Bottiglie recinti confini

Segui le linee, immaginarie o vere.

Segui le linee, dentro te stesso. Di solito, si prolungano nel mondo fuori.

Segui la musica, reale o quella che senti, prepotente, nella tua anima: non sbaglierai.

Cerca il sentiero che ti somiglia, cerca il nome che avevi in origine, questo è il segreto dell’inquietudine, di coloro che non riescono a mettere radici in un posto, fosse anche per qualche settimana o mese.

Ti sembra di essere rigido, di non essere più in grado di leggere le cartine e le guide; gettale via, tanto, prima o poi, la musica e le strade finiscono e rimani solo tu, con te stesso e con l’ansia di proseguire il viaggio.

Se non confidi in me – a ragione – credi almeno a Anna Maria: Ortese; anche perché, tu non te ne sei accorto, ma il mare non bagna Napoli.

Evita giochi da tavolo e bandiere, entra in the house of the Rising Sun e godi liberamente di quello che riuscirai a vedere, di quello che toccherai, poi esci senza rimpianti e continua la ricerca.

Non sempre le brutture della vita costringono a ripiegarsi su se stessi, anzi: spesso accade il contrario e ci si rifugia così lontano da non tornare mai più, da sopprimere quello che rimane, poco o tanto che sia, delle nostre vestigia mortali.

Se puoi, viaggia senza sovrastrutture, lo scrive anche Italo Calvino; sii non superficiale, ma leggero: plana sulle cose dall’alto, osservale interamente, non avere macigni sul cuore. Sarai più agile e scattante quando tornerai in cammino, dopo avere imparato un altro pezzo di vita. Del resto, come dice Kundera, la bellezza dell’essere, risiede spesso nella sua insostenibile leggerezza.

La leggerezza di vivere non è solo un metodo, una filosofia, ma una vera arte: non strumento da poeti e artisti, ma l’armonia nello dispiegare con cura ogni attività umana, per raggiungere equilibrio, serenità, benessere. O almeno: tentare, sempre.

Proteggi la Memoria, tecnologia e velocità – sostiene, a ragione, Shilpa Gupta, artista di Mumbai – rischiano pericolosamente di eliderla, cancellarla, distruggerla.

Non salverai le Parole, il tesoro più prezioso che ci è stato affidato, rinchiudendole nelle bottiglie; quelle che magari usi per lanciare al Mondo il tuo s.o.s. Gli Artisti sanno collocarsi a metà tra logica e amore, sanno creare recinti ove collocare le cose importanti, coltivando alacremente la speranza, nell’attesa che gli altri intuiscano e vogliano fare lo stesso. Del resto, Arte significa sfidare le convenzioni banali, le solite aspettative.

Affidati a follia e perseveranza, fidati di loro, ti aiuteranno quando sarà necessario, ti salveranno dalla banalità che è un peccato capitale, più della stessa cattiveria.

Il potere, (o i vari poteri), crede di controllare i confini e su di essi proietta se stesso, eppure esistono luoghi ‘invisibili’ che sfuggono al controllo, spazi di disperazione dove le persone magari spariscono, ma edificano la Storia: questo ci racconta quanto gli Umani siano resistenti e anche persistenti, nonostante i dolori, gli stenti.

Scrivi un diario della tua vita, meglio: un libro, senza fine. I libri sono strumenti formidabili, rivelano dell’essere umano tutto quello che resterebbe taciuto: travalicano i confini, culturali e fisici, sono il seme più rigoglioso a nostra disposizione per diffondere conoscenza.

Conosci te stesso: si conferma l’impresa più difficile,

la più alta.

Prove tecniche (di Primavera)

Benvenuti nella vita, reale.

Così cantavano le lacrime causa paure, fobie che si sono geneticamente mutate in rabbia. Rabbia senza canali di sfogo, rabbia allo stato brado.

Palestre sociali ove allenare la rabbia, sfiancarla con fatiche immani: sono state chiuse, abolite, interdette; si resta interdetti al cospetto delle dinamiche fallocefali del potere.

I rimedi sono approssimativi, ne resterebbe uno, autogeno endogeno : tramutare la rabbia in piccoli gesti d’amore; con questi chiaroscuri – spalanca gli scuri e anche le finestre, per consentire all’ossigeno e alla luce di espandersi, ovunque – prevedo procedure farraginose per stabilire, davanti ad una zuppa di farro, cosa sia amore, cosa resti escluso dal novero.

Novizi dell’amore, a voi l’ardua scelta: in ritiro spirituale sulle rive di un lago montano di origine vulcanica, abbandonarsi alla contemplazione, o dedicarsi alla cura delle rive, tempestate da miriadi di sfumature di screziature di grigio nero lavico? Mentre acque e nubi si compenetrano, si confondono e cigni imperturbabili regali magici volano e nuotano, indifferenti con naturalezza alla dissonante presenza umana.

Ossigeno, rarefatto, fatto(si) raro in alta quota: scalare montagne e trovare ancora altro rumore, altra plastica letale, altro veleno, in quell’aria che era preziosa, più del platino.

Atarassia, disponibile in soluzione idroalcolica, in compressa zigulì, presso lo speziale? Mi servirebbe un infuso di atarassia – non avrebbe per caso foglioline di atarassaco per me? Grazie – perché il puro Cynar solitario del maestro Calindri non basta più per attutire, per alleviare, per parare i colpi delle frenesia, della schizofrenia, della crudeltà, di questa vita pseudo moderna. Logorio, una ottimistica chimera.

La memoria sarebbe un dovere morale, contro ogni forma di negazionismo, contro ogni deriva – de riva? erudito trattato geo filosofico sulle rive di Mompracem o altri scogli pirati? – pericolosa anti storica? Il noto intellettuale – uno dei tanti – lo sostiene con inusitata vigoria, ma non fornisce soluzioni o escamotage alternativi quando la memoria si dimostra nei fatti ingannevole più di tutte le cose, le altre.

Aspirare alla semplicità, senza essere sempliciotti; processare la complessità, nel senso di metabolizzarla per vivere con sintesi critica, un piede nella vita reale l’altro nel futuro, qualunque concetto nasconda questa parola; testa ritta senza tensioni, per immergerla nei sogni, nelle nuvole, nei progetti, i più arditi.

Le foglie di ortica – avrete spero anche voi assaggiato il risotto, senza cercare la peluria (dell’ortica) nei chicchi – sono già forti, verdi, brillanti; le primule bianche e gialle mostrano con cauto pudore la loro acerba, rinnovata bellezza: prove tecniche generali di Primavera.

Ennesima ciclica conferma:

la vita trionferà, ancora una volta; nonostante l’umanità.

Anzi, trionferà a prescindere:

con o senza.

Dolce naufragare, senza soluzioni

Pagina di chi cerca le soluzioni, si scervella, si danna nella ricerca.

Nella settimana enigmistica, tutto almanaccando, è facile: basta pazientare la settimana successiva per trovarle già belle e stampate, a chiare, visibilissime lettere.

Frugando nelle proprie tasche diventa operazione più complessa, quando non impossibile – adoro le missioni impossibili, tanto poi arriva Tom Cruise che a 90 anni salta dai grattacieli senza stuntman sostitutivo – di solito le tasche hanno ceduto, lise da tempo, nel corso del tempo; le soluzioni le briciole le monetine si sono disperse lungo tutto il percorso e riportarle nelle mani o nella memoria è magia riservata a pochi, illuminati.

Antonio De Curtis, il principe partenopeo, talento comico quindi tragico, inarrivabile, sosteneva non solo sulle sue esili spalle – grazie a spalle straordinarie – sceneggiature talvolta imbarazzanti, ma anche ispirate teorie filosofiche: nei tempi di crisi, gli intelligenti si prodigano per trovare e costruire soluzioni, mentre gli stuoli di imbecilli si affannano a individuare colpevoli.

Ecco, Mergellina, abbiamo un problema: oggi gli imbecilli sono quasi tutti inseriti nei quadri di comando; peccato che nessuno – o pochi sparuti, quattro gatti indomabili, direbbero gli stolti – frequenti vocabolari e accademie etimologiche, sarebbero magnifiche scoperte – non tutte le scoperte sono di per sé stesse magnifiche – ineffabili emozioni al cospetto della autentica natura di parole chiave, quali: natura, maestro, ministro.

O mangi questa ministra – pardon, minestra – o la getto dalla finestra; la saggezza popolare può essere ingannevole, più di ogni cosa, ma di ogni cosa – non l’avessimo perduta, dispersa assieme alle soluzioni – fornisce una qualche traccia, solida molto più che apparente, almeno perlomeno, più o meno, indiziaria.

Avessimo ascoltato le Nostre Nonne, i Nostri Nonni, non saremmo qui e ora così, ridotti ai minimi termini, con pochi termini, di paragone e pensiero; poche parole, banali, equivalgono spesso a zero pensiero. Senza nemmeno zenzero.

La memoria tanto celebrata è un processo di costante riscrittura dei fatti accaduti – noi bipedi, in particolare, abbiamo una memoria affidabile poco affabile, quanto quella di un monocolo unicellulare: chi controlla il passato, controlla il presente, determina a suo sghiribizzo il futuro. Quanta nostalgia di un fratello maggiore

Come in una fulminea, fulminante vignetta di Mastro Altan: quanti pensieri in codesta realtà, se rinasco, spero di reincarnarmi in un sasso. In alternativa alla formica e al mandorlo precedenti.

O nel Pi, quello ellenico classico, naufragando per i Sette Mari, dolcemente, in compagnia di una maestosa Tigre, del Bengala o della Malesia: una o entrambe, comunque una benedizione.

Cut up, Tarzan, Piave

Pagina del cut up, del check up, del kechup.

Jungla e dintorni, Tarzan con il coltello, tra i denti – difficile saltare da una liana all’altra e anche emettere il potente grido di richiamo per gli amici Animali – Batman nella notte, nero pipistrello, molto elegante e poi, si sa, il total black sfina ché con l’età anche il povero pipistrello di Wuhan avrà qualche maniglia dell’Amore, nella sua spelonca;

William S. (mi interrogo sempre sul misterioso complottistico significato di queste maiuscole con il punto) Burroughs cosa penserà, cosa inventerà, cosa scriverà, per noi?

Rimpiango tutto della mia vita mortale, anche quegli improbabili barrocci baracchini sghembi e sgarrupati, anti pandemici per forza e per miracolo etilico, parcheggiati in servizio continuato senza alternative, all’esterno degli stadi – mitologiche arene del Mondo Prima, atte a ospitare eventi sportivi e/o artistici, per il sollazzo baloccamento delle folle da distrarre dai temi importanti – con friggitrici sempre pronte a sfrigolare sanissime ciambelle o griglie di Vulcano, mai pulite mai disinfettate, per potenziare al massimo i sistemi immunitari, ove sfilavano trionfi di hamburger e hot dog, ripieni traboccanti esplosivi di check up (quello, nel caso qualche ora dopo l’ingurgitamento) anzi kechup e maionese di dubbie origini.

Mi è apparso un Angelo, ha sussurrato parole arcane; non al Cane, a me. Parole astruse incomprensibili inimmaginabili, per il sottoscritto scrivente: anche perché di solito il Messaggero sono io; certo, lavoriamo per ditte di posta e telecomunicazioni concorrenti, però: attento alle rivoluzioni, attento a chi promette di cambiare tutto – soprattutto in un/con un click (potrebbe trattarsi di suono onomatopeico del grilletto di una Colt45) – attento a chi la butta in caciara senza condividere pane e caciotta, attento agli spargitori effonditori di ammuina; rivoluzione è sì cambiare, tornando però alle Origini, ai Valori fondativi.

Innovare ma conservando le Basi, potenziando la Memoria: dei neuroni e degli anticorpi.

Avviso ai medicanti, ai naviganti, agli inquisitori in servizio permanente effettivo: anche i bersagli mobili, prima o poi, nel loro intimo s’incazzano; o si scassano, questo evento sarebbe da considerare peggiore del primo: un fortunale – chissà quanto fortunato o foriero di doni – si sfoga da solo, si esaurisce e si consuma nella sua stessa furia, un vascello avariato, naviga pazzo e pericoloso, incontrollato ingovernabile, per il vasto Mare.

Finire come Mastro Geppetto, incatenati al letto, con i pensieri fuggiti dalla testa come un nugolo di galline dall’aia; non sono cattolico né marxista credo solo alle poche cose che mi allietano la vita, credo nell’acqua e nella luce del Sole, nelle rondini e nelle lucciole che nonostante l’ecocidio si intestardiscono a tornare; mi guardo dentro la crisi e vacillo sul nulla, sono solo un corpo e come corpo morto, prima o poi, cadrò; ci vorrebbero nuovi geniali racconti dal confine, dai confini tra noi e l’irrealtà; Costanza tu sia marchiata o meno con l’infamia degli ominicchi, necessiterei di carta, penna d’oca sul cappello che noi portiamo, inchiostro nero virato seppia, calamaio, meglio sarebbe Calamandrei: abbattere ogni gerarchia, iniqua opprimente oppressiva, per instaurare un costituzionalismo sociale;

inutile negare, negare sempre, soprattutto le evidenze, la Verità non ci piace abbastanza, non è resiliente, non incrementa il pil, non garantisce la verde transizione, non è sexy;

alla patria, preferisco Madre Gea, alla nazione, il Mondo paese.

Sarò disertore, eretico, ma al falò delle vanità dei guitti di regime, anteporrò sempre e comunque La Leggenda del Piave, la sacralità di quella canzone, baluardo della nostra memoria e delle Vite di quei Ragazzi, Ragazzi per sempre.

A Loro insaputa.

Mnemonici integrati e fatue fiamme

Pagina degli Armonici, mnemonici integrati, più o meno.

Dotti o sapienti, sapientoni o sapientini? Sanpietrini, magnifici storici, talvolta disconnessi. Crateri urbani, geofisici, mentali.

Memoriali, memoranda o smemoranda – Amanda – memorabili memorabilia, ma se ci affidiamo alla nostra memoria personale o a quella dell’arte imprenditoriale inventata dal nobile Aldo Manuzio, rischiamo comunque di cadere in errore.

Giornate della Memoria, ma se poi tutto è virtuale, tutto vale, niente e soprattutto nessuno ha più valore.

Memorie selettive. ché anche la Storia come la Giustizia non è uguale per Tutti. Meglio se alcune Verità restano quiete sotto i tappeti, non necessariamente persiani e volanti, o dentro pozzi, non sempre artesiani a regola d’arte.

Il mio cuore vibra per tutte le Memorie, soprattutto quelle dimenticate.

Memorandum, elettronico e/o cartaceo, per auto rammentarci – rammendarci anime sdrucite – che la fine è nota, sempre quella con girella, univoca questa sì, certa per Ognuno; da soli o in comitiva, identica democratica equa.

Con Ter? No mas. Contare voti, ma se non si posseggono numeri, anche le migliori alchimie evaporano.

Albe e tramonti, diversamente fiammeggianti, abili però nell’innescare forti emozioni, impressioni, sensazioni, suggestioni; suggerirebbero antiche memorie di saggezza, intorno a fuochi, fiamme di misteriose Regine evocative – do You remember Eloana, dear Umberto? -, fiamme di Megalopoli donate da Prometeo, fuochi fatui però, senza scintilla primigenia d’Intelletto.

Dentro al letto, peccaminosi talami di ardori fugaci. Anche, per inaugurare una mens sana, in sana sanificata Vita. Lascivi imenei in turris eburnea? Finalmens.

Aprire un teatro di cabaret in un campo di concentramento e organizzare spettacoli satirici dopo la partenza del treno verso forni non riservati alla panificazione? Qualcuno lo ha fatto davvero e ancora oggi, nemmeno ascoltando Wagner, a me verrebbe voglia di invadere qualcosa o qualcuno.

Se è vero che ridere cura la mente il corpo e l’anima, si può e si deve ridere di tutto; il riso abbonda nella bocca degli sciocchi? Non saprei, ma per restare in tema, il riso – in chicchi dosandolo con tazzine da caffè – è una fiamma che scalda lo spirito anche quando siamo immersi nella tragedia, anche quando il Mondo del Prima e del Poi sembrano senza senso.

Piccola accortezza: non avvicinare troppo la fiamma al puro spirito, di roghi ne abbiamo avuti anche troppi.

L’indice non sia più accusatorio, censorio, ma solo inumidito di grazia e curiosità, per sfogliare libri, lettere, mappe.

Da fervido, fervente, convinto marxista, mozione Groucho, vi dico che in fondo a ogni credenza, c’è una verità, così come in fondo a ogni salotto, potete trovare una credenza:

questo dimostra in modo inconfutabile che i salotti esistono – anche al di fuori degli insopportabili spot (e che in fondo a ogni salotto è occultata, nel doppio fondo della credenza, una verità, non sempre piacevole).