittadini rispettosi delle regole, smemorati della legge morale.

Le Streghe come il Gran Nolano, come Giordano Bruno, perché chi ragiona in autonomia dice, sempre, anche con la mordacchia, anche tra le fiamme, l’amica Verità.

A differenza di chi si confessa.

Annunci e attenti agli accenti

Pagina degli Annunci.

Annunci di tutti i tipi, funebri commerciali, di coprifuoco, non coperchi delle pentole, ormai vuote, buone giuste per un cacerolazo in piazza, anche senza guerra. Negare sopire reprimere, perché l’unica via per la pace sociale, eterna, resta la santa repressione.

Del resto, non ci avevano detto che viviamo nel migliore dei post mondi possibili, considerando che non si combattono più guerre da 75 anni? A scrutare bene il Pianeta, non sembrerebbe, ma avanti così, ripetere una bugia un miliardo di volte h24, non la trasformerà in verità. Come una zucca per qualche ora carrozza principesca grazie a un magico inganno, tornerà sempre zucca; visto l’arietta che spira – anch’essa, purtroppo – meglio accontentarsi della zucca.

Chi visse di annunci, Nonna Erminia completerebbe la sentenza, da par suo: questo paese, anzi questo mondo dopo – mi perdoni l’Avvocato Mauro Sandri per le modifiche improprie al suo saggio aforisma – vive di annunci roboanti, virali più dei virus, e poi, inevitabilMente, muore di realtà, quella vera concreta naturale.

Onanismo marziano, ingenuità di fabbricazione terrestre, eterodiretta da Pasadena – Olimpiadi di Los Angeles 1984? – il drone studierà per noi il Rosso Pianeta, in attesa che i bolscevichi al potere si arrendano alle leggi del mercato; se i riccastri vogliono come sempre decidere tutto loro, perfino chi debba possa abbia i crismi – il karisma no, non fa per voi, nemmeno il karma – per competere al grande circo dell’intrapresa, i primi a non credere nel libero mercato, i primi a stritolarlo con lacci di seta nera, sono proprio loro; poco importa e/o differisce che si tratti di sport professionistico o esplorazione dell’Universo, cui, piccolo dettaglio, nessuno ha chiesto se sia favorevole.

Con la super lega, finalmente i padani potranno sognare di nuovo l’indipedenza e un Doge illuminato che garantisca prosperità ai sudditi della Serenissima; il torneo ora genuinamente amatoriale con grande coppa finale Bucintoro d’oro, sarà trasmessa in ogni sestiere, anche se per accedere correttamente allo streaming lagunare, servirà il sestante di bordo (per fortuna, il truffaldino mose, nessuna parentela con il Mosè di Michelangelo, nato già guasto, anzi marcio, dentro, nel frattempo sarà divenuto un’installazione per turisti, di bassa lega); per le radiofilocronache in diffusione, la trasmissione ufficiale, da 90° minuto, si chiamerà, per adeguarsi alla nuova incredibile ricchezza – dei soliti famigerati – miliardesimo minuto (Bucchi docet); state sereni, la minuta dei conti cifrati, occultata dentro scatole cinesi, resterà sigillata in bunker post atomici su isole e atolli mai trovati. Così, a pelle, questo specie di atollo mi sembra un gran figlio del Mare.

I super scienziati, speriamo non i virologi e gli infettivologi che da 14 mesi non ne azzeccano una, nemmeno su suggerimento di Zeus, pare abbiano individuato un nuovo corpo celeste, forse un pianeta simile alla cara vecchia agonizzante Terra. Anche perché nel frattempo, il mega iceberg A68 che rischiava di collidere contro le coste della Georgia, quella del Sud, con terribili conseguenze per la povera fauna locale, si è in realtà frantumato a causa della temperatura troppo elevata dei mari e dell’atmosfera; mentre tutti sembrano sollevati – come sempre, avendo eliminato il senso di vergogna – da ogni responsabilità individuale e collettiva, colgo controcorrente inquietanti presagi. Dormire sognare, forse migrare, trasmigrare come facevano gli Uccelli, ma per la razza umana, fuggire (come?) in massa verso un nuovo Eldorado Eden Megalopoli cosmici, sarebbe un escamotage di comodo: prima dovremo rimediare ai danni terrestri, poi, casomai, i più meritevoli potranno concedersi un periodo di ferie, stellari. Avevamo giurato che saremmo diventati migliori, invece sarebbe già festa grande, fossimo rimasti fallocefali come eravamo, prima.

Colonna sonora suggerita, per celebrare l’arrivo in Albione dell’avariante indiana: Arrapaho degli Squallor, solo per autentici intenditori; almeno 40 minuti di allegria saranno sicuri, il resto lo scopriremo, a partire dalle vergogne, solo vivendo, chi potrà.

Annunci di pubblica offerta, progresso sociale, piccolo spazio pubblicità progresso: quanto dura il vostro rimedio, sei mesi, un anno, forse 18 mesi, magari 24? Gli Alchimisti non riescono a trovare la risposta, ma se qualche antichissimo Druido – barba bianca d’ordinanza – ci vende la pozione, magari con ingredienti che giungano non contraffatti da bachi malandrini attraverso la Via della Seta, si aggiudicherà appalto, scudo fiscale, scudo penale (non fallico), vitalizio, per lui e per tutte le generazioni future: della sua famiglia.

Pagina finale degli annunci e dei quesiti; non esitate a inviarne a go go, ma attenti a non sbagliare qualche accento: se avete quesiti da pòrci, questo è la fattoria ideale.